CopioIncollo un messaggio giuntomi da Andre De Pasquale sulle primare: lo condivido interamente e mi fa piacere che qualcuno piu' dentro di me al partito e alle sue logiche abbia idee che coincidono con le mie che sono frutto piu' di impressioni e di informazione parziale che di vero e proprio approfondimento.
Ecco il testo:
Durante l'estate ho avuto occasione di leggere, riflettere e quindi collegare fatti e dichiarazioni apparentemente distanti, componendo un quadro che oggi mi sembra abbastanza chiaro.
Premesso che nella mia cerchia di amici aderenti al PD noto una distribuzione molto equilibrata tra le 3 mozioni (detta diversamente: se il congresso si limitasse ai miei amici, Marino sarebbe circa pari agli altri due), e che rispetto come sempre le scelte diverse dalla mia, non ritenendo ora come in passato di essere davanti ad uno scontro tra bene assoluto e male assoluto, desidero spiegare perché ho deciso di orientarmi per Dario Franceschini e Mariangela Bastico.
Su Marino, lo stimo come uomo di punta sui temi di sua competenza, ma non lo ritengo adatto a tenere in equilibrio il partito. Mi sono concentrato quindi sulle due mozioni Bersani e Franceschini, trovando molte similitudini sui punti programmatici (le cose da fare), ma differenze profonde ed evidenti sull'idea di partito e dei rapporti tra questo e la società. Provo ad argomentarle citando brani delle due mozioni
1) Il rapporto tra partito e società
Franceschini: Rinnovamento e rappresentanza (funzione di ascolto)
"E' urgente il rinnovamento dei partiti, per valorizzarne la funzione di rappresentatività nei rapporti con i cittadini, anche sulla base di una riforma che dia finalmente attuazione all'articolo 49 della nostra Costituzione. La riforma delle istituzioni da sola non basta: deve appoggiarsi sull'empowerment dei cittadini, cioè sulla loro possibilità di influire individualmente e collettivamente sulle decisioni.
La riforma federalista ... deve costituire l'occasione per ripensare il rapporto cittadino - autorità nel nostro sistema. Questo è il senso della regola di sussidiarietà cui ispiriamo la nostra azione politica: allargare gli spazi di partecipazione, non solo istituzionale ma sociale. (...) Circoli che non siano solo luoghi per misurare i rapporti di forza nei congressi o per comporre organi e giunte, ma che si occupino del territorio e dei problemi delle comunità locali in cui sono. Questo è il radicamento. Circoli come antenne per ascoltare e capire l'Italia."
Tradotto: il partiti attuali non vanno bene, i cittadini devono contare di più. Consapevolezza che nei meccanismi attuali di selezione dei dirigenti prevalgono criteri non virtuosi, spesso clientelari, con pacchetti di voti controllati, dove la fedeltà a un capo è ripagata con distribuzione di lavoro e potere, e dove le scelte sono ispirate alla totale prevedibilità di carriere predeterminate. Idea di un partito che deve relazionarsi costantemente con l'esterno, perché non "contiene" la società, non ne conosce in partenza le domande. Di qui la sussidiarietà e l'ascolto.
Bersani: Rafforzamento e organizzazione (funzione dirigista).
"I partiti sono strumenti di partecipazione, di formazione civile, di impegno individuale e collettivo, di mediazione virtuosa tra società e istituzioni, di selezione democratica della classe dirigente. Un partito si organizza in circoli presenti in ogni comune o quartier, nei luoghi di lavoro e di studio (...) Si apre alle energie più fresche della società tramite una forte organizzazione giovanile. Il PD ha deluso le aspettative... perché la vocazione maggioritaria si è ridotta alla scorciatoia del nuovismo politico. La questione non è se essere un partito 'vecchio' o un partito 'nuovo', ma se essere davvero un partito".
