Arrivo un po' tardi, ma cito Gaber per dire la mia sui 150 anni dell'Unità d'Italia
io GG sono nato e vivo a milano
io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo
lo sono
mi scusi presidente
non e' per colpa mia
ma questa nostra patria
non so che cosa sia
puo' darsi che mi sbagli
che sia una bella idea
ma temo che diventi
una brutta poesia
mi scusi presidente
non sento un gran bisogno
dell'inno nazionale
di cui un po' mi vergogno
in quanto ai calciatori
non voglio giudicare
i nostri non lo sanno
o hanno piu' pudore
io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo
lo sono
mi scusi presidente
se arrivo all'impudenza
di dire che non sento
alcuna appartenenza
e tranne garibaldi
e altri eroi gloriosi
non vedo alcun motivo
per essere orgogliosi
mi scusi presidente
ma ho in mente il fanatismo
delle camicie nere
al tempo del fascismo
da cui un bel giorno nacque
questa democrazia
che a farle i complimenti
ci vuole fantasia
io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo
lo sono
questo bel paese
pieno di poesia
ha tante pretese
ma nel nostro mondo occidentale
e' la periferia
mi scusi presidente
ma questo nostro stato
che voi rappresentate
mi sembra un po' sfasciato
e' anche troppo chiaro
agli occhi della gente
che tutto e' calcolato
e non funziona niente
sara' che gli italiani
per lunga tradizione
son troppo appassionati
di ogni discussione
persino in parlamento
c'e' un'aria incadescente
si scannano su tutto
e poi non cambia niente
io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo
lo sono
mi scusi presidente
dovete convenire
che i limiti che abbiamo
ce li dobbiamo dire
a parte il disfattismo
noi siamo quel che siamo
e abbiamo anche un passato
che non dimentichiamo
mi scusi presidente
ma forse noi italiani
per gli altri siamo solo
spaghetti e mandolini
allora qui m'incazzo
son fiero e me ne vanto
gli spacco sulla faccia
cos'e' il rinascimento
io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo
lo sono
questo bel paese
forse poco saggio
ha le idee confuse ma
se fossi nato in altri luoghi
poteva andarmi peggio
mi scusi presidente
ormai ne ho dette tante
c'e' un'altra osservazione
che credo sia importante
rispetto agli stranieri
noi ci crediamo meno
ma forse abbiam capito
che il mondo e' un teatrino
mi scusi presidente
lo so che non gioite
se il grido italia italia
c'e' solo alle partite
ma un po' per non morire
o forse un po' per celia
abbiam fatto l'europa
facciamo anche l'italia
io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo
lo sono
io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo
per fortuna o purtroppo
per fortuna
per fortuna lo sono
martedì 19 luglio 2011
giovedì 14 luglio 2011
Cars 2
Ieri sono andato al cinema con la famglia, per la prima volta tutti assieme, e come da titolo abbiamo visto Cars 2.
Qui di seguito il mio commento visibile anche su Questa sera niente pop corn
Non male...
…questo seguito. Si vede volentieri, diverte e appasssiona.
Fare paragoni con il primo pero’ e’ impossibile. Sono due film assolutamente diversi.
La trama: nel primo era molto semplice con il classico gradasso che riscopre i valori dell’amicizia.
In questo c’e’ una spcie di spy-story troppo complessa per i più piccoli.
I significati: nel primo Saetta perdeva la piston cup per aiutare il re. Un messaggio molto positivo e originale: mai il protagonista ‘perde’. L’amicizia, la riscoperta dei valori semplici, l’affetto delle persone contrapposto alla fama.
In questo c’e’ solo un timido messaggio sul valore dell’amicizia e il non voler cambiare gli amici. I cattivi poi sono ‘i catorci’ che si vogliono vendicare delle macchine belle che li maltrattano. Alla fine crichetto tenta una mediazione spiegando che anche lui e’ un catorcio ma non bisogna prendersela, ma i cattivi decidono di restare cattivi. C’e’ anche il classico imbranato (crichetto) che riesce a risolvere le situazioni senza volere, alla fine però capisce di essere preso in giro da tutti e riesce davvero a risolvere la situazione!!!
Se però si pensa al film a se stante e’ una visione piacevolissima.
