giovedì 23 dicembre 2010
lunedì 20 dicembre 2010
Bologna: cultura vs sport
Sentivo oggi alla radio un commento su Bologna in cui si diceva: "Si capisce la crisi di Bologna dal fatto che chiude il Duse e il Bologna calcio è vicino al fallimento".
Vorrei notare però come per il Bologna calcio si siano mossi in molti ed infatti alla fine si è salvato. Anche la copertura mediatica è stata massiccia.
Per lo storico teatro Duse invece nulla si è fatto e tristemente e silenziosamente si è chiuso.
Capisco che il calcio coinvolga interessi economici molto maggiori, ma spero sia solo questo il motivo e non che a più gente interessa il calcio che il teatro.
Mi dispiace davvero molto per il Duse. E' stato il mio primo teatro. Il teatro della mi giovinezza. Posto proprio di fianco al mio liceo era meta obbligata per noi del Galvani.
Ricordo con nostalgia e piacere le file alla biglietteria fatte a turno con compagni di classe e genitori per acquistare i biglietti degli spettacoli più importanti.
L'abbonamento Duse 26 per i minori di 26 anni.
Le bellissime serate passate in seconda galleria a vedere Pirandello, Shakespeare, Molière, Goldoni, Sofocle...
Conservo ancora nel diario del liceo il biglietto dell'Avaro di Molière autografato da Stoppa.
Ricordo un fantastico Sei personaggi in cerca di autore, Cosi' è se vi pare con Gianni Agus e un particolarissimo Tito Andronico in cui alla fine dello spettacolo gli attori offrivano agli spettatori le palline dolci che in scena erano i figli uccisi e cucinati per vendetta (!)
Davvero una grande perdita.
Davvero un calo di cultura che Bologna non si meritava
mercoledì 15 dicembre 2010
Per 3 voti
martedì 30 novembre 2010
Vieniviaconme
Comincio da Fazio.
Io credo sia un genio della televisione.
E' sicuramente una persona intelligente e nel mezzo televisivo da il massimo.
Esplose alcuni anni fa con Quelli che il calcio, trasmissione veramente nuova e interessante. Partendo dall'interesse degli italiani per il calcio Fazio riuscì a fare uno spettacolo intelligente, divertente e nuovo.
Veniva trasmesso durante le partite di calcio che quindi non si vedevano ma venivano commentate dai più svariati e improbabili personaggi.
Geniale.
Poi si passò a Anima mia trasmissione sugli anni 70-80.
Fazio aveva capito quello che tutti sappiamo a pelle ma che raramente portiamo a livello cosciente. Quando si è giovani tutte le mode, le canzoni, gli atteggiamenti vengono stigmatizzati dai 'vecchi' come cose assurde, da ignoranti, anti-culturali. Quando si cresce tutto diventa invece bellissimo e sono orrende le nuove mode dei giovani.
Fazio fece una trasmissione sulle cose che usavano quando lui era giovane, interessando così tutte le persone della sua generazione, i genitori perchè anche loro si ritrovavano in quelle cose, e pure i figli che vedevano le assurdità che facevano i loro genitori da giovani.
Fu un successone, anche perchè Fazio fece una trasmissione brillante, riuscendo a coinvolgere persino Claudio Baglioni che mai era stato in TV e si trovò a cantare Orzowei e Heidi..
Poi è stata la volta di Che tempo che fa, tutt'ora in onda, in cui intervista personaggi famosi in modo semplice, ma interessante e sempre inframezzato dalla simpatia della Littizzetto.
Ora ha realizzato Vieniviaconme, stranissima trasmissione.
C'è uno studio vuoto con un microfono a cui si alternano personaggio più o meno famosi a leggere elenchi, intervallati da stacchi musicali.
Anche questo un successo. Perche'?
Perchè in una tv sempre più spazzatura Fazio ha portato con semplicità temi importanti.
Ha tolto lustrini, ballerine, interviste, dibattiti e ha puntato sui contenuti.
In modo pacato ha affrontato temi scottanti come la mafia, il potere, l'eutanasia... ha ricevuto anche molte critiche, ma questo era lo scopo. Come ha detto molto bene Saviano l'importante è raccontare e ascoltare. Poi ognuno si farà la propria opinione, ma l'importante è condividere le esperienze le emozioni i racconti.
Passo ora a Saviano.
Saviano è un grandissimo narratore ancora più che autore. Ho sentito il monologo ieri e non si è ma impappinato, non ha mai lasciato una frase in sospeso, non ha mai sbagliato un riferimento, non ha mai annoiato E ha detto cose molto belle.
Come dicevo prima ha parlato dell'importanza di raccontare, di conoscere, di ascoltare.
Ha risposto alle critiche dicendo che non volevano essere esaustivi sui temi affrontati, ma volevano parlarne, volevano suscitare interesse, volevano che fossero conosciuti.
Ha detto che le cose negative che ci circondano non ci debbono abbattere, ma aiutare migliorare e che come dice una storiella talmudica bastano 39 giusti al giorno per salvare la terra.
Non tutto quello che è stato detto è da me condiviso, ma apprezzo lo sforzo di parlare di cose importanti senza risse.
Per questo riporto anche l'ennesimo elenco fatto da Enrico Gasbarra deputato del Pd.
Vado via perché vincono sempre i forti! Rimango perché l’amore per la
vita sempre e comunque è più forte dei forti!
Vado via perché un malato e i suoi familiari non contano quanto un ministro
della Lega! Rimango perché i ministri e i programmi tv passano, ma i buoni
esempi restano!
Vado via perché non ho vinto le elezioni, non ho scritto libri, non sono
conosciuto e popolare e quindi non ho voce! Rimango perché la voce non è
solo quella della tv!
Vado via perché c’è la macchina del fango, ma anche quella del silenzio
verso chi ha idee diverse! Rimango perché la voce dell’amore rompa il
silenzio!
Vado via perché anche io voglio un modello di vita diverso da quello che ci
impongono da 15 anni, ma non ho giornali, tv e segretari di partito per
spiegarlo! Rimango perché le mie idee e i miei bisogni sono più forti dei
giornali, delle tv, dei partiti e di certi intellettuali!
Vado via perché sono malato, vecchio, nero, handicappato, povero e brutto!
Rimango perché la vita è bella anche se sono povero, brutto, handicappato,
malato, vecchio e nero!
Vado via perché i cattolici vengono applauditi quando parlano di pace, di
solidarietà e contestano il premier per il suo stile di vita, ma vengono
fischiati o ignorati quando rivendicano i princìpi della loro fede, sulla
vita, la famiglia e l’aborto! Rimango perché i cattolici rispettano la
laicità dello Stato e la loro fede prescinde dagli applausi di convenienza
e non si spaventa dei fischi!
Vado via perché non c’è più il partito dei cattolici! Rimango perché i
cattolici sono liberi e non hanno bisogno di un loro partito!
Vado via perché c’è Berlusconi! Rimango perché prima di Berlusconi
c’è lo Stato!
Vado via perché chi non toglie il sondino è considerato egoista e
prepotente! Rimango perché chi non toglie il sondino è solo e senza voce!
Vado via perché Fazio e Saviano non rispettano quello che ha deciso il cda
Rai! Rimango perché non mi rivolgerò mai al cda Rai per rivendicare una
mia posizione, ma mi batterò con ogni mezzo per dare voce a chi non la
pensa come me!
Vado via perché alcuni valori non sono più di moda! Rimango perché le
mode passano!
Vado via perché lo Stato non è vicino ai bisogni dei deboli! Rimango per
difendere lo Stato dai forti!
Vado via perché Fazio e Saviano non rispondono alla lettera dei
parlamentari! Rimango perché un parlamentare ha il dovere e l’obbligo di
rispondere alle lettere di tutte le persone!
Vado via perché non mi sento rispettato! Rimango perché tutti siano
rispettati!
Enrico Gasbarra deputato del Pd
(lettera apparsa su Avvenire del 28/11)
venerdì 26 novembre 2010
Nichi Vendola a Bologna
venerdì 5 novembre 2010
Rumorosi silenzi della chiesa

(...) i vertici ecclesiastici. Che continuano a vivere in queste ore aggrappati al calcolo delle convenienze, all’angusta certezza che il berlusconismo fissi per legge quei comportamenti sociali e personali che la Chiesa non riesce più a imporre con la formazione delle coscienze.