Tradotto: i partiti che ci sono vanno bene (dice "sono" virtuosi, non "dovrebbero essere" virtuosi), il rischio piuttosto è il "nuovismo". Bisogna migliorare l'organizzazione, il radicamento, fare più circoli. Il partito conosce già la società, i circoli non funzionano da antenna ma da ripetitori del messaggio elaborato dai dirigenti. Non c'è bisogno di consultare nessuno. Traspare una concezione deterministica della storia: il corpo sociale si guida con l'organizzazione, non si tratta di ascoltare e di convincere, ma di dirigere e guidare. Con buona pace della sussidiarietà.
Quanto alle organizzazioni giovanili, nella mia esperienza si rivelano talvolta una palestra per cordate e capicordata, un vivaio di relazioni clientelari e di scambi opachi, insomma un luogo triste, dove la politica diventa essenzialmente scorciatoia rispetto alla fatica di un percorso professionale serio, dove trionfa la fedeltà personale a discapito del merito e del talento.
2. Il rapporto tra iscritti ed elettori.
Franceschini: apriamo le porte agli elettori (sistema di selezione).
"Mettiamo un po' d'ordine nelle regole ma non rinunciamo alla scelta che abbiamo fatto alla nascita del Pd, di affidare agli iscritti le scelte del partito e l'elezione degli organi territoriali, affiancando a loro gli elettori, da chiamare nei momenti delle grandi scelte, com'è certamente l'elezione di un segretario nazionale. Non alziamo barriere. Gli elettori del Pd non sono estranei, sono parte di noi. Sono quelli che arrivano nelle grandi mobilitazioni civili, che ci sostengono nelle campagne elettorali, che riempiono le piazze e i comitati. Ecco perché difendo questo equilibrio e perché penso che le primarie del 25 ottobre saranno un'altro momento importante per noi e per la democrazia italiana. Io voglio un partito solido.Ma fare un partito solido nel 2009 non significa rispolverare i modelli di cinquant'anni fa."
Tradotto: le primarie come strumento di consultazione dei cittadini elettori, per orientare le scelte dei dirigenti. Risultato aperto, il partito chiede e il corpo sociale risponde, la risposta non è nota in partenza.
Bersani: decidono iscritti e dirigenti (sistema di cooptazione).
"La sovranità appartiene agli iscritti, che la condividono con gli elettori nelle occasioni regolate dallo statuto. Agli iscritti sono riconosciuti diritti fondamentali come la partecipazione alle decisioni ai vari livelli, e l'elezione degli organismi dirigenti. Il PD partecipa alle primarie di coalizione con un proprio rappresentante scelto da iscritti e organismi dirigenti".
Tradotto: Le primarie come ratifica di decisioni prese dai dirigenti. Risultato prevedibile, il partito decide e il corpo sociale si adegua. Le primarie di coalizione diventano una conta tra il candidato PD scelto dai dirigenti e i candidati delle forze alleate, tipicamente minoritari. D'altronde D'Alema ha definito "invasori" gli elettori che vogliono influire sugli assetti interni al partito.
Mia esperienza: in un partito "degli iscritti" è più facile da controllare per i politici di professione, ma anche più esposto alle cordate organizzate dall'esterno: con qualche migliaio di tessere direttamente controllate (non di libere teste pensanti, ma di truppe fedeli e obbedienti, talvolta condizionate anche sul piano economico) in alcune zone d'Italia prendi in mano una città. Questo è molto più difficile allargando le consultazioni ai cittadini elettori: un capobastone locale è in grado di pagare qualche migliaio di tessere, ma non di controllare qualche decina di migliaia di elettori.
3. Bipolarismo e democrazia dell'alternanza o alleanze con un centro variabile?
Franceschini: bipolarismo e alternanza.
"Non torneremo nemmeno indietro a scelte politiche né accetteremo leggi elettorali che spostino a dopo il voto la scelta delle alleanze, sottraendo ai cittadini il diritto di conoscerle e sceglierle prima."
Bersani: alleanze variabili contro la destra.
"La legge elettorale dovrà essere coerente con la forma di governo, dovrà evitare quindi ogni ritorno al proporzionalismo puro e perseguire un buon equilibrio fra rappresentanza, stabilità, governabilità, muovendosi nell'ambito di un bipolarismo nel quale l'elettore pretende di avere visibilità del quadro di alleanze e della loro stabilità. Questo equilibrio si può ottenere attraverso sistemi misti, ma la chiave politica è questa: la misura di questo equilibrio dovrà essere ricercato dialogando con tutte le forze politiche e parlamentari interessate a opporsi ai rischi di deformazione della democrazia, insiti nel modello della destra."