La realizzazione e’ fantastica. Bellissime le città riviste in modo ‘macchina’, i combattimenti, le citazioni da mille film di spionaggio. Il ritmo non cala mai, le trovate divertenti ci sono. Forse qualche novità in più da parte dei protagonisti ci poteva stare, tutti ripetono le stesse cose del primo: saetta e crichetto ribaltano i trattori (qui un super camion), fillmore è alternativo, sergente duro, ma dal cuore tenero, ramòn dipinge, Guido svita i bulloni in fretta….
lunedì 11 luglio 2011
De Mari e bimbi rom
Ancora lei la durissima De Mari, sempre interessante e un bellissimo articolo da il Fatto sui bambini rom
Le maestre con i letti (per i rom) in cantina
Aborto, contraccezione, sterminio sistematico del bambino elaborati nell'immaginario collettivo.la realtà dell'orco ultima parte
Le maestre con i letti (per i rom) in cantina
Cristina. È il nome che le torna sulle labbra più volte mentre racconta la sua esperienza di maestra milanese. Flaviana Robbiati ha appena tirato due o tre pugni nello stomaco al pubblico della Settimana Internazionale dei Diritti di Genova. È venuta qui con un’altra maestra milanese, Stefania Faggi. A spiegare perché le è stato impossibile voltarsi dall’altra parte mentre le ruspe distruggevano i campi nomadi dove abitava Cristina. Non voltarsi quando vengono calpestati diritti altrui dà, secondo la tradizione ebraica, diritto a quell’appellativo di “giusti” a cui è dedicata la rassegna genovese. Loro sono venute a rappresentare, con altri insegnanti, i “giusti nella scuola”.
“Lo sa lei che cosa vuol dire uno sgombero? Noi sì, l’abbiamo misurato attraverso i nostri alunni rom del Rubattino. Saranno catapecchie in lamiera, ma ognuna è per loro la propria casetta, capisce? Quando arrivano a tirar giù tutto fanno la conta a quintali della spazzatura. Ma quei rifiuti triturati sono pentole, cartelle, quaderni, giocattoli, guardi qui la foto di questa bambola decapitata. A Milano in tre anni hanno fatto 540 sgomberi. Il vicesindaco De Corato li festeggiava pure. Quando poi il cardinale Tettamanzi chiese di evitare di farli in inverno, di risparmiare la pioggia e la neve e il freddo a quelle creature, il sindaco rispose che la lotta per la legalità non conosceva stagioni. Bella legalità, che ammazza il senso di giustizia. Io dico che negli edifici dove si applica la legge c’è scritto ‘Palazzo di giustizia’, mica ‘Palazzo della legalità’. E di ingiustizie ne abbiamo viste. Sa, noi seguivamo attentamente le vicende del campo. Un mattino seppi che avevano fatto uno sgombero che era ancora buio. Allora spiegai tutto agli altri alunni, chiesi loro di non farlo pesare a Cristina. Cristina arrivò a scuola chiedendo che i compagni non sapessero nulla, con gli occhi bassi, per la vergogna di quel che le era successo. In classe furono bravissimi, perché per fortuna i compagni di scuola e le loro famiglie ci aiutavano molto a creare un clima di amicizia e la invitavano alle feste”.
Ha un viso lungo e scavato, Flaviana, gli occhiali dorati poggiati su un naso magro e impertinente. Stefania ha i capelli scuri, è solo all’apparenza più severa. “Quel giorno”, continuano, “quel 19 novembre, ci arrivarono a scuola alle quattro del pomeriggio tutti i genitori degli alunni rom del distretto, quasi una quarantina ne avevamo. E ci chiesero di aiutarli a dormire. Facemmo subito le telefonate, Sant’Egidio, la Casa della Carità, le parrocchie, e alla fine ne prendemmo qualcuno in casa nostra. Riuscimmo a sistemarli quasi tutti. Il fatto vero però è che questa guerra ai rom toglie a dei bambini un diritto elementare: quello di andare a scuola. È andare a scuola, secondo lei, doversi rifare i quaderni ogni mese, trovarsi senza casa decine di volte all’anno, perché questi sono i numeri di Cristina, oppure dovere cambiare otto scuole in un anno come è capitato a Samuel, o metterci due ore a piedi tra i campi ghiacciati, come è successo a Giulia che voleva restare nella sua classe? È andare a scuola con la serenità necessaria venire staccati come figurine dal padre o addirittura dalla madre a sei anni? Per questo noi diciamo che i bimbi rom sono bimbi come gli altri, ma contemporaneamente che sono un po’ meno bambini di tutti. Perché per loro vivere la normalità non è normale. Si sentono sempre in colpa. Vuole sapere la storia di Ulisse, che arrivò a scuola ricoperto di sputi? Era stato un signore dalla sua macchina. Appena lo ha visto, aveva tirato giù il finestrino e l’aveva trasformato in un bersaglio”.