Tristemente vero
(...) Nella paura del vuoto politico di domani, che si percepisce in tanti monsignori disgustati dal premier ma terrorizzati dalla perdita di un alleato sicuro, la Chiesa non si accorge, o fa finta di non accorgersi, del grande vuoto interiore creato da venti anni di berlusconeide
Ecco tutto il testo:
Fino a quando la Chiesa resterà in silenzio dinanzi al premier bunga-bunga e allo scempio delle istituzioni? Monta il malessere nel mondo cattolico, cresce il disagio tra parroci e vescovi, ma i vertici della Chiesa tacciono. L’istituzione ecclesiastica, che continuamente interviene nei comportamenti delle persone, laddove si tratta delle scelte di vita, di morte, di nascita e di relazioni, non riesce a dare un indirizzo etico per dire qual è il limite nei comportamenti morali di un uomo che governa la nazione, di un leader che per il suo ruolo dovrebbe saper offrire un esempio di decoro. NON SI SENTE una parola del Papa, non si sente una parola del presidente della Conferenza episcopale né del suo segretario, che pure a suo tempo seppe alzare la voce contro il libertinaggio. Non è in gioco nessun tipo di moralismo, la questione è politica come ammette persino il Foglio: in altre parole tocca il bene comune dello stato. E ha un risvolto etico come ha dovuto confessare l’Avvenire sotto la spinta della coraggiosa denuncia di Famiglia Cristiana e dell’incredibile arroganza di Berlusconi in quel di Bruxelles. Limitarsi a indicare principi generali sulla purezza dell’amore e poi chiudere gli occhi di fronte al clima da basso impero nel proprio Paese, nella terra di cui il pontefice è primate, è un silenzio che svuota l’autorevolezza della gerarchia ecclesiastica. Si sta consumando in questa stagione la parabola discendente del ruinismo L’idea di fondo, dopo il crollo della Prima Repubblica, era di collocare la Chiesa (priva della Dc) al di sopra delle parti per meglio assicurare – seppur lobbisticamente – la realizzazione dei propri valori. È finita, come documenta brillantemente l’ultimo libro di Massimo Franco C’era una volta un Vaticano, con un do ut des basato sul puro interesse più che sui valori. Un compromesso al ribasso in cui non si capisce se Berlusconi è collaterale alla Chiesa o il vertice ecclesiastico sia a lui politicamente subalterno. La verità sta nell’intreccio fra i due soggetti. “C’È UN SOLO cadavere a cui la Chiesa è attaccata”, diceva Giovanni XXIII, indicando il crocifisso. La Chiesa d’Italia, con il suo silenzio, rischia di rimanere aggrappata al cadavere della credibilità di Berlusconi. Mentre persino il mondo imprenditoriale ne prende clamorosamente le distanze. Non si tratta, com’è chiaro a tutti, persino ai fan azzurri delusi che protestano sul Web, di peccati di pantalone. Sono stati toccati fondamenti etici, che stanno a cuore al cittadino cattolico (e anche a quello diversamente credente). L’idea che un capo del governo non mente alla polizia, non ospita in casa una minorenne per dopocena poco trasparenti. L’idea che una minore in difficoltà, affidata ad una donna indicata dal premier, per di più consigliere regionale come Nicole Minetti, non viene un minuto dopo abbandonata ad altri nella notte, violando gli impegni legali assunti. Si vorrebbe sapere quale altro limite debba essere raggiunto perché si senta un “basta” da parte della Chiesa. Nessuno domanda alla Chiesa di schierarsi con una fazione e neanche di fare il lavoro dell’opposizione. Ciò che il cittadino interessato ai valori religiosi – anzi, ai valori tout court – ha però il diritto di aspettarsi è che un’istituzione, che fa del “bene” il criterio del suo messaggio, non abbia paura di indicare il “male” quando esplode platealmente sotto i propri occhi. L’ITALIA non è una dittatura, la Chiesa può parlare – e parla tanto quando vuole – liberamente. Il silenzio è la dimostrazione di una mancanza di visione dei vertici ecclesiastici. Che continuano a vivere in queste ore aggrappati al calcolo delle convenienze, all’angusta certezza che il berlusconismo fissi per legge quei comportamenti sociali e personali che la Chiesa non riesce più a imporre con la formazione delle coscienze. Nella paura del vuoto politico di domani, che si percepisce in tanti monsignori disgustati dal premier ma terrorizzati dalla perdita di un alleato sicuro, la Chiesa non si accorge, o fa finta di non accorgersi, del grande vuoto interiore creato da venti anni di berlusconeide. Fra una settimana il premier bunga-bunga, che adora proclamarsi cattolico, inaugurerà a Milano la Conferenza nazionale della famiglia. Va bene così? Quell’“agenda per l’Italia”, che le Settimane sociali cattoliche intendevano proporre al paese, prevede anche questa parodia? Non è sfuggito a nessuno che i quadri cattolici, che hanno lavorato per le Settimane sociali, erano molto più coraggiosi nel denunciare la decadenza della classe dirigente prima del convegno di quanto siano stati quando si è tenuto l’incontro nazionale a Reggio Calabria. Nell’intervallo è intervenuta la gerarchia ecclesiastica, che ha proibito persino la partecipazione della stampa all’ascolto dei gruppi di lavoro, come sempre è stato in passato. “Stiamo dimostrando di non avere un rapporto con il respiro del Paese”, mi dice un vescovo. Ha ragione. Il ragionamento ha un corollario. Quando nel Paese c’è stato un forte movimento nutrito di ideali liberali, socialisti o cattolico-democratici anche la Chiesa è maturata sotto il pungolo della società. Nel vuoto circostante prospera anche il vuoto ecclesiale.
giovedì 4 novembre 2010
Halloween, la Chiesa e le Tradizioni
martedì 26 ottobre 2010
Vendola: un leader vero
Vendola parla bene e con tono pacato dice cose dure e giuste.
La parte sui cattolici è bellissima, da me completamente condivisa. Rivendica le sue radici cristiane, rivendica il dovere di portare la propria fede in politica, ma centra il suo cattolicesimo non sui giochi di potere, ma sulla croce non simbolo di potere ma potere del simbolo.
Insomma Vendola è il mio leader, certo non è un santo, certo non fa tutto bene, non ha sempre ragione (come il Duce), ma dice cose giuste, vere, comprensibili e condivisibili.
Secondo me un vero leader che alla sinistra manca da molto tempo.
Spero nelle primarie di coalizione e nella comprensione della gente, nel superamento dei pregiudizi per guardare ai fatti e ai programmi. C'è molta disillusione.
Ma io sono ottimista, penso che la gente sia meglio di come ce la presenta la Lega, che ci siano molte persone che si comportano bene, che lavorano, che si preoccupano degli altri, che si preoccupano dell'ambiente, del futuro. Io spero ancora, e la speranza è una delle tre virtù teologali (fede, speranza, carità)
martedì 19 ottobre 2010
Guerra in afghanistan: missione di pace?

Stiamo entrando nel decimo anniversario della guerra contro l’Afghanistan: è un momento importante per porci una serie di domande.
In quel lontano e tragico 7 ottobre 2001 il governo USA, appoggiato dalla Coalizione Internazionale contro il terrorismo, ha lanciato un attacco aereo contro l’Afghanistan. Questa guerra continua nel silenzio e nell’indifferenza, nonostante l’infinita processione di poco meno di 2.000 bare dei nostri soldati morti. Che si tratti di guerra è ormai certo, sia perché tutti gli eserciti coinvolti la definiscono tale, sia perché il numero dei soldati che la combattono e le armi micidiali che usano non lasciano spazio agli eufemismi della propaganda italiana che continua a chiamarla “missione di pace”. Si parla di 40.000 morti afghani (militari e civili), e il meccanismo di odio che si è scatenato non ha niente a che vedere con la pace. Come si può chiamare pace e desiderare la pace, se con una mano diciamo di volere offrire aiuti e liberazione e con l’altra impugniamo le armi e uccidiamo?
La guerra in Afghanistan ha trovato in Italia in questi quasi 10 anni unanime consenso da parte di tutti i partiti – soprattutto quando erano nella maggioranza – e di tutti i governi. Rileggere le dichiarazioni di voto in occasione dei ricorrenti finanziamenti della “missione” rivela – oltre devastanti luoghi comuni e diffuso retorico patriottismo – un’ unanimità che il nostro Parlamento non conosce su nessun argomento e problema. Perché solo la guerra trova la politica italiana tutta d’accordo? Chi ispira questo patriottismo guerrafondaio che rigetta l’articolo 11 della nostra Costituzione?
