Mi paice quado trovo persone serie, competenti e conosciute che dicono in modo chiaro e preciso quello che penso anch'io. Spesso fatico a spiegare le mie ragioni e non sempre ho tutte le nozioni per difenderle. Talvolta sono più impressioni, deduzioni, sensazioni che veri e propri ragionamenti ed avere un riscontro è utile e piacevole
- CRISTIANI PERSEGUITATI -
Alla memoria di padre Stanley Rother, sacerdote cattolico dell’Oklahoma e missionario in Guatemala, martirizzato il 28 luglio 1981 a Santiago de Atitlàn (Guatemala) dagli sgherri di un dittatore al servizio della United Fruits Company e della CIA.
Per lungo tempo, nel mondo musulmano cristiani ed ebrei sono stati tollerati in quanto ahl al-Kitab, con certe limitazioni. Tra VII e XVIII secolo, a parte qualche situazione particolare – Venezia, Genova, Livorno…- nessun musulmano poteva circolare in una città cristiana, mentre gli ebrei dal Cinquecento stavano nei ghetti. In rapporto, la situazione di cristiani e di ebrei nel mondo musulmano era straordinariamente migliore. Certo, problemi d’intolleranza e incidenti potevano accadere anche con frequenza: ma in generale questa era la situazione. Essa è andata modificandosi, in Asia e in Africa, solo in quanto la comunità cristiane hanno potuto ottenere una maggior libertà nella misura in cui i paesi cadevano sotto il regime coloniale europeo: e gli europei, anche quando erano atei, consideravano i cristiani intrinseci alla loro cultura. Tale situazione, peraltro, ha generato frustrazione e rancore nel mondo musulmano (atteniamoci qui ad esso). I disordini in Siria e in Libano nell’Ottocento ne sono un esempio: in Siria, il grande Abd el-Kader dovette intervenire personalmente per impedire il massacro di alcuni cristiani dichiarando agli assalitori, suoi correligionari musulmani, che egli si sarebbe fatto uccidere insieme con gli aggrediti pur d’impedire un’infamia.
Oggi, la diffusa sensazione in Occidente è che le comunità cristiane asiatiche e africane siano in pericolo. E’ vero. Quel che non si dice, però, è che tale intollerabile situazione rappresenta la risposta inadeguata, ingiusta e spesso criminale a uno stato d’ingiustizia e di disagio. Il mondo musulmano si sente a sua volta aggredito e – commettendo un madornale errore – ritiene che la Modernità occidentale e il cristianesimo siano tutt’uno. Falso, sbagliato, insostenibile. La Modernità occidentale – individualista, materialista, fatta d’individui schiavi dei loro vizi e dei loro interessi – è all’antitesi del cristianesimo. Questo è l’errore di molti musulmani: i fondamentalisti islamici ne approfittano.
L’errore degli occidentali è il non capire la natura non religiosa, bensì politica, delle violenza commesse contro le comunità cristiane, il non calcolarne il valore di sia pur colpevole ritorsione, il non vedere le violenze che l’Occidente moderno commette quotidianamente in Africa e in Asia con le sue guerre e la sua politica di sfruttamento e il non rendersi conto che gli assalti alle chiese sono la risposta, maldestra e criminale, a quelle violenze. Siamo dinanzi alla più terribile delle guerre: la guerra tra i poveri. Siamo dinanzi a un conflitto che non vede musulmani contro cristiani, bensì – in tutto il mondo – chi vuole un futuro di pace, di giustizia di dialogo e di equilibrio contro gli estremisti assassini pronti a tutto pur di fomentare la spirale della violenza, quella che alcuni sconsiderati definiscono “scontro di civiltà”.
Qualcuno invoca la reciprocità. Ma la reciprocità è insensata sul piano giuridico, infame su quello morale. Insensata sul piano giuridico, in quanto la reciprocità si può attuare solo tra soggetti giuridici assolutamente equivalenti. Nessuna società cristiana seria può negare a un gruppo di musulmani giordani o maghrebini il diritto di aprire su territorio europeo una moschea col pretesto che il re dell’Arabia saudita non consente sul suo territorio l’apertura di chiese. Infame sul piano morale. Come europeo, io mi sento doverosamente legato a un criterio di tolleranza: sono tenuto a impegnarmi affinché i musulmani del mio paese abbiano diritto a un luogo in cui pregare. Se nel mondo musulmano c’è qualche mascalzone che nega ai cristiani il diritto di pregare sul suo territorio, io non posso permettere ch’egli espanda il suo malvagio potere sugli altri fino ad obbligare me a cambiare convincimenti morali per rispondere al suo cattivo esempio. Io continuo ad essere un uomo libero che difende la libertà: un valore prezioso, che non consento a nessuno di strapparmi e che non posso certo barattare con qualcosa di miserabile come una ritorsione.