Stefania e Flaviana, scuole diverse ma stesso circolo didattico, quello di via Pini, zona est della città, non si fermerebbero mai nel loro racconto. D’altronde se c’è qualcuno che ha presidiato le frontiere della civiltà nell’Italia ubriaca di pregiudizi e di razzismo sono loro. Loro che appena fiutavano l’aria di sgombero facevano lasciare le cartelle a scuola o preparavano materassi nelle loro cantine. “Ma lo sa che alcuni di questi bambini vivono perfino sotto terra? Pensi quanto è grottesco: li bocciano a volte per le troppe assenze, quando sono proprio gli sgomberi a catena che gli impediscono di venire a scuola. Eppure si impegnano, sa? Cristina sapeva solo il romans e il rumeno. Ora è andata a vivere in una casa in un altro paese, anche se i suoi compagni continuano a invitarla alle feste, ed è stata promossa in prima media quasi con la media dell’8. Ha studiato e imparato. Noi lo ripetiamo a ogni incontro: lasciarli analfabeti è come compiere una pulizia etnica. Perché se tu non sai la lingua non leggi neanche la medicina, non leggi la pagella di tuo figlio, resti letteralmente senza diritti. Che è la più grande povertà: non potere accedere ai diritti, non sapere nemmeno di averli. Per questo un giorno abbiamo scritto loro una lettera per rivederli l’anno dopo a scuola”. Dice così quella lettera: “Vi insegneremo mille parole, centomila parole, perché nessuno possa più annientare le vostre voci”.
“Se abbiamo dei progetti? Certo che li abbiamo. Borse-lavoro, progetti sanitari, la promozione anche del vino e del pane rom. Ma quali soldi, non abbiamo niente. Piuttosto, sa che cosa ci sembra un po’ orribile? Di essere diventate note perché difendevamo i bambini. Ma perché, non sta scritto ovunque che bisogna difenderli? E invece per qualcuno siamo un po’ uno scandalo. Ma come, si chiedono, come è possibile che della gente si voglia tenere gli zingari?”.
Il Fatto Quotidiano, 10 luglio 2011
Aborto, contraccezione, sterminio sistematico del bambino elaborati nell'immaginario collettivo.la realtà dell'orco ultima parte
Un nuovo genere o forse sarebbe più corretto dire una nuova sfumatura, per un genere da sempre esistito. Sto parlando della distopia, dell'antiutopia, della fantapolitica sociale, sempre più presente nella cosiddetta letteratura per ragazzi, che in realtà, non sarà mai ripetuto abbastanza, è una letteratura anche per ragazzi, perché qualcosa che è buono per un dodicenne lo è anche per un sessantenne, mentre non è valido il contrario. Possiamo assurgere come esempi: “Bambini nel bosco” di Beatrice Masini (Fanucci Editore), e “La dichiarazione” (Salani Editore). Sono tutte narrazioni che sottolineano il rischio delle nuove generazioni di ragazzi, di essere sterminati, dagli anziani. C'è una strana forma di mancanza d'amore, impedire la nascita. Nel 1968 c'è stata una straordinaria scoperta: la pillola anticoncezionale. Finalmente sessualità e riproduzione potevano essere separate. È stata la quarta volta, dopo vaccinazione, sulfamidici e antibiotici, in cui la classe medica ha avuto finalmente in mano qualcosa per contrastare il dolore del mondo. Fino a quel momento la natalità era stata controllata in epoca pre illuminista direttamente da madre natura con i due sistemi estremamente funzionali quanto atroci costituiti da una devastante mortalità infantile e un'altrettanto devastante mortalità materna da parto. In epoca post illuminista, diminuita fortemente la mortalità infantile, sono rimasti, mezzi incontrastati, l'aborto clandestino, oppure l'infanticidio sistematico. In ogni contrada agricola è esistito fino a mezzo secolo fa, il luogo maledetto, il campo particolare, il fosso che tutti conoscevano e di cui nessuno parlava dove minuscoli scheletri testimoniavano la dannata difficoltà di fare l'essere umano. Chiunque sia stato in Cina, soprattutto