L’elenco degli strumenti di morte utilizzati è tanto lungo quanto quello dei cosiddetti “danni collaterali” cioè 10.000 civili, innocenti ed estranei alla stessa guerriglia, uccisi per errore. Ma la guerra non fa errori, poiché è fatta per uccidere e basta.
Noi vogliamo rompere le mistificazioni, le complicità e le false notizie di guerra che condannano i cittadini alla disinformazione, che orientano l’opinione pubblica a giustificare la guerra e a considerare questa guerra in Afghanistan come inevitabile e buona. La guerra in Iraq, i suoi orrori e la sua ufficiale conclusione hanno confermato negli ultimi giorni la totale inutilità di queste ‘missioni di morte’. Le sevizie compiute nel carcere di Abu Ghraib e in quello di Guantanamo, i bombardamenti al fosforo della città di Falluja nella infame operazione Phantom Fury non hanno costruito certo né pace né democrazia, ma hanno moltiplicato in Iraq il rancore e la vendetta. Altrimenti perché sono orami centinaia i soldati degli Stati Uniti, del Canada e del Regno Unito che si suicidano, dopo essere tornati dall’ Iraq e dall’ Afghanistan? Cosa tormenta la coscienza e la memoria di questi veterani? Cosa hanno visto e cosa hanno fatto che non possono più dimenticare?Dall’inizio della guerra in Afghanistan ci sono più morti fra i soldati tornati a casa che tra quelli al fronte :si susseguono i suicidi dei veterani negli USA.
Tutto il XX secolo ha visto la nostra nazione impegnata a combattere guerre micidiali ed inutili nelle quali i cattolici hanno offerto un decisivo sostegno ideologico. Ancora troppo peso grava sulla coscienza dei cattolici italiani per avere esaltato, pregato e partecipato alla I guerra mondiale e tanto più ancora all’omicida guerra coloniale in Abissinia.”Ci presentavano l’Impero come gloria della patria!- scriveva Don Milani nella celebre lettera ai giudici L’obbedienza non è più una virtù.Avevo 13 anni. Mi pare oggi. Saltavo di gioia per l’Impero. I nostri maestri si erano dimenticati di dirci che gli Etiopici erano migliori di noi. Che andavamo a bruciare le loro capanne con dentro le loro donne e i loro bambini, mentre loro non ci avevano fatto proprio nulla. Quella scuola vile, consciamente o inconsciamente non lo so, preparava gli orrori di tre anni dopo… E dopo essere stato così volgarmente mistificato dai miei maestri….vorreste che non sentissi l’obbligo non solo morale, ma anche civico, di demistificare tutto?”
Forse conoscere la storia dei tanti eccidi criminali compiuti dai militari, dagli industriali, dai servizi segreti nella nostra storia contemporanea aiuterà i giovani a formarsi una coscienza politica e un senso critico. Tanto da renderli immuni dalla propaganda che vuole soltanto carpire consenso e impegnarli in imprese di morte come la guerra in Afghanistan, nella quale facciamo parte di una coalizione che applica sistematicamente la tortura – come nel carcere di Bagram e nelle prigioni clandestine delle basi Nato – e le esecuzioni sommarie.
Chi dunque ha voluto e vuole questa guerra afghana che ci costa quasi 2 milioni di euro al giorno?Chi decide di spendere oltre 600 milioni di euro in un anno per mantenere in Afghanistan 3300 soldati, sostenuti da 750 mezzi terrestri e 30 veicoli? Come facciamo tra poco ad aggiungere al nostro contingente altri 700 militari? Quante scuole e ospedali si potrebbero costruire? Chi sono i fabbricanti italiani di morte e di mutilazioni che vendono le armi per fare questa guerra? Chi sono gli ex generali italiani che sono ai vertici di queste industrie? Che pressioni fanno le industrie militari sul Parlamento per ottenere commesse di armi e di sistemi d’arma? Quanto lucrano su queste guerre la Finmeccanica, l’Iveco-Fiat, la Oto Melara, l’Alenia Aeronautica e le banche che le finanziano? E come fanno tante associazioni cattoliche ad accettare da queste industrie e da queste banche elargizioni e benefici? Può una nazione come l’Italia che per presunte carenze economiche riduce i posti letto negli ospedali, blocca gli stipendi, tiene i carcerati in condizioni abominevoli e inumane, licenzia gli insegnanti, aumenta gli studenti per classe fino al numero di 35, riduce le ore di scuola, accetta senza scomporsi che una parte sempre più grande di cittadini viva nell’indigenza e nella povertà, impegnare in armamenti e sistemi d’arma decine di miliardi di euro? A cosa serviranno per il nostro benessere e per la pace i cacciabombardieri JSF che ci costano 14 miliardi di euro (quanto ricostruire tutto l’ Abruzzo terremotato)? E le navi FREM da 5,7 miliardi di euro? E la portaerei Cavour – costata quasi 1,5 miliardi e per il cui esercizio sprechiamo in media circa 150.000 euro al giorno – come contribuirà a costruire la pace?E come è possibile che il Parlamento abbia stanziato 24 miliardi di euro per la difesa nel bilancio 2010? Chi sottoscrive questo appello vuole soltanto che in Italia si risponda a queste domande.
Rispondano i presidenti del Consiglio di questi ultimi 10 anni, i ministri della difesa e tutti parlamentari che hanno approvato i finanziamenti a questa guerra. Dicano con franchezza che questa guerra si combatte perché l’Afghanistan è un nodo strategico per il controllo delle energie , per il profitto di alcuni gruppi industriali italiani, per una egemonia economica internazionale, per una volontà di potenza che rappresenta un neocolonialismo mascherato da intenti umanitari e democratici, poiché questi non si possono mai affermare con armi e violenza.
Facciamo nostre le parole profetiche di una grande donna indiana Arundathi Roy, scritte in quel tragico 7 ottobre 2001: “Il bombardamento dell’Afghanistan non è una vendetta per New York e Washington. E’ l’ennesimo atto di terrorismo contro il popolo del mondo. Ogni persona innocente che viene uccisa deve essere aggiunta, e non sottratta, all’orrendo bilancio di civili morti a New York e Washington. La gente raramente vince le guerre, i governi raramente le perdono. La gente viene uccisa. I governi si trasformano e si ricompongono come teste di idra. Usano la bandiera prima per cellofanare la mente della gente e soffocare il pensiero e poi, come sudario cerimoniale, per avvolgere i cadaveri straziati dei loro morti volenterosi”.
Mons. Raffaele Nogaro, Vescovo Emerito di Caserta
P. Alex Zanotelli; P. Domenico Guarino – Missionari Comboniani – Sanità Napoli
Suor Elisabetta Pompeo; Suor Daniela Serafin; Suor Anna Insonia – Missionarie Comboniane Torre Annunziata
Suor Rita Giaretta; Suor Silvana Mutti; Suor Maria Coccia; Suor Lorenza Dal Santo – Comunità Rut – Suore Orsoline
P.Mario Pistoleri; P.Pierangelo Marchi; Padre Giorgio Ghezzi – Sacramentini – Caserta
P.Antonio Bonato – missionari Comboniani – Castelvolturno (Caserta)
Don Giorgio Pisano – Diocesano – Portici (Napoli)
martedì 28 settembre 2010
[Pa3] - Bambini Radiosi

Dal sito Bambino Naturale mia moglie mi ha girato questo articolo di Clara Scropetta, lo riporto perchè mi pare molto bello e condivisibile. Forse in alcuni punti è un po' eccessivo, ma direi che è più o meno quello che abbiamo cercato di fare con i nostri figli. Concludo con una frase che ho letto tempo fa e riassume un po' tutto il ragionamento: “Aiutami a fare da solo” Si può anche scaricare a questo indirizzo
BAMBINI RADIOSI
Cosa si può fare per non intaccare la gioia di vivere dei nostri figli
di Clara Scropetta
Il bambino non è poi così diverso dall'adulto e fin da prima di nascere è una persona completa a tutti gli effetti, anche se si affida all'adulto per essere accudito finchè non può farlo da solo. Entusiasmo, creatività, spontaneità, voglia di vivere, curiosità, energia vitale...sono qualità diffuse nei bambini che dovrebbero essere abbondanti anche nell'adulto.