E veniamo al fenomeno attuale. Si perseguitano e si massacrano i cristiani. In tutto il mondo. Secondo qualcuno qui da noi, nel “nostro Occidente”, ciò è la conseguenza del fatto che la cultura laicista ha consentito che quello anticristiano in genere, anticattolico in particolare, sia ormai diventato “l’unico pregiudizio accettabile” in un mondo in cui non si può più criticare nessuno senza cadere nelle fittissime maglie libertarie e liberticide del politically correct. C’è molto di vero, in considerazioni di questo tipo. Ma bisogna andare oltre, uscire dal generico.
Secondo altri, il massacro dei cristiani è il risultato della gelida scelta di gruppi fondamentalisti, soprattutto musulmani, i quali hanno pianificato di obbligare con le loro violenze il mondo ad accettare come un fatto reale lo “scontro di civiltà”. Anche in questa tesi c’è qualcosa di vero. Ma l’applicazione del principio del Grande Complotto non solo non risolve nulla, ma nemmeno aiuta a spiegare e a capire.
Poi c’è la ridicola e antistorica tesi secondo la quale i cristiani sono da oltre due millenni le vittime ideali di tutti i carnefici in quanto il cristianesimo è religione d’amore e i fedeli, dal tempo della persecuzione di Nerone in poi, vengono martirizzati opponendo ai loro carnefici solo la loro testimonianza; al massimo, scendono in “guerra giusta”. Balla colossale. Il cristianesimo è senza dubbio religione d’amore, ma le Cristianità storiche sono sempre state società armate e aggressive; la stessa propagazione del Vangelo è avvenuta molto più spesso con la forza che non con la persuasione e l’amore. Dall’editto di Teodosio che rendeva il cristianesimo religione di stato in poi, finché dalla Cristianità occidentale – cattolica e, soprattutto, riformata – ha preso avvìo la rivoluzione occidentale moderna che ha coinciso con il “processo di secolarizzazione” (individualismo, primato dell’economia, logica del profitto, volontà di potenza appoggiata al progresso tecnologico, azzeramento della possibilità di dare un senso alla vita e al mondo) e oltre, al storia dell’occidente, cristiano prima agnostico poi, è stata quella d’una sequenza di violenze e di ferocia. Si tratta di delitti sui quali è scesa la coltre autoassolvente dell’oblìo. Dal massacro dei 4500 sassoni sui campi di Werden voluto da Carlomagno e dai suoi vescovi ai genocidi compiuti dai basileis della dinastia macedone nei Balcani e dagli czar tra Caucaso e steppe dell’Asia centrale alle crociate dei cristiani latini nell’impero bizantino del XIII secolo, nella penisola iberica, del nordest europeo, al destino degli eretici e delle streghe che – divenuto più drammatico a partire dal XIII secolo - ha lambito lo stesso XVIII secolo, fino ai delitti commessi in seguito alla Riforma e alla Controriforma; dalla “pulizia etno-religiosa” della penisola iberica quattro-seicentesca ai “sacri macelli” non solo di Valtellina, ma anche della Ginevra calvinista e della Munster anabattista di Giovanni da Leyda; dalla ferocia di Maria la Sanguinaria a quella di Elisabetta I che “Sanguinaria” non fu mai definita ma che avrebbe pur ben meritato di esserlo, fino alle guerre civili e “religioso-nazionali” in Scozia e in Irlanda, i postumi della seconda delle quali durano ancora; dalle infamie delle “guerre di religione” nella Francia tardocinquecentesca con le sue molte “Notti di San Bartolomeo” e quindi nell’Europa sconvolta dalla guerra dei Trent’Anni che condussero a quella stanchezza del sangue nel nome della quale si siglarono (che si arrivasse, una buona volta, alla mutua inter christianos tolerantia, la quale peraltro – beninteso – non riguardava né i giudei deicidi né i musulmani infedeli…) le paci di Westfalia e dei Pirenei, fino dalle stragi dei native Americans nel centro e nel sud, ma anche nel nord del continente americano e alla “tratta degli schiavi” stivati in catene dall’Africa al nuovo mondo a bordo di vascelli i capitani dei quali conoscevano a memoria interi libri della Bibbia; o del Sudafrica e dell’Oceania, dove i coloni olandesi trovavano nella Bibbia e nell’etica calvinista la giustificazione per il genocidio e la schiavitù. Il Cristo e il Vangelo non hanno alcuna responsabilità di tali orrori; i cristiani e le Chiese storiche ne hanno eccome, come ne hanno gli occidentali moderni e postcristiani che, cessato di giustificarli nel nome della Vita Eterna, hanno continuato a farlo nel nome della civiltà, del progresso, perfino dei “diritti umani”. Hanno imposto l’impero del profitto e dello sfruttamento: e l’hanno chiamato “legge obiettiva del mercato” ed “esportazione della democrazia”.