nei decenni precedenti gli ultimi anni del boom spesso ha notato l'agghiacciante presenza nei numerosi fossi, dentro la scarsa spazzatura, di piccoli corpi, minuscoli scheletri della razza umana. Separare la sessualità dalla riproduzione ha permesso la libertà sessuale, in molti casi si è trattato di vera libertà. Persone che facevano quello che veramente desideravano. In altri invece, si è trattato di un'imposizione di una sessualità di tipo maschile al sesso femminile. La sessualità maschile e la sessualità femminile sono diverse. I maschi hanno il testosterone che è dinamite, noi abbiamo gli estroprogestinici: robetta. Parliamoci chiaro: noi pensiamo al sesso tre volte al giorno quando abbiamo vent’anni due volte al giorno quando abbiamo trent’anni e dai quaranta in poi una volta su due abbiamo mal di testa. I maschi pensano al sesso tre volte all'ora. La diversa sessualità maschile e femminile è spiegabile con le ingiuste, cattive e poco disneyane leggi dell'evoluzione. La base dell'evoluzione è che ogni essere vivente cerchi di lasciare sul pianeta il maggior numero di discendenti, se tutti cercano di fare la stessa cosa i più bravi riusciranno a farla meglio, quindi quelli che rimarranno saranno i cromosomi più funzionali e l'evoluzione procede. Se un maschio riesce a fecondare un gran numero di femmine qualcuno dei suoi figli alla fine camperà e i suoi cromosomi si diffonderanno, al contrario, le femmine hanno maggiori probabilità di sopravvivenza, hanno maggiori probabilità di mettere al mondo una prole che diventi adulta se riescono a mettere le mani su un maschio che accetti per tutta la vita di dannarsi l'anima per mantenere loro e i bimbi. Un individuo di sesso maschile può vivere un comportamento promiscuo, una sessualità intercambiabile e superficiale come una vittoria per una femmina, al contrario, la promiscuità è un comportamento autoaggressivo, inoltre, è stato dato un significato folle al termine libertà sessuale dimenticando che libertà non vuol dire fare qualsiasi cosa ci venga in mente di fare nel momento in cui ci viene in mente, libertà è la capacità di assumersi la responsabilità di quel che si sta facendo. In tutta la storia dell'umanità dato che dalla sessualità potevano nascere dei figli essa era riservata all'età adulta. Alla pubertà perciò seguiva una “adolescenza” molto breve, per adolescenza si intende il periodo che va dalla pubertà all'età adulta, il periodo che va dall'infanzia alla pubertà è segnato dalla comparsa degli organi sessuali. Il passaggio dall'adolescenza all'età adulta era segnato da una specifico rito di passaggio: l'abbattimento della preda nella società cacciatrice, l'ingresso nel mondo del lavoro in quella post primitiva. Si diventava adulti a diciannove, venti, ventun anni al massimo prima degli ultimi cinquanta anni anche nella letteratura una persona di venti o ventidue anni viene definito un uomo o una donna. Oggi non ci sono più riti di passaggio, cioè la sessualità può essere fruita già nell'adolescenza, periodo in cui una persona non è adulta, non guadagna, non si assume responsabilità. Detto in parole molto povere se posso godere della sessualità già nell'adolescenza chi me lo fa fare di diventare adulto ? Sono un ragazzo di trentanove anni è una frase paradigmatica squisitamente postmoderna. E torniamo alle fanciulle, la libertà è difficile e soprattutto presuppone la capacità di rifiutare. Molte ragazze non ce l'hanno. A molte ragazze non è stato insegnato che possono dire no. Dire no è una capacità complessa che presuppone:
a) fede in se stessi,
b) fede nel fatto che gli altri continueranno ad amarci anche se abbiamo detto no,
c) fede nel fatto che se per caso qualcuno smetterà di amarci perché abbiamo detto no quel qualcuno era un tale cialtrone che levarselo di torno è stato un affare.