Quelle che consideriamo invece proprie dell'età adulta (responsabilità, serietà, competenza, impegno...) sono presenti in tutti i bambini. Istintivamente sappiamo cosa ci serve, come procurarcelo e lo facciamo con piacere, non controvoglia.
Il primo passo verso un bambino radioso è riconoscere che sia come noi adulti, competente e allo stesso tempo gioioso.
Il malessere di noi adulti
E se noi adulti non siamo gioiosi? Soltanto recuperando la gioia siamo in grado di avere un comportamento maturo.
Come mai questa gioia si è persa? Cosa si nasconde dietro la nonna contraria all'allattamento al seno del nipote o al bravo primario che interviene su ogni partoriente?
Sofferenza. Da generazioni non siamo concepiti come dev'essere, nostra madre incinta è stata male o ha fatto sacrifici, fin dal principio non siamo accolti fino in fondo. Alla nascita abbiamo sofferto e fatto soffrire nostra madre - volevamo nascere ma qualcosa lo impediva e infine, invece di ritrovarci nelle sue braccia, eravamo in mani estranee. Abbiamo sofferto così tanto che ci sembra di non ricordare. Ci aspettavamo di ricevere il latte materno ma ci è stata data al suo posto una bibita strana in un contenitore artificiale oppure ne abbiamo ricevuto solo un po' - quando avevamo fame, dovevamo aspettare e imparare a nutrirci ad orario, poi sul più bello è arrivato il momento dello svezzamento. Ci è stato impedito di fare o toccare quello che ci interessava e siamo stati dirottati su altre attività, reputate pedagogicamente rilevanti. Siamo stati aiutati a fare quello che avremmo tanto voluto imparare a fare da soli, gradatamente, assaporando ogni passo. Siamo stati infilati in box "per la nostra sicurezza" e magari anche messi a dormire in un'altra stanza.
Piangevamo, ma ci hanno lasciato fare così ci siamo abituati alla solitudine, alla mancanza, all'inedeguatezza. Ci hanno messo pressione per imparare a camminare e parlare prima possibile, senza rispetto per le tappe di crescita e siamo stati separati dall'ambiente familiare molto precocemente. Le nostre richieste sono state ignorate e ridicolizzate.
Questo grande dolore se resta a livello inconscio spesso ci induce ad agire in modo che gli altri soffrano almeno altrettanto. È il caso del medico chirurgo e della nonna, che non hanno la forza per dire "basta" e rompere la catena di sofferenza. Lo stesso meccanismo ci fa andare a lavorare invece di restare a casa con nostro figlio come reputeremmo giusto. Ci porta a restare in situazioni che ci fanno star male, perchè "funziona così per tutti" ed è vero che la maggior parte di noi vive sacrificandosi. Manca la pulsione positiva ad essere pienamente se stessi e il coraggio di prendere decisioni valutando le reali priorità personali.
I bisogni fondamentali dell'essere umano
Per rompere questo meccanismo dobbiamo prendere coscienza delle nostre esigenze fondamentali quali esseri umani. Esse sono indispensabili per uno sviluppo pieno del nostro potenziale e per uno stato di salute che si esprime sotto forma di bellezza, armonia e integrità. Lungi dall'essere un lusso o un capriccio, sono una concreta necessità biologica per crescere bene, sani e belli.
Per essere radiosi ci vogliono un padre e una madre che si incontrino e si uniscano sessualmente nel piacere più profondo e ci concepiscano consapevolmente seguendo la voce interiore che sia giunto il momento. Nulla di materiale serve a un figlio ma molto di spirituale.
Fin dal primo istante siamo bene accetti, dai genitori e da chi li circonda (futuri nonni, famiglia, amici). Tutti accolgono il nostro arrivo con gioia senza preoccuparsi o dire che non sia il momento opportuno.
La nostra mamma sta bene ed è serena per tutti questi nove mesi e dopo.
Possiamo nascere quando è il nostro momento senza essere monitorati, accelerati, rallentati, tirati fuori. La comunicazione fluida e empatica con la madre viene lasciata intatta. Non è sufficiente nascere vivi senza malformazioni: perché accontentarci di questo? La vita ci offre molto di più!
Nutriti dalla gioia nasciamo belli, forti, sani, felici...radiosi.
Non veniamo separati o allontanati da nostra madre, che ci accoglie come prevede la natura. Niente confusione, agitazione, attività o fretta. C'è silenzio e pace. Nel tepore del corpo materno c'è tempo per cominciare a respirare, ad annusare, ad orientarsi e a dirigersi verso il seno.
Questo trattamento umano imprescidibile ora lo riceviamo negli ospedali "amici dei bambini" o grazie alla presenza di un medico speciale. Naturalmente un pochino interferiscono, per via dei protocolli e di una presunta sicurezza.
È un bisogno fondamentale essere assieme alla madre. Poter assaporarne fin dal primo momento l'odore, il sapore, la pelle e lo sguardo e continuare a farlo per mesi, vicini alle poche cose essenziali: latte, calore e amore. Non ci serve l'arsenale di ciucci, biberon, carrozzine e tutta la valanga di oggetti "indispensabili per il neonato" quanto piuttosto il contatto fisico, la voce e il movimento sul corpo di un adulto. Immobili nel passeggino, con il ciuccio in bocca, non è detto che non ci manchi nulla solo perchè non piangiamo. Il contatto continuo, pelle contro pelle, nutre e scalda sia il bambino che la madre: una sinfonia di odori e sapori, un cullarsi al ritmo del cuore e del passo, un danzare i cambi di posizione e ammirare il viso della mamma da vicino.
Apprendiamo guardando quello che fa dalla sua prospettiva. Portare i bambini è necessario quanto allattarli - farne a meno compromette l'abilità psico-motoria e l'apertura verso il mondo. Diventiamo meno radiosi. Portare integralmente ("indossare" il bambino), non solo quando il passeggino è scomodo o a discrezione dell'adulto, è uno stile di vita che motiva, permette di comprendersi mutualmente e sincronizzarsi sullo stesso ritmo.
Dormiamo assieme ai nostri genitori e siamo allattati finchè ne abbiamo desiderio. Si parla di mesi di allattamento ma il bambino chiede anni e così favorisce la distanza tra un parto e l'altro e la salute della sua mamma. Quando si riceve per almeno tre anni tutto ciò che ci serve non c'è motivo di essere "gelosi" di un nuovo fratellino.
Un semplice pezzo di stoffa?
Il nostro alleato più prezioso diventa un banale pezzo di stoffa che usiamo per portare il bambino più agevolmente. Tenendo sempre il bambino lì dentro fin dalle prime settimane di vita, ci rieduchiamo a fare le nostre cose con lui e scopriamo di essere liberi assieme. Quando il bambino esprime il desiderio di scendere per cominciare a gattonare, noi restiamo immersi nelle nostre attività e lo riprendiamo in braccio non appena torna da noi, che sia per poppare, per dormire o "semplicemente" per starci in braccio. Occupandoci nelle nostre faccende restando ricettivi alle richieste del bambino stiamo facendo ciò che è previsto e infatti ci sentiamo gratificati. Si instaura una relazione fantastica con il bambino e ci accorgiamo di come lui sappia gestire le sue attività, sia in grado di destreggiarsi nell'ambiente, sappia ciò che può o non può fare, non corra in continuazione rischi e pericoli. Le tipiche crisi, le scene, i "capricci", le "fasi" dei bambini scompaiono per far capolino quando non stiamo bene, quando proiettiamo sul bambino nervosismi e ansie. Delle volte siamo stanchi, abbiamo fatto baruffa o ci sembra che stia sempre alla tetta. A queste sollecitazioni stressanti il bambino reagisce: che cosa ci vuole dire? Di fermarci e rimediare, ritrovando l'atteggiamento giusto. Il bambino reclama un adulto che lo accoglie quando ne ha bisogno, calmo e tranquillo, fermo ma non arrabbiato, senza prendersela con lui.
Non dando corda al comportamento improprio del bambino, il "capriccio" si risolve rapidamente - ciò non vuol dire reprimere la propria rabbia o trascurare il bambino bensì prendere sul serio invece della sua provocazione la richiesta implicita e urgente di essere accolto e apprezzato incondizionatamente.