Da tutto ciò, sono discese inesorabili conseguenza, che vanno comprese ed esaminate con lucidità.
Primo. Oggi i poveri cristiani d’Asia e d’Africa soffrono le conseguenze del fatto che gruppi di assassini fondamentalisti o masse fanatizzate li massacrano in quanto identificano in loro – evidentemente a torto - dei “collaborazionisti” obiettivi delle forze occidentali che hanno asservito e sfruttato per secoli i loro paesi. Un certo attrito tra musulmani o indù e cristiani locali, in quei paesi, era storicamente cronico. L’attuale fase acuta è il frutto della stanchezza degli oppressi d’esser tali e dell’errore di prospettiva nel quale essi, ingannati da una malsana e criminale propaganda, sono caduti. D’altronde, c’e da chiedersi dove fossero e a che cosa stessero pensando, le Anime Belle che oggi s’indignano e spargono lacrime sui poveri innocenti massacrati, com’è accaduto la notte di Capodanno tra i copti d’Alessandria, quando per esempio tra gli Anni Settanta e gli Anni Ottanta gli sgherri della CIA e i gorilas del dittatore calvinista Rios Montt, in Guatemala, massacravano le comunità cristiane dei campesinos e uccidevano i loro preti missionari.
Secondo. Purtroppo, specie nel mondo musulmano, i cristiani oggi sono le vittime innocenti di una serie di regolamenti di conti che riguardano le infinite forme assunte dalla fitna, la “guerra civile” all’interno dell’Islam. Non è un mistero per nessuno che i deprecati regimi islamo-socialisti, ad esempio quelli nasseriano o baath, ponendo l’accento sulla nazionalità, tendevano molto ad attutire se non proprio ad eliminare la soggezione nella quale le comunità cristiane, in quanto dhjimmi (“soggette”, ma anche “protette”), erano abituate a stare nel dar al-Islam. Non stupisce quindi che molti cristiani collaborassero convinti con tali regimi, nei quali alcuni loro membri potevano anche ascendere ad alte cariche (inutile ricordare il caso irakeno di Tarik Aziz). Il fallimento di quei regimi, fermissimamente voluto dalla Superpotenza statunitense e dai suoi consiglieri, ha fatto sì che oggi esistano dal Pakistan all’Algeria forze musulmane che colpiscono i cristiani per aggredire la politica di altre forze, e che gli stessi regimi “laici” in terra islamica, dalla Turchia postkemalista all’Egitto di Mubarak che oppone i musulmani salafiti ai Fratelli Musulmani, tendano ormai a cercar demagogicamente di dimostrare alle loro opinioni pubbliche di non essere “buoni musulmani” meno degli altri. I cristiani sono vittime di questa morsa infernale, che in buona parte è la conseguenza della dissennata politica aggressiva degli Stati Uniti dal 2001 in poi in tutto il Vicino e Medio Oriente. D’altronde, non è un mistero per nessuno che vi sono paesi governati da musulmani fanatici, persecutori dei cristiani e lapidatori di adultere o supposte tali: dei quali però i nostri mass media parlano il meno possibile in quanto essi sono tra i “nostri migliori alleati”: l’Arabia saudita, ad esempio.
Terzo. E’ poi vero che, anche su un piano puramente quantitativo, i massacri dei cristiani – uccisi, beninteso, non in quanto implicati in guerre o in rivolte, ma in quanto professanti la religione della croce - siano più gravi e pesanti di altri? O non è piuttosto vero che, a cominciare dall’Angelus pontificio di ogni domenica mattina diffuso in tutto il mondo, di quei massacri si è capillarmente informati – il che è senza dubbio positivo -, mentre s’ignorano o si sottovalutano invece altri massacri? Chi si è indignato, con sacrosanto motivo, per la strage d’Alessandria di Capodanno, s’indigna poi della pioggia di bombe e di missili che in Afghanistan provoca quotidiani massacri d’innocenti giustificati indiscriminatamente nel nome della “guerra al terrorismo”? S’indigna del “civile sequestro” di centinaia di persone a Guantanamo? Da troppi anni questi poveri morti e queste vittime dell’”esportazioen della democrazia” non sono nemmeno più dei numeri, in quanto si è ornai da tempo perfino rinunziato a tentar di contarli. Questo semplice errore di prospettiva, da noi considerato irrilevante, non passa inosservato altrove: e incrementa la spirale dell’odio e della vendetta, che come sempre accade si ritorce contro obiettivi innocenti.