Molte ragazze non sanno di poter rifiutare si tratta di ragazze con forti tratti autoaggressivi spesso riconoscibili per l'eccessivo numero di piercing o per il colore eccessivamente bizzarro dei capelli, caratteristiche quasi sempre correlate ad un flirt più o meno manifesto con disturbi alimentari, la cosiddetta libertà sessuale, per queste ragazze, vuol dire semplicemente lasciarsi imporre una sessualità promiscua ed anaffettiva di tipo maschile. Perché la libido delle femmine è più piccola di quella dei maschi? È ovvio notare che la libido delle femmine aumenta in quelle che hanno più testosterone: il testosterone alto in una donna dà una forte muscolatura, una notevole libido, ed una accentuata peluria, molto accentuata peluria, beh sì insomma: i baffi. Da qui il mitico donna baffuta sempre piaciuta: finalmente ci si divertiva un po'. Donna baffuta sempre piaciuta ha anche il suo corrispondente letterario: Madame Bovary è descritta con un'importante peluria sul labbro superiore e lo stesso vale in Guerra e pace per la moglie del Principe Andreij. La bella Rosina, moglie morganatica di Vittorio Emanuele II ci guarda dalle foto con la sua indubbia peluria sul labbro superiore, mentre le Madonne di Raffaello hanno un atteggiamento endocrinologico tipicamente iperestrogenico: pelle liscia, muscolatura poco accentuata, grasso corporeo ben rappresentato. Istinto materno molto forte. Le donne hanno dannatamente forte l'istinto materno, chi ha gli estroprogestinici gioca con le bambole e vuole mettere al mondo dei figli. Le donne hanno una sessualità meno esplosiva di quella dei maschi proprio perché è fondamentale che restino fredde davanti ad una sessualità maschile e “concedano” il proprio corpo solo nei casi in cui la gravidanza può essere un'ipotesi accettabile, dove cioè l'uomo abbia dato manifestazioni d'amore talmente importanti o talmente ufficiali che si può prendere per certo che si darà da fare, si dannerà l'anima, distruggerà la propria salute perché il frutto del concepimento possa sopravvivere e diventare persona. La libertà sessuale apparentemente è stata un dono incredibile per le donne, la libertà sessuale è un dono incredibile quando significa appunto libertà: di scegliere, di dire di no, di dire di sì, dove questo manchi invece è diventata una trappola, sono sempre più numerose le donne che permettono che il proprio istinto materno sia azzittito o dimenticato, che permettono che la propria sessualità sia sistematicamente profanata in una sistematica promiscuità ed anaffettività, sono sempre più numerose le donne che sperperano al loro sessualità e la loro vita. È sempre più rimandato il momento della maternità. Faccio parte degli individui, ed eravamo un esercito, la cui presenza sul pianeta è stata accolta da un “ma porca miseria eppure avevamo fatto attenzione”. I nostri genitori non ci avrebbero voluto o forse sarebbe più corretto dire che non sapevano di volerci, perché poi quando ci siamo stati ci hanno appassionatamente amato, ci hanno protetto, sono stati felici della nostra presenza. Ora la maternità consapevole ci permette di far nascere un bambino solo al momento giusto. Il momento perfetto. Ma quando è il momento giusto? In tutti i casi noi, infinito esercito dei bambini accidentali e imperfetti, oggi non potremmo più nascere.
sdm
segue
Le maestre con i letti (per i rom) in cantina
Aborto, contraccezione, sterminio sistematico del bambino elaborati nell'immaginario collettivo.la realtà dell'orco ultima parte
Le maestre con i letti (per i rom) in cantina
Cristina. È il nome che le torna sulle labbra più volte mentre racconta la sua esperienza di maestra milanese. Flaviana Robbiati ha appena tirato due o tre pugni nello stomaco al pubblico della Settimana Internazionale dei Diritti di Genova. È venuta qui con un’altra maestra milanese, Stefania Faggi. A spiegare perché le è stato impossibile voltarsi dall’altra parte mentre le ruspe distruggevano i campi nomadi dove abitava Cristina. Non voltarsi quando vengono calpestati diritti altrui dà, secondo la tradizione ebraica, diritto a quell’appellativo di “giusti” a cui è dedicata la rassegna genovese. Loro sono venute a rappresentare, con altri insegnanti, i “giusti nella scuola”.