Respirando creiamo tutto lo spazio possibile per questo bambino affinché possa venire da noi, senza lasciarci innervosire da quello che sta facendo, senza giudicarlo o sentirsi in colpa. Senza pensare è idiota, è terribile, è una peste, tutte fandonie che osiamo anche dire. Allora si tranquilizzerà e verrà da noi - è infatti quello che reclama con tutte le sue forze. Lo stesso discorso vale in caso di pianto disperato e inconsolabile.
Non solo i genitori
Tutti noi abbiamo la possibilità di dare un piccolo contributo affinchè i bambini di oggi siano il più possibile in contatto con la loro energia vitale e risplendano della loro luce interiore.
Possiamo sostenere i genitori nel loro compito appoggiandoli nelle scelte "anticonformiste" sulla cura dei figli.
Possiamo rivolgerci a tutti i bambini con amore e rispetto, dicendo loro la verità, essendo sinceri e coerenti, trasmettendo loro i valori che riteniamo importanti.
Possiamo fare molto meravigliandoci di fronte alla loro competenza e divertirci lasciandoli osservare e poi imitare, ricordandoci che ogni volta che facciamo per un bambino quello che può fare lui da solo andiamo a minare la sua capacità e la sua autostima.
In particolare di fronte al pianto, al comportamento non adeguato, all'incidente empatia, solidarietà, sostegno e fermezza nel porre limiti diventano importanti. L'adulto si guadagna il ruolo di guida affidabile e il bambino impara le regole sociali senza disimparare ad esprimere le emozioni. Restiamo tutti radiosi.
lunedì 20 settembre 2010
[Hot Church] - Omosessualità - 3

E siamo arrivati a 3!!!.
Ne suo commento Pierrot ha linkato questo intervento di don Luciano Saccaglia, molto interessante. Dice cose simili alle mie ma in modo molto più chiaro e documentato. Lo riporto interamente perchè lo considero molto ben fatto
L’OMOSESSUALITÀ NEL MAGISTERO CATTOLICO E NELLA TEOLOGIA MODERNA
Reinterpretazione antropologica e etica dell'omosessualità
di don Luciano Scaccaglia
Nel passato si dava giudizio morale molto negativo della omosessualità: è una tendenza disordinata, anzi contro natura.
Addirittura i catechismi di Pietro Canisio l’omosessualità era stigmatizzata tra i “peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio”.
Esame dei documenti del Magistero attuale
Nella dichiarazione della Dichiarazione della Dottrina della Fede su Alcune questioni di estetica sessuale del 29 dicembre 1975, si afferma che occorre accogliere con comprensione le persone omosessuali e di parlare con prudenza della loro soggettiva colpevolezza morale, però nello stesso tempo si dichiara che “secondo l’ordine morale oggettivo le relazioni omosessuali sono atti privi della loro regola essenziale e indispensabile”, sono “intrinsecamente disordinati e, in nessun caso possono ricevere una qualche approvazione” (n. 8).
Per la prima volta in un documento della Chiesa Cattolica si riconosce l’esistenza di una costituzione omosessuale immodificabile; si parla infatti di omosessuali “che sono definitivamente tali per una specie d’istinto nato o di una costituzione patologica giudicata incurabile” (n. 8).
Da questo però non si può dedurre la possibilità di giustificare le relazioni omosessuali in una sincera comunione di vita e di amore, analoga al matrimonio”.
- La dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede ai Vescovi della Chiesa Cattolica su Cura pastorale delle persone omosessuali del 1 Ottobre 1986 si ricollega al documento del 1975 affermando che qualcuno lo aveva interpretato in modo troppo benevolo quanto alla condizione omosessuale fino a definirla indifferente o addirittura buona.
Questo secondo documento afferma: - L’inclinazione omosessuale è un male (intrinsecamente disordinato), ma in sé non è peccato, mentre gli atti omosessuali sono sempre peccaminosi: “la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione stessa deve essere condannata come oggettivamente disordinata. Pertanto coloro che si trovano in questa condizione dovrebbero essere oggetto di una particolare sollecitudine pastorale perché non siano portati a credere che l’attuazione di tale tendenza nelle relazioni omosessuali sia un’opzione moralmente accettabile” (n. 3).
Si motiva tale condanna degli atti omosessuali partendo dalle sacre scritture e dalla tradizione unanime della Chiesa.
Tali atti violano la legge naturale morale, perché non hanno possibilità di procreare, né conducono ad una unione complementare. L’attività omosessuale inoltre “impedisce la propria realizzazione e felicità perché è contraria alla sapienza creatrice di Dio” (n. 7).
Le persone omosessuali sono quindi tenute a vivere la castità nel senso che non devono avere rapporti omosessuali: “è solo nella relazione coniugale che l’uso della facoltà sessuale può essere moralmente retto. Pertanto una persona che si comporta in modo omosessuale agisce immoralmente” (n. 7). - Tutto questo però non deve togliere la dignità verso queste persone e viene condannata ogni discriminazione nei loro riguardi (cfr. n. 10).
- Le associazioni di omosessuali sono possibili solo se prima si è chiarito bene che l’attività omosessuale è immorale (cfr. n. 15).
Il Catechismo della Chiesa Cattolica ripete la dottrina espressa nei due documenti esaminati (cfr. nn. 2357, 2358, 2359).
Ribadisce che gli atti omosessuali sono mancanze gravi contro la virtù della castità: “tra i peccati gravemente contrari alla castità, vanno citate la masturbazione, la fornicazione, la pornografia e le pratiche omosessuali” (n. 2396).
L’omosessualità è contraria al piano di Dio in quanto non è capace di generazione.
Anche se l’omosessualità è un fatto costitutivo della persona è sempre una disfunzione un sintomo della creazione decaduta, conseguenza del peccato originale.
“Poiché l’essere umano deve realizzare l’ordine della creazione così come Dio l’ha voluta, cioè senza cedere alla possibilità del male, il comportamento omosessuale è sempre oggettivamente disordinato” (AA. VV., Il posto dell’altro, le persone omosessuali nelle Chiese cristiane, Edizione la Meridiana, Molfetta 2001, p. 109).
Nella recente Dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede su considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 3 Giugno 2003, si afferma:
- l’atteggiamento delle autorità civili verso le unioni omosessuali è assai articolato:”a volte si limitano alla tolleranza di questo fenomeno; a volte promuovono il riconoscimento legale di tali unioni, con il pretesto di evitare rispetto ad alcuni diritti, la discriminazioni di chi convive con una persona dello stesso sesso; in alcuni casi favoriscono persino l’equivalenza legale delle unioni omosessuali al matrimonio propriamente dett o, senza escludere il riconoscimento della capacità giuridica di procedere alla adozione di figli”( l’Osservatore Romano, Edizione settimanale, venerdì 8 agosto 2003).
- Occorre opporsi, anche con l’obiezione di coscienza, al riconoscimento legale delle unioni omosessuali:
La Teologia morale
I teologi moralisti circa la sessualità si pongono su tre posizioni.
- Alcuni seguono la dottrina tradizionale della chiesa: l’omosessualità è intrinsecamente un male, un sovvertimento dell’ordine della creazione.
- Altri, progressisti, presentano l’amore omosessuale come realtà normale e positiva, come parte della realtà creata, una variante della creazione.
- Nella posizione di mezzo sta un gruppo di teologi per i quali l’orientamento omosessuale è un bene ma minore (minus bonum) rispetto alla tendenza eterosessuale, che sarebbe ideale.
Tutti e tre i gruppi sono d’accordo nel distinguere tra orientamento omosessuale (disposizione costituzionale) e comportamento omosessuale: il primo non viene scelto liberamente dalla persona, sfugge alla libertà dell’individuo e quindi non può essere peccaminoso.
Si discute invece sul giudizio morale circa il comportamento omosessuale sugli atti intimi: il primo non viene scelto liberamente dalla persona, sfugge alla libertà dell’individuo e quindi non può essere peccaminoso.
Si discute invece sul giudizio morale circa il comportamento omosessuale, sugli atti intimi tra omosessuali: per alcuni sono peccati, per altri no.
- La Chiesa cattolica romana e per i teologi tradizionalisti a questo problema morale c’è una sola soluzione: la rinuncia all’attività sessuale da parte degli omosessuali e quindi la sublimazione delle pulsioni sessuali.