Non basta quindi chiedere che cessino nel mondo i massacri dei cristiani. Bisogna chiedere che cessino le violenze: e per ottenere questo fine bisogna individuarne le cause. Esse risiedono nell’ingiustizia, che si traduce anzitutto in un’intollerabile disuguaglianza nella distribuzione delle ricchezze del mondo. Senza giustizia, non può esserci libertà: nemmeno libertà religiosa.
Franco Cardini, 12/1/2011
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Anch’io Black Bloc!
C’ero anch’io a lanciare i sassi alla polizia. E mi chiedo come abbia potuto succedere...La mia storia e' stata un po’ particolare.
Non a tutti capita che ti rapiscono la mamma e la vedi tornare a casa coperta di sangue.
Sono cose che possono farti impazzire.
Ma, devo essere sincero, questo evento tragico incontro' un terreno fertile.
Io sono cresciuto con in testa i film western e la rivoluzione comunista. Armata. Due cose che si combinavano bene insieme.
A quei tempi non c’era quasi nessuno a sinistra che pensasse che si poteva cambiare il mondo senza affrontare e distruggere l’esercito dei padroni.
E devo anche confessare che non lasciai l’Armata Rossa perche' diventai pacifista. Quello accadde dopo.
E forse potrebbe essere utile a molti, che oggi stanno pensando che e' ora “di passare ai fatti” e procurarsi una pistola, sapere come ando'.
Mia madre fu rapita a marzo, passai un mese quasi sempre in casa per starle vicino. Intanto pensavo solo a uccidere. Era l’unico pensiero che avevo in testa. A aprile tornai a scuola. Diedi due ceffoni a un fascista, di fronte a tutti, in un corridoio.
Non avevo mai colpito qualcuno e devo dire che la sensazione fu disgustosa.
In quel periodo militavo nell’ala morbida dell’Autonomia Operaia, mi presentai a un leader dell’ala militarista e mi arruolai.
Così iniziai un anno di addestramento. Perche' non e' che ti mandano a sparare così alla cavolo.
Eravamo una trentina, la colonna studentesca dell’organizzazione. Durante gli scontri di piazza ci portavamo dietro centinaia di simpatizzanti ma il livello militare era composto da una decina di ragazzi. Eravamo divisi in operativo, logistico e informativo, avevamo nomi di battaglia, studiavamo diligentemente come si costruiscono armi rudimentali sui manuali dei Marines americani e dei tupamaros e come si usano quelle vere. Imparai che prima di un’azione non bisogna mangiare niente perche' se ti sparano nella pancia a stomaco pieno muori in 15 minuti per emorragia, se sei a digiuno forse arrivi all’ospedale ancora vivo. La cosa che mi stupisce di quegli anni era che ero proprio convinto che sarei morto in combattimento o che mi sarei fatto cento anni di prigione e non me ne importava nulla. Non vedevo nessuna alternativa. Ricevetti l’ordine di tagliarmi i capelli e di andare in giro con la giacca (la cravatta non era obbligatoria). Mia nonna era contenta di vedermi finalmente “vestito da cristiano in modo decente”.
C’erano lezioni anche su come comportarci se venivamo catturati. Era scontato che ci massacrassero per farci parlare. Il nostro addestratore era pragmatico, dava per scontato che tutti parlano, ma la consegna era di resistere 24 ore per dare tempo ai compagni di scappare.
Insomma, sembrava proprio una cosa seria.
I primi dubbi mi vennero quando prima di un’azione (dovevamo incendiare alcune auto di nemici del popolo) il mio gruppo decise di andare a mangiare una pizza. Una palese violazioni degli ordini.
Lo dissi. Mi risero in faccia. Poi, come accadeva il piu' delle volte, l’azione non si svolse perche' non riuscimmo a trovare le auto da bruciare. Un errore nelle informazioni che ci avevano dato.