Tradotto: col modello Bersani-D'Alema ci avviamo, in caso di caduta di Berlusconi, ad un governo Casini (UDC) sostenuto dalla sinistra. Che rinuncia così ad elaborare una propria sintesi originale di partito riformista (da centrosinistra appunto), preferendo ripiegare sul vecchio schema di una sinistra identitaria (tendenzialmente post comunista) che si allea ad un centro identitario (tendenzialmente cattolico): il centro-sinistra col trattino. I temi verranno affrontati (o meglio aggirati) di volta in volta, tatticamente.
4) Le mie conclusioni.
Alla fine, come ho già avuto modo di anticipare ad alcuni amici, traggo queste conclusioni.
- Bersani sarebbe stato un candidato interessante se si fosse per tempo svincolato dall'abbraccio di D'Alema, al quale imputo l'incapacità dei DS prima e del PD ora di assumere posizioni nitidamente alternative a Berlusconi, in nome di un tatticismo politico indifferente ai contenuti, che prevede di mettersi comunque d'accordo con chi è al potere (la Bicamerale, le rassicurazioni a Mediaset, lo stop alla legge sul Conflitto di interessi...) Ora invece Bersani si presenta come uomo d'ordine che intende riportare disciplina in un partito che di democratico ha ancora poco e rischia di avere ancor meno in futuro. Le recenti prese di posizione del gruppo bersanian-d'alemiano contro Di Pietro e contro quello che loro chiamano il rischio del "moralismo" e dell'"antipolitica" (che io invece chiamo domanda di trasparenza e pulizia), e il dichiarato fastidio verso le primarie, unito all'appello per la restituzione della politica ai "professionisti" (è questo tra l'altro uno dei pochi temi che riscuote ed appassiona l'altrimenti glaciale Caronna...), credo debbano fare riflettere tutti coloro che hanno a cuore la partecipazione e la democrazia interna al nostro partito.
- Franceschini, di cui all'inizio non avevo particolare considerazione, se non per il fatto che sapevo che manteneva un costante collegamento con la sua base elettorale a Ferrara (ed io apprezzo chi, come fa Vitali a Bologna, non si dimentica della base territoriale che lo ha votato), da quando ha preso il posto di Veltroni mi ha colpito per la capacità di intervenire con poche e mirate parole sui temi di attualità politica, spesso riuscendo a condizionare il dibattito e costringendo in difesa il centrodestra. Ha avuto il coraggio di prendere in mano il partito in un momento in cui altri si sono tirati indietro e gli hanno lasciato volentieri il cerino in mano. Lui l'ha preso. Ma soprattutto mi pare che sia l'unico dei tre che non dico garantisce (le certezze non sono di casa in politica), ma lascia aperta la speranza di un PD aperto, inclusivo, moderno e laico rispetto a tutti i clericalismi, quelli di marca cattolica e quelli di marca post-comunista. Di un PD in cui ci sia la possibilità per la base (non solo degli iscritti, ma anche degli elettori) di influenzare la linea del partito, e non solo di obbedire e combattere per obiettivi intercambiabili a piacimento di dirigenti inossidabili.
Quindi sostengo e invito voi a sostenere Dario Franceschini e Mariangela Bastico.
Se siete iscritti, potete farlo in questi giorni nei congressi di Circolo (quasi tutti programmati per questo week-end). Se non vi siete iscritti, ma siete fondatori del PD (ovvero avete partecipato al tesseramento del 2008, seguito alle primarie dell'ottobre 2007), potete iscrivervi anche durante il congresso di circolo, e votare contestualmente. E in ogni caso potete partecipare alle primarie del 25 ottobre, a cui spetta l'ultima parola su chi sarà il segretario.
Grazie di avermi letto, a tutti buon fine settimana.
Andrea De Pasquale.