- Alcuni teologi, oggi, affermano che in una unione omosessuale seria, stabile, fedele, sia legittimo e morale l’unione delle persone, anche sessuale, rispettato il principio che devono seguire prima di tutto la loro coscienza retta e formata.
Chi in seguito a una matura riflessione perviene a un giudizio diverso da quello del magistero e crede di non poter seguire la Chiesa in questo caso particolare, è tenuto a seguire la sua coscienza. Non commette alcuna colpa e non si trova neppure fuori dalla Chiesa”(AA.VV., Il posto dell’altro, op. cit., p. 112.).
Questi teologi sostengono che nelle relazioni sia omo che etero prima di tutto ci deve essere un amore fedele e stabile. La sessualità, come simbolo, come veicolo, come espressione dell’amore, conserva il suo senso e il suo valore anche senza l’orientamento alla procreazione.
- L’amore ha sempre un valore e un senso in se stesso – (W. Kasper). L’incontro e la relazione amorosa integrale fra due persone non possiedono un loro valore anche indipendentemente dalla procreazione di una nuova vita e dal fatto che sia una relazione omosessuale o eterosessuale? Se un’amicizia e un’unione partenariale omosessuale vincolante ha in quanto tale un grande valore, allora si può escludere quell’intimità che si esprime nel rapporto sessuale?L’incontro fra due persone orientate in senso omosessuale non può essere anche un valore che merita di essere accolto e onorato? Queste relazioni sostenute dall’amore, dalla fedeltà e dalla responsabilità non vanno considerate e rispettate anche e soprattutto dalle cristiane e dai cristiani? (Ibid, pp. 114-115).
- Anche l’unioni omosessuali possono e debbono portare frutti, realizzare una vera fecondità nel dono reciproco, all’interno della coppia, ma anche nel campo sociale, in quello politico ed ecclesiale, nei rapporti con gli altri, nella proiezione dei due partners verso i più poveri.
Il pensiero di alcuni teologi moralisti
Per il teologo moralista Giannino Piana la teologia moderna parte dal primato dell’unità della specie umana sulla differenza del genere (maschile e femminile): il fatto di essere umano viene prima (non solo a livello cronologico ma anche il valore) della condizione di essere”maschio e femmina”.
Questo è confermato dalle scienze biologiche che hanno messo in luce il fatto che il dimorfismo sessuale è relativo, cioè dipende ed è ascrivibile solo al sesso genetico, genitale e gonadico (testicoli ed ovaie).
“Fondamentale è anzitutto il contributo delle scienze biologiche, che hanno vieppiù messo in luce – grazie soprattutto alle scoperte avvenute in campo genetico – la relatività del dimorfismo sessuale ascrivibile soltanto al sesso genetico, genitale e gonadico, e dunque il carattere di continuità con cui si presenta ciascuno degli altri elementi (sesso ormonale, caratteri sessuali secondari, ecc. cfr. credere oggi, persone omosessuali, Edizioni Messaggero Padova 1980, marzo-aprile 2000, p. 49).
Inoltre, sempre la teologia recupera il valore della relazione, come dimensione costitutiva dell’essere umano. Da ciò deriva la convinzione che le differenze tra maschio e femmina si pongono dentro una unità originaria che precede le differenziazioni e inoltre queste differenze sono molto più limitate rispetto agli elementi comuni.
La filosofia contemporanea, partendo dalle conclusioni delle scienze umane ha sottolineato il fatto che il maschile e il femminile non sono due realtà radicalmente separate o contrapposte, ma sono dimensioni costitutive dell’essere umano, sono presenti sia nella donna che nell’uomo, pur con modalità quantitative diverse che danno origine a vere e proprie differenze qualitative.
Si può dire che non esiste sistema sociale in cui non siano chiaramente fissati quali caratteri debbano essere considerati tipici per ognuno dei due sessi. E’ peraltro importante rilevare che tra i due stereotipi sessuali, anziché esistere un rapporto di contrapposizione, sussiste una modifica correlazione di somiglianza. E’ quindi erroneo ritenere che il “maschile” significhi il contrario di “femminile” e viceversa. La psicologia trova conferma a questa ‘somiglianza’ fra maschio e femmina in dati di ordine fisiologico, dai quali risulta che in ciascuno dei due sessi sono costantemente evidenziabili anche elementi sessuali di quello opposto. L’affermazione che ogni ‘organismo’ sia, fini a un certo punto, bisessuale risale già all’antichità classica (vedi la simbologia and rogina) e ha ricevuti alla fine dell’ottocento e agli inizi del novecento la sua moderna formulazione psicologica (Adler, jung, ecc.)”(Cfr. Ibid., p. 50).
Queste affermazioni antropologiche sembrano trovare legittimazione nei due racconti biblici della creazione (Gen. Cc. 1-2). Adamo è figura collettiva per indicare l’umanità, non un individuo singolo. Secondo gli esegeti esso indica anche il fatto che l’umano si presenta fin dal principio”come unità che si esprime e si realizza in una differenza; in altri termini che la differenza viene dopo (e non solo cronologicamente) l’unità e che è a quest’ultima del tutto subordinata.
La conferma a questa interpretazione è nell’uso del singolare nei versetti in cui si parla dell’umano, della creatura, creata a immagine di Dio.
L’essere umano indipendente e prima della diversità sessuale è icona, immagine, imago Dei:
“Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò” (Gen. 1, 27ab).
L’uso del plurale avviene subito dopo quando si mette a fuoco la differenza sessuale:
“maschio e femmina li creò”(Gen 1,27c).
L’immagine di Dio sta quindi nella differenza sessuale, ma l’immagine è nella relazione d’amore tra i due essere, indipendentemente dal sesso.
- Tutto ciò è in linea con la antropologia filosofica moderna che afferma che la relazione, il rapporto tra esseri umani, aldilà del sesso, è realtà sostanziale e fondante (non un fatto sopraggiunto, secondario e accidentale).
L’essere umano è tale solo se nel rapporto con l’altro / altra. - Come conseguenza, il fatto della relazione come realtà fondante l’essere umano, porta a superare la tesi tradizionale in base alla quale solo il rapporto sessuale tra uomo e donna è secondo natura, mentre il rapporto omosessuale è contro natura e quindi da condannare, perché intrinsecamente cattivo.
- Oggi, teologia e filosofia, sottolineano il primato (cioè il venir prima) della relazione che unisce sulle differenze”in quanto, pur essendo il rapporto uomo-donna il modello fondativi, esso non esaurisce in sé tutte le possibili modalità espressive della relazionalità; anzi diventa la radice da cui si dipartono tutte le altre relazioni e il paradigma cui esse devono ispirarsi se intendono conservare il loro carattere pienamente umano”(Cfr. Ibid pp. 51-52).
- Le Scritture ebraiche evidenziano con chiarezza la priorità, il primato della relazione nella struttura originaria dell’umano. Nella Genesi 1,27° si dice che Dio creò l’umano (uomo e donna) e nella loro relazione d’amore sono immagine di Dio (Gen. 1,27b). Poi l’autore sacro nota la differenza sessuale (Gen. 1,27c).
La prima relazione è quella tra uomo e donna, ma non in modo esclusivo: infatti due che si amano sono imago Dei: “Esso (il primato della relazione, ndr.) non è infatti riferito, nel testo della Genesi, soltanto alla singola persona, ma anche (e soprattutto) alla realtà della relazione, che ha nel rapporto uomo-donna il principale referente e che si estende tuttavia, in senso allargato, ad ogni altra forma di rapporto interumano. La sottolineatura del valore decisivo che riveste la relazione, accanto al riconoscimento, sopra evidenziato, dell’unità originaria dell’umano, pur non comportando il disconoscimento dell’importante significato della differenza sessuale, mette tuttavia in luce il carattere secondario e dipendente che essa riveste di fronte all’attuazione dell’esperienza relazionale” (Cfr. Ibid, p. 52).
- Nelle Scritture cristiane Dio si rivela relazione e comunione di persone: è un Dio unico-trinitario dove la relazione è costitutiva dell’essere stesso di Dio:
- “La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi”(2Cor. 13,13).