Così arrivai a finire il tirocinio e a passare all’azione. E lì iniziai a capire che c’era qualche cosa che non funzionava. Ricevemmo l’ordine di bruciare una decina di automobili con bombe incendiarie a tempo. Fu un disastro perche' ci fornirono indirizzi sbagliati e timer che non funzionavano.
Poi ci fecero lavorare per un paio di mesi alla preparazione di un attentato incendiario contro una multinazionale. Ma i responsabili fecero un po’ di confusione e ci incaricarono di incendiare l’immenso parco auto dell’autonoleggio Avis che non c’entrava niente (GIURO!). Ci fermarono appena in tempo. E tanta grazia che non distruggemmo l’altra Avis, quella dei donatori di sangue…
Poi scoprii che una ragazza bellissima, alla quale facevo la corte, sapeva tutto quello che succedeva in tutti i gruppi armati di Milano perche' aveva rapporti intimi con alcuni capi militari.
Mi chiesi se era saggio iniziare la lotta armata in una situazione nella quale bastava che arrestassero una ragazza con tette fantastiche per decapitare le forze rivoluzionarie nel nord Italia.
Poi durante un’altra azione, fallita come al solito, Marco Barbone abbandono' una borsa con dentro 4 bottiglie molotov chimiche. Sulla borsa c’era scritto a caratteri cubitali MARCO BARBONE e di seguito il suo numero di telefono e indirizzo. Marco si diede alla latitanza per un paio di settimane. Ma nessun poliziotto busso' mai alla sua porta. Mi chiesi se potevo iniziare la lotta armata con gente che andava in azione con il proprio nome scritto ben in evidenza sulla borsa. Poi un altro compagno, durante una spesa proletaria, perse la carta d’identita' nel supermercato. Ci avevano fatto una lezione intera sul fatto di non andare in azione con nulla che ci potesse far identificare ma evidentemente lui quel giorno era assente. Ma gli ando' liscia. Si presento' alla cassa il giorno dopo chiedendo se avevano trovato una carta d’identita'. Gliela restituirono senza che nessuno facesse domande.
Un militante di un gruppo armato con il quale avevamo rapporti stretti, fu arrestato perche' a un posto di blocco consegno' ai poliziotti due patenti. Con due nomi diversi sopra. Quando seppi che un covo delle BR era stato scoperto perche' un brigatista era stato preso con un mazzo di chiavi con su scritto l’indirizzo esatto del deposito di armi iniziai a domandarmi che cosa stesse succedendo al cervello dei rivoluzionari.
A questo punto l’organizzazione ci chiese il battesimo del fuoco. Un’azione armi in pugno. Dovevamo sparare alle gambe al preside di un liceo. Era il Grande Salto per tutta l’organizzazione perche' fino a quel momento non era stato ancora sparato neppure un colpo. Quello era il passo che ci avrebbe rapidamente portati alla lotta clandestina. Io iniziavo ad avere un po’ di dubbi sulle reali possibilita' di un’accozzaglia di distratti totali di battere militarmente le Forze Armate Italiane.
E poi non mi andava di sparare a un povero preside. Quindi usai la mia influenza per convertire i proiettili con un po’ di vernice rossa. Lo scopo dell’azione era verificare la nostra capacita' militare quindi tutto sarebbe stato realizzato come un attacco armato, con tanto di finto scontro tra auto e successivo incendio per bloccare la strada, ma non avremmo sparato.
Arrivo' il giorno dell’ultima riunione, dopo mesi di preparativi e pedinamenti. Io intanto mi ero follemente innamorato di una ragazza e stavamo per partire per il Portogallo in Luna di miele. Intervenni nel mio ruolo di commissario politico della cellula operativa, ribadendo le ragioni che ci avevano fatto decidere l’azione e poi dissi: “Io mi sono innamorato e sto per partire, quindi non vorrei essere arrestato. Propongo di rimandare l’azione a settembre.” Mi aspettavo urla, accuse di tradimento, minacce. Invece tutti accettarono istantaneamente di rimandare. La cosa mi sconvolse. Ero pronto alla rissa e invece…
Così capii che con quei rivoluzionari non sarei riuscito a combinare niente.
Andai in Portogallo, lei mi lascio' per un brasiliano bellissimo incontrato lì, in una comune di Lisbona e io tornai in Italia con un ascesso devastante a un dente e la faccia gonfia in modo spaventoso.
A settembre io e l’altro responsabile degli studenti ci presentammo all’esecutivo nazionale della struttura militare. Avevamo un piano. Non fu facile perche' il luogo dove si teneva la riunione era segreto. Avevi un appuntamento in un punto, passava una staffetta in moto e ti dava l’indirizzo finale. Meta' delle riunioni non si facevano perche' i delegati si perdevano.
Quando finalmente si riuscì a riunirsi intervenni dicendo: “Noi siamo 200. Mettiamo che riusciamo a diventare settemila. Loro hanno l’aviazione. Come facciamo a sconfiggerli?” Quel che si dice un intervento breve e incisivo.
Una domanda semplice.
Toni Negri mi rispose con il discorso piu' fumoso che abbia mai sentito. Parlo' un’ora e poi la riunione, che doveva decidere la nostra prima vera offensiva militare, fu rimandata.
La volta successiva fu l’altro rappresentante degli studenti a porre la stessa semplice domanda e Toni rispose con lo stesso discorso. Andammo avanti così fino a novembre, bloccando l’esecutivo e prendendo il tempo per organizzare l’uscita del grosso degli studenti medi dall’organizzazione. Uscimmo in 150. E anche la maggioranza degli operai se ne andarono.
Negli anni successivi i pochi che erano restati si divisero in piccole bande, alcune delle quali arrivarono a sparare e uccidere (Toni Negri, che in fin dei conti era un moderato, senza di noi che eravamo l’ala morbida, si trovo' in minoranza e fu esautorato dai durissimi). Tra i durissimi c’era Marco Barbone, che qualche anno dopo finira' per assassinare Valter Tobagi (che per inciso era un suo amico di famiglia, lo scelsero perche' ammazzarlo era piu' facile visto che sapevano tutto di lui…).
Dopo qualche anno alcuni dei duri vennero arrestati e si vide che non erano poi tanto duri. Parlarono e denunciarono 250 compagni.
Una bella mattina del 1979 uscì sul Corriere della Sera che anche io ero tra gli incriminati per banda armata, nonostante fossi uscito prima dell’inizio della guerriglia. Alle 9,30 del mattino ero dal mio avvocato, alle 10 stavo su un treno per Parigi, senza bagagli. Avevo pero' comprato un panettone. Si era sotto Natale e volevo darmi un’aria normale.
Restai latitante all’estero per un mese poi mi dovetti rassegnare al fatto che nessuno mi dava la caccia e rientrai in Italia.
Il mio processo duro' parecchi anni. Finii nella “branchia” chiamata Rosso3, che si occupava degli imputati di basso livello, quelli sfigati. Partii con 16 imputazioni che via via cascarono soprattutto perche' ero accusato di azioni che non erano mai state eseguite.
Sono le accuse migliori perche' e' facile difenderti.
Tanto per dare l’idea del casino che fecero i pentiti, all’udienza finale prima di me c’era un ragazzo che aveva ammesso 17 rapine in banca e che pero' rigettava l’accusa per la diciottesima avanzando la scusa che quel giorno era in una cella d’isolamento sotterranea del carcere le Nuove di Torino. Dopo di lui fu ascoltato un altro militante che aveva ammesso parecchi crimini ma rigettava l’imputazione per un assalto armato a una sede del Msi adducendo la scusa di essere stato, contemporaneamente, sotto anestesia per un intervento di peritonite presso l’ospedale Fatebenefratelli di Milano. Il giudice pote' solo constatare che c’erano stati alcuni errori.
Quando il giudice mi chiese se avevo qualche cosa da dire mi alzai per spiegare che la mia generazione aveva commesso molti errori e si era macchiata di crimini violenti. Ma avevamo un’attenuante: combattevamo per un mondo migliore. La causa della nostra rabbia erano coloro che avevano attaccato i nostri cortei sparando e uccidendo, che avevano messo le bombe, i ladri e i corrotti che stavano dissanguando l’Italia… Loro non venivano mai processati per i loro immensi crimini. Il mio avvocato mi faceva le boccacce per farmi stare zitto… Ma io dissi quel che che pensavo e che penso ancora. Fino al 1979 nessun manigoldo potente era mai finito in carcere…
Col tempo, grazie al processo e a una serie di racconti di compagni usciti di prigione (a volte dopo 15 anni), scoprii alcune storie pazzesche su un paio di fatti.
Sapevo che quello che era il capo militare supremo di Rosso, Carlo Saronio, era stato ucciso, ma la controinformazione dell’Autonomia Operaia aveva sostenuto che erano stati i servizi segreti a ucciderlo. Poi venne fuori un’altra versione dei fatti: i rapitori erano dei malavitosi comunisti che avevano ricevuto l’ordine di rapirlo. A dare quest’ordine era stato il secondo capo militare supremo di Rosso. Tale Fioroni. Si disse che avevano usato troppo cloroformio e Saronio aveva avuto un infarto.