- Gesù, nel vangelo, relativizza istituzioni tradizionali come il matrimonio e la famiglia di fronte all’assoluto che è il regno di Dio, amplifica e da’ molta importanza a un ventaglio di relazioni umane:
Entrò in una casa e si radunò di nuovo a Lui molta folla, al punto che non potevano neppure prendere cibo. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; poiché dicevano: “E’ fuori di sé”… Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, lo mandarono a chiamare. Tutto attorno era seduta la folla e gli dissero: “Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano”. Ma egli rispose loro: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”. Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre” (Mc. 3, 20-21. 31-35).
Paolo in un famoso brano parla del superamento di tutte le differenze sociali, religiose e sessuali, per instaurare relazioni nuove di convivenza dove si intrecciano e si mescolano razze, culture e religioni: “Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù”(Gal. 3, 28). Rimane il valore della differenza del genere (maschio e femmina), rimane lo statuto bisessuale dell’essere umano, però nell’ottica di una più ampia struttura relazionale non secondaria.
Orientamenti
- Occorre passare dal modello naturalistico al modello relazionale secondo il quale la bontà morale del rapporto risulta dalla capacità che esso ha di esprimere”in modo profondo, autentico, coinvolgente il mondo interiore di due persone, di creare cioè la condizioni per lo sviluppo di una vera interpersonalità, la quale si realizza solo nella misura in cui si abbandona la tentazione di trattare l’altro (l’altra) come oggetto e si riconosce invece la sua unicità irripetibile e la sua inestimabile dignità”(Cfr. Ibid, p.53).
Interessante a questo proposito è il principio kantiano:”agisci sempre trattando l’altro come fine, e mai come mezzo”. - La relazione eterosessuale sia per la prevalenza quantitativa sia per il fatto che riflette l’originario statuto bisessuale dell’umano, è, a livello oggettivo, la forma completa di relazione, perciò è il paradigma di ogni altra forma di relazionalità.
- La relazione omosessuale manca per ora di un riconoscimento ufficiale a livello giuridico, come manca, a livello naturale di fecondità procreativa. Non per questo però è priva di valore, di amore vero e di aperture feconde. Occorre riconoscere il valore di ogni relazione autentica sia etero che omo; occorre inoltre accettare e vivere in modo sereno la propria condizione in un clima di pace interiore, superando ogni sentimento di colpevolezza paralizzante.
Per il teologo moralista Leandro Rossi la castità era in passato intesa come astinenza sessuale, ora viene presentata così:”sessualità messa al servizio della vita, dell’amore, non solo del piacere”.
Essere casti significa essere liberi per amare.
Come deve essere vissuta la castità? - La posizione tradizionale parlava e parla per gli eterosessuali, di astinenza sessuale prima del matrimonio e di castità all’interno del matrimonio: fare sesso per amore, ma aperto alla vita, alla procreazione.
- Per gli omosessuali l’unica castità possibile è l’astinenza sessuale:
“In passato li spingevano (gay e lesbiche ndr.) anche a sposarsi con una persona dell’altro sesso, facendo l’infelicità di tre o più persone. Oggi pare che questo non succeda più. Ma rimane il problema di un’astinenza che può durare tutta una vita. E che non è una scelta, perché anche la mia di prete dovrebbe durare tutta la vita, ma è il frutto di una decisione iniziale chiara e precisa”(AA. VV., Il posto dell’altro, op. cit., p. 20). - In questo periodo molti teologi percorrono piste più umane:
L’omosessualità non è contro natura. Se uno dice così”non tiene conto del fatto che ci sono omosessuali che lo sono dalla nascita, mentre altri, se lo sono poi diventati, sono divenuti tali in maniera irrevocabile. La natura di queste persone pur sapendo benissimo che sarebbero state così e, nonostante questo, l’ha fatto ugualmente. Ciò significa che queste persone hanno una loro vocazione propria, che la loro omosessualità è una vocazione che Dio ha dato loro al momento della creazione”(Ibid., p.21).
Questa tesi è così supportata dal teologo L. Rossi:
- Il Concilio Vaticano II ha ribadito la libertà di coscienza di ogni persona, che tutti debbono rispettare e che resta il criterio ultimo per ogni scelta, anche per gli omosessuali.
- Secondo la Chiesa cattolica, l’incontro dei corpi deve sempre essere aperto alla fecondità. Ma infecondo è anche il matrimonio degli anziani e di giovani coppie sterili: per cui il criterio della non possibilità di procreare non depone a sfavore delle unioni omosessuali.
“Perciò il vivere un rapporto stabile e fedele è davvero una scelta matura che molti gay e lesbiche cercano con tutto il cuore (F. Barbero, L’ultima ruota del carro, Associazione Viottoli, Pinerolo 2001, p. 96).
- E’ normale l’intimità sessuale all’interno di una coppia omosessuale monogamica:”Non possiamo chiedere agli omosessuali di praticare il celibato. L’amore e le sue espressioni in ogni forma di attività umana, inclusa la sessualità, sono una dimensione indispensabile della realizzazione umana”(Ibid p. 98).
- Una coppia omosessuale monogamica può adottare bambini, se risulta psicologicamente adatta a questo compito genitoriale:
- E’ giusto dare una benedizione e pregare per le coppie omosessuali durante e dopo l’Eucaristia.
Il vescovo Luigi Bettazzi, padre conciliare, inneggia al valore della sessualità come espressione d’amore, richiamando quanto ha detto il Concilio Vaticano II in proposito: “Questo (il Concilio Vaticano II, ndr.) ha avviato il ricupero del senso fondamentale della sessualità, che è quello della relazione dell’altro, facendogli perdere un giudizio, implicito, ma diffuso, che cioè il sesso fosse una brutta cosa (all’estremo opposto della castità, che era ‘la bella virtù’); da tollerare soltanto quando era proprio indispensabile, come nel momento di ‘fare figli’ … Credo che il grande problema rimanga questo: una volta riconosciuto il valore dell’affettività omosessuale, fin dove questa potrà spingersi, sul piano morale e poi sul piano giuridico? E’ importante che se ne parli, con serietà e serenità…” AA .VV. Il posto dell’altro, op. cit., pp. 9-10).
venerdì 17 settembre 2010
[Hot Church] - Omosessualità - 2

In una discussione sull'omosessualità nel gruppo Cristiani di aNobii è stato citato ciò che dice il Catechismo della Chiesa Cattolica sull'argomento
Castità e omosessualità
2357 L'omosessualità designa le relazioni tra uomini o donne che provano un'attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo sesso. Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli e nelle differenti culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile. Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni (cf. Gn 19,1-29; Rm 1,24-27; 1 Cor 6,9-10; 1 Tm 1,10), la Tradizione ha sempre dichiarato che « gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati » (Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana, 8: AAS 68 (1976) 85). Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati.
2358 Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione.
2359 Le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un'amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana.
Partendo quindi da un documento ufficiale riprendo l'argomento del post precedente.Premetto che capisco il fatto che il Catechismo operi una sintesi e non spieghi punto per punto ogni affermazione. Detto questo però le affermazioni del catechismo mi paiono troppo vaghe per analizzare un argomento così complesso.Le analizzo una per una: 2357 La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile E qui rientriamo nel discorso sulle scoperte scientifiche. La genesi resta ancora non spiegata, ma si esclude sia una patologia. L'OMS definisce l'omosessualità una variante naturale del comportamento umano, ma non ha preso posizione rispetto alla possibile causa di tale variabilità (da Wikipedia). Quindi la frase Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni perde un po' di significato. Va bene appoggiarsi alla scrittura, ma anche alla scienza. Analizziamo poi i versetti segnalati. Un pezzo della storia di Sodoma (Gn 19,1-29) in cui gli abitanti vogliono abusare degli inviati di Dio, ma Lot propone di dare loro due fanciulle vergini in cambio degli uomini che sono suoi ospiti. Dovremmo quindi dedurre che l'omosessualità è peccato mentre lo stupro di gruppo no? La condanna mi pare alla violenza e non all'omosessualità San Paolo è più chiaro: l'omosessualità è una condanna di Dio per i malvagi che abbandonano la via retta e si lasciano andare alle passioni (Rm 1,24-27), i sodomiti sono nell'elenco di chi non entrerà nel ragno dei cieli.(1 Cor 6,9-10) e in quello delle persone per cui è stata fatta la Legge di Dio (1 Tm 1,10). Ma ricordiamo che San Paolo era santo ma anche figlio del suo tempo, è lui che dice Donne state sottomesse ai vostri mariti, non tutto va preso alla lettera. Altri riferimenti a testi sacri non ci sono. Mi pare un po' poco per dire che sono gravi depravazioni e intrinsecamente disordinati
Continua poi il punto Sono contrari alla legge naturale
Copio ancora dal Catechismo
La legge morale naturale
1954 L'uomo partecipa alla sapienza e alla bontà del Creatore, che gli conferisce la padronanza dei suoi atti e la capacità di dirigersi verso la verità e il bene. La legge naturale esprime il senso morale originale che permette all'uomo di discernere, per mezzo della ragione, il bene e il male, la verità e la menzogna
Data questa definizione bisognerebbe spiegare perchè sono contro la legge naturale, perchè istintivamente l'uomo rifiuta l'omosessualità e predilige l'eterosessualità. Ma è vero? Per alcuni pare di no.