Fioroni poi fu catturato con in mano i soldi del riscatto, fu tra i piu' notevoli pentiti, per numero di incriminati. Denuncio' anche me. Non mi conosceva ma evidentemente nonostante la segretezza sapeva che, nel 1974, facevo ancora parte del gruppo. Essere figlio di persone famose in questi casi non e' un vantaggio… Gli avevano riferito che avevo dato fuoco a una serie di colonnine per dare l’allarme alla polizia che erano state sistemate in varie zone di Milano. Per mia fortuna anche questo attentato non era mai stato realizzato…
In realta' non era stato neppure progettato da noi…
Poi scoprii che alcuni sostenevano che questo Fioroni si trovasse sotto il traliccio sul quale morì Feltrinelli. Tutti ci eravamo chiesti come poteva Feltrinelli andare a piazzare una carica di esplosivo con la spoletta gia' innestata… va beh che erano tutti pazzi ma questo sembrava eccessivo. Altri parlavano di soldi e armi spariti dopo la morte dell’editore guerrigliero.
Incontrai anche militanti di altre organizzazioni armate, usciti dopo aver scontato pene dai dieci anni in su e chiesi loro di raccontare le loro storie. Volevo sapere se solo il nostro gruppo era pieno di distratti e criminali. Le storie che ho raccolto sono veramente incredibili e mostruose.
La piu' agghiacciante e' il racconto di quel che successe a Torino quando Prima Linea decise di ammazzare “qualche agente” per vendicare l’uccisione di quattro militanti che, secondo la controinformazione, erano stati giustiziati nel sonno (non so se fosse la verita'). Fattosta' che quattro guerriglieri si appostano, due in un bar e due di fronte, sono armati fino ai denti. Chiamano le forze dell’ordine dicendo che e' in corso una rissa. Arriva una macchina, 3 agenti entrano nel bar e vengono presi in mezzo da un fuoco intenso di due pistole, un fucile a canne mozze e una mitraglietta. Rispondono al fuoco svuotando i caricatori. Un pandemonio. Si sparano addosso per cinque minuti e nessuno dei contendenti viene colpito. Un proiettile vagante uccide pero' un povero ragazzo che passava di lì.
Per motivi di parita' sessuale avevano dato la mitraglietta all’unica ragazza del gruppo. Che sparando un’ultima raffica colpisce la gamba di un compagno, che peraltro pare fosse anche il suo fidanzato. Il che ha fatto sorgere varie congetture.
Il nucleo si ritira trascinandosi dietro il ferito che perde sangue dalla gamba crivellata. Da una cabina telefonica chiamano il numero di emergenza per avere l’indirizzo del pronto soccorso clandestino. Risponde un dirigente di Prima Linea che a fatica ammette che hanno mentito: non esiste nessun pronto soccorso clandestino. Allora quelli del nucleo di fuoco dicono: “Ok, veniamo lì e vi ammazziamo tutti.” Il ferito intanto rischia di morire. Mentre loro si dirigono verso il covo della direzione, quelli cercano un medico per evitare di essere giustiziati come traditori bastardi. Riescono a contattare quelli di Rosso che il pronto soccorso mobile ce l’aveva veramente. Parte un’auto da Milano. Arrivano a Torino e improvvisano una sala operatoria. Hanno una macchina per le radiografie. Ma e' del tipo che usano i dentisti. Così devono fare 30 radiografie di 4 centimetri per 4 e attaccarle con il nastro adesivo per avere il quadro di tutta la gamba. Ovviamente sbagliano un paio di cose e il ferito poi restera' zoppo.
Negli anni scoprii anche che la nostra controinformazione raccontava parecchie balle. Ad esempio, Potere Operaio nel 1973, convinse tutti che i suoi militanti non erano colpevoli dell’incendio nel quale morirono i fratelli Stefano e Virgilio Mattei, Stefano era un bimbo di otto anni. Così, nel 1974, mi trovai a realizzare un libro a fumetti nel quale si sosteneva, tra l’altro, la versione di Potere Operaio, che fu accettata subito da tutto il Movimento (solo recentemente gli autori di quel crimine hanno confessato…).
Sarebbe stato per noi inconcepibile scoprire che dei compagni erano responsabili della morte di un bambino. Ma era proprio così.
Spero che queste storie possano far riflettere qualche giovane black bloc su quel che sta facendo.
Penso che in mezzo ai ragazzi che distruggono le vetrine e incendiano le auto oggi non ci siano solo provocatori… ci siano parecchi che agiscono in buona fede, convinti come lo eravamo noi, che passare alla violenza sia l’unico modo per reagire alle ingiustizie.
Raccontare qui le ragioni della scelta pacifista e dell’idea che con la violenza non si arriva mai a niente di buono sarebbe lungo (ho spiegato la mia conversione al pacifismo in un libro uscito nel 1980: “Come fare il comunismo senza farsi male”)
E forse a un ragazzo che e' caduto nella trappola della via militare a un mondo migliore, questi racconti sull’idiozia dei violenti possono far sorgere dubbi piu' di qualunque discorso teorico.
Come ho detto la mia fede nella lotta armata inizio' a vacillare quando mi resi conto che ero circondato da dementi (e forse anch’io non ero troppo lucido).
Quel che capii e' che la violenza e' fisiologicamente legata alla stupidita' e alla disonesta'. Sono le persone peggiori quelle che hanno piu' probabilita' di fare carriera e arrivare ai vertici di un’organizzazione militare segreta. Il crimine e' ovviamente parente della violenza: si attraggono. Chi e' senza scrupoli e' spesso piu' bravo a menar le mani. E i piu' coraggiosi nelle battaglie sovente sono solo i piu' cretini e incoscienti.
Al di la' delle ragioni strategiche e morali la violenza e' sempre sbagliata perche' puoi star certo che gli stupidi, i mediocri e i criminali prendono il sopravvento.
Non c’e' modo di evitarlo. E’ la natura della guerra.
Racconti analoghi me li faceva mio nonno Felice Fo sulla Resistenza. Lui era tenente del Cnl e dopo il 25 aprile del 1945, aveva autonomamente deciso di formare una squadra di partigiani che andavano a bloccare le esecuzioni sommarie che alcuni partigiani veri criminali e alcuni criminali falsi partigiani, stavano organizzando per regolare conti in sospeso o semplicemente per appropriarsi di denaro e altri beni. Arrivavano nei paesi sul lago Maggiore e armi alla mano si facevano consegnare i prigionieri. Liberavano quelli che evidentemente erano solo vittime di un crimine e quelli che avevano qualche reale responsabilita' li portavano in carcere perche' fossero processati. Salvo' parecchi fascisti come prima aveva salvato parecchi ebrei, portandoli clandestinamente in svizzera approfittando del fatto che era ferroviere.
La banalita' del bene…
E credo che sia un peccato che siano pochi i libri scritti dai reduci della fallita rivoluzione comunista italiana che raccontano la verita' dell’orrenda stupidita' militarista.
Anche a molti che si sono sinceramente ravveduti scoccia raccontare quant’eravamo coglioni e tragicamente ridicoli.
Così tralasciano i particolari imbarazzanti.
Io quindici anni fa decisi di raccontare una storia di quegli anni ben diversa da quelle che circolano. Insieme a Sergio Parini scrivemmo “1968. C’era una volta la rivoluzione” per Feltrinelli.
Se quanto ti ho detto non ti ha convinto e decidi che la guerriglia e' l’unica via per salvare il mondo, ti chiedo almeno di prefiggerti di farla bene. Se vuoi evitare di trovarti con una decina di pentiti che ti accusano di parecchi reati scegli molto attentamente i tuoi compagni di lotta.
Se un cretino di offre una pistola riflettici: se e' pirla non puoi fidarti.
Quindi se una persona ti sta offrendo una pistola prima di accettare chiediti se e' tra le persone migliori che conosci.
Se ti rifiuti di prendere una pistola dalle mani di un pirla non diventerai mai un terrorista. E’ un sistema infallibile.
PS
Due anni fa i giornali hanno pubblicato i nomi dei criminali che hanno rapito e seviziato mia madre.
Sinceramente ho passato un giorno intero a chiedermi se era il caso di prendere la macchina e andare ad ammazzarli uno per uno. Poi ho deciso di non farlo. Non e' stato facile. Io non perdono niente, solo trovo che ucciderli non cambierebbe nulla, non risarcirebbe in nessun modo mia madre per quello che ha patito. Non le darebbe nessuna soddisfazione se io le consegnassi il cuore di quegli esseri. Mia madre ha bisogno di un figlio che l’abbracci. I proiettili non danno la serenita'.
Mai.
(La vendetta comunista e' una stronzata.)
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