E di questo ho già parlato
Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale.
Questa è un'affermazione molto discutibile. Detta così è assolutamente gratuita, non deriva dalle frasi precedenti, è svincolata dal discorso e durissima
Conclusione durissima e decisa, ma che non trova ragione nelle affermazioni precedenti
2358
Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova.
Si riconosce che molte persone hanno questa tendenza profondamente radicata, ma sbrigativamente si deduce che è OGGETTIVAMENTE disordinata e quindi è una prova. Anche qui mi pare un banalizzare una cosa seria e diffusa e un non considerare in alcun modo le affermazioni della scienza per stigmatizzare con un 'oggettivamente' ogni possibile discussione.
2359
Le persone omosessuali sono chiamate alla castità.
Risposta un po' scarna per un problema così grande. Certo tutti siamo chiamati alla castità che non è solo l'astinenza dai rapporti, ma un vero e proprio stile di vita a cui si debbono rifare anche gli sposi cristiani. Però proporla come unica soluzione ad un problema di cui non si sa l'origine e che coinvolge molte persone in modo profondo, mi pare pochino.
Ho voluto riprendere l'argomento perchè nel precedente post avevo parlato di quello che sapevo non essendo certo delle perchè delle posizioni della Chiesa, ora avendo trovato un documento importante come il catechismo ho voluto rianalizzare l'argomento partire da questo.
Dicevo nell'introduzione a Hot Churh che voglio sempre partire dall'insegnamento della Chiesa e se su alcune cose sono abbastanza preparato su altre ho delle lacune e ben venga ogni approfondimento
lunedì 6 settembre 2010
[Hot Church] - Omosessualità

La maggior parte degli studi scientifici non considera l'omosessualità una deviazione, una perversione, ma una condizione naturale dell'uomo.
Solitamente si ribatte che è chiaramente contro natura.
Ma tutta l'attività dell'uomo è contro natura. L'uomo cura i deboli, assiste gli ammalati, seppellisce i morti. Io dico sempre che in natura mai mi sarei riprodotto!!!! e invece ho due figli. Ho visto un documentario su un uccello che depone sempre due uova, quando i piccoli nascono il più forte butta fuori dal nido il più debole, che muore, così l'altro ha le cure della madre e la razza migliora. E cosa c'è di più contro natura del celibato dei preti?
L'omosessualità mina la famiglia. Questo forse è il punto principale. Gli omosessuali non si possono riprodurre.
Anche laicamente lo stato non riconosce le coppie omo in quanto non utili alla società.. Ma il rapporto coppia – famiglia non è più (se mai lo è stato) indissolubile. Non solo perchè ci sono coppie senza figli, ma perchè la legge non distingue fra coppie con figli e coppie senza. Certo se ci sono figli entrano in gioco leggi ad hoc, ma per i coniugi i diritti e doveri sono gli stessi con o senza prole. La pensione di reversibilità, il divorzio, l'eredità, sono legate alla coppia e allora perchè non inserire gli omosessuali in questo circuito di diritti-doveri?
Questo dal punto di vista puramente laico. Dal punto di vista religioso invece penso che la Chiesa dovrebbe basarsi sulle scoperte scientifiche.
Ripeto quello che dicevo nel post di introduzione a Hot Church: se per l'aborto la posizione della Chiesa è cambiata nei secoli, perchè questo non può valere per l'omosessualità? Cosa condanna i gay? L'essere contro natura? Il non fare figli? L'essere pervertiti? L'essere viziosi? Ma tutte questi non sono argomenti religiosi, ma sociali. E sono cose che valgono anche per gli etero. Ci sono gay che stanno insieme per anni e altri che cambiano partner in continuazione, come gli etero. Ci sono gay esibizionisti, pervertiti, deviati, come etero. Se la medicina non considera l'omosessualità una perversione perchè lo deve fare la Chiesa? Su quali basi? Davvero non capisco.
Anche il discorso sulla famiglia mi pare debole, non credo che accettare coppie dello stesso sesso farebbe diminuire quelle di sesso opposto.
Forse il problema principale deriva dal fatto che la Chiesa lega indissolubilmente l'atto sessuale alla procreazione e questo chiaramente non si può realizzarsi per le coppie omo.
Però mi pare un discorso a rovescio.
Mi spiego.
Si dovrebbe partire dall'omosessualità e se si decide che non è sbagliata, allora si passerà alla dottrina sui rapporti sessuali, invece si parte dai rapporti sessuali per dire che l'omosessualità è sbagliata. L'omosessualità è certo un argomento difficile. E' stata avversata in molte culture, accettata in molte altre ma è sempre esistita.
Penso che molto dell'avversione derivi dall'impossibilità di avere figli, per cui in molte società non poteva essere accettata perchè indeboliva il gruppo, ma sono concetti non validi nella nostra società e non propriamente religiosi. Leggo con piacere che l'ultimo sinodo Valdese ha accettato le coppie gay.
Mi paiono invece poco significative le risposte che la Chiesa da agli omosessuali: astinenza e tentativo di correggersi. Ma, ripeto, se non è una malattia perchè cercare di cambiare?
Mi pare ci sia davvero molta confusione.
La Chiesa condanna l'omosessualità, ma pure a me, credente, praticante e abbastanza preparato, non è chiaro perchè.
Penso alla difficoltà e alla sofferenza di chi vive in prima persona questa situazione. Dalle donne sacerdote siamo passati al celibato dei preti per arrivare all'omosessualità: un percorso in salita!!!
Ma ad ogni passo mi pare più evidente la necessità di un'analisi approfondita della società, del magistero della Chiesa e delle risposte che si danno.
Se la mancanza del sacerdozio femminile potrà bloccare qualche vocazione, già il celibato dei preti pone problemi più seri, l'omosessualità poi coinvolge problemi, medici, psichiatrici, sociali, famigliari e provoca sofferenza e abbandono della Chiesa da parte di un significativo numero di persone.
La nostra società si muove in fretta, le idee circolano velocemente, gli stili di vita vengono influenzati dai media in modo impensabile fino a pochi anni fa. La Chiesa deve adeguarsi a questa velocità, non può restare indietro, non per adeguarsi ai tempi, ma anzi per correggere, indirizzare, istruire in modo efficace e convincente.
Ad esempio non si può rispondere alla sempre maggiore evidenza dell'omosessualità con fumosi documenti, con anatemi, con divieti.
Io penso che la risposta migliore sarebbe armarsi di carità ed affrontare tutto alla luce di questa. Invece mi pare ci si armi di dottrina, per essere sicuri di non sbagliare e si affronti così corazzati il mondo.
Lo trovo un atteggiamento non solo sbagliato, ma anche fallimentare.
Sempre meno gente ascolta la Chiesa e sempre più concetti diventano veri ed accettabili per la maggior parte delle persone, perchè semplici e veicolati da mezzi di facile fruizione.
Alcuni sono validi, altri meno, alcuni ottimi, altri pessimi, ma si impongono con decisione e velocità e se vogliamo essere il sale della terra (MT 5,13) dobbiamo essere prudenti come serpenti e semplici come colombe (MT10,16)
Cito dal bel intervento Comunicare la fede che ho riportato nel mio precedente post:
Non sono disposto a modificare le mie idee (di fondo) per quanto i tempi cambino molto. Però sono disposto a porre tutte le formulazioni esterne al livello dei miei tempi, per un semplice amore alle mie idee e ai miei fratelli, perché se parlo con un linguaggio morto o con una messa a fuoco superata, seppellirò le mie idee senza riuscire a comunicare con nessuno J.L. Martín Descalzo, Razones para la alegría