“Lo sa lei che cosa vuol dire uno sgombero? Noi sì, l’abbiamo misurato attraverso i nostri alunni rom del Rubattino. Saranno catapecchie in lamiera, ma ognuna è per loro la propria casetta, capisce? Quando arrivano a tirar giù tutto fanno la conta a quintali della spazzatura. Ma quei rifiuti triturati sono pentole, cartelle, quaderni, giocattoli, guardi qui la foto di questa bambola decapitata. A Milano in tre anni hanno fatto 540 sgomberi. Il vicesindaco De Corato li festeggiava pure. Quando poi il cardinale Tettamanzi chiese di evitare di farli in inverno, di risparmiare la pioggia e la neve e il freddo a quelle creature, il sindaco rispose che la lotta per la legalità non conosceva stagioni. Bella legalità, che ammazza il senso di giustizia. Io dico che negli edifici dove si applica la legge c’è scritto ‘Palazzo di giustizia’, mica ‘Palazzo della legalità’. E di ingiustizie ne abbiamo viste. Sa, noi seguivamo attentamente le vicende del campo. Un mattino seppi che avevano fatto uno sgombero che era ancora buio. Allora spiegai tutto agli altri alunni, chiesi loro di non farlo pesare a Cristina. Cristina arrivò a scuola chiedendo che i compagni non sapessero nulla, con gli occhi bassi, per la vergogna di quel che le era successo. In classe furono bravissimi, perché per fortuna i compagni di scuola e le loro famiglie ci aiutavano molto a creare un clima di amicizia e la invitavano alle feste”.
Ha un viso lungo e scavato, Flaviana, gli occhiali dorati poggiati su un naso magro e impertinente. Stefania ha i capelli scuri, è solo all’apparenza più severa. “Quel giorno”, continuano, “quel 19 novembre, ci arrivarono a scuola alle quattro del pomeriggio tutti i genitori degli alunni rom del distretto, quasi una quarantina ne avevamo. E ci chiesero di aiutarli a dormire. Facemmo subito le telefonate, Sant’Egidio, la Casa della Carità, le parrocchie, e alla fine ne prendemmo qualcuno in casa nostra. Riuscimmo a sistemarli quasi tutti. Il fatto vero però è che questa guerra ai rom toglie a dei bambini un diritto elementare: quello di andare a scuola. È andare a scuola, secondo lei, doversi rifare i quaderni ogni mese, trovarsi senza casa decine di volte all’anno, perché questi sono i numeri di Cristina, oppure dovere cambiare otto scuole in un anno come è capitato a Samuel, o metterci due ore a piedi tra i campi ghiacciati, come è successo a Giulia che voleva restare nella sua classe? È andare a scuola con la serenità necessaria venire staccati come figurine dal padre o addirittura dalla madre a sei anni? Per questo noi diciamo che i bimbi rom sono bimbi come gli altri, ma contemporaneamente che sono un po’ meno bambini di tutti. Perché per loro vivere la normalità non è normale. Si sentono sempre in colpa. Vuole sapere la storia di Ulisse, che arrivò a scuola ricoperto di sputi? Era stato un signore dalla sua macchina. Appena lo ha visto, aveva tirato giù il finestrino e l’aveva trasformato in un bersaglio”.
Stefania e Flaviana, scuole diverse ma stesso circolo didattico, quello di via Pini, zona est della città, non si fermerebbero mai nel loro racconto. D’altronde se c’è qualcuno che ha presidiato le frontiere della civiltà nell’Italia ubriaca di pregiudizi e di razzismo sono loro. Loro che appena fiutavano l’aria di sgombero facevano lasciare le cartelle a scuola o preparavano materassi nelle loro cantine. “Ma lo sa che alcuni di questi bambini vivono perfino sotto terra? Pensi quanto è grottesco: li bocciano a volte per le troppe assenze, quando sono proprio gli sgomberi a catena che gli impediscono di venire a scuola. Eppure si impegnano, sa? Cristina sapeva solo il romans e il rumeno. Ora è andata a vivere in una casa in un altro paese, anche se i suoi compagni continuano a invitarla alle feste, ed è stata promossa in prima media quasi con la media dell’8. Ha studiato e imparato. Noi lo ripetiamo a ogni incontro: lasciarli analfabeti è come compiere una pulizia etnica. Perché se tu non sai la lingua non leggi neanche la medicina, non leggi la pagella di tuo figlio, resti letteralmente senza diritti. Che è la più grande povertà: non potere accedere ai diritti, non sapere nemmeno di averli. Per questo un giorno abbiamo scritto loro una lettera per rivederli l’anno dopo a scuola”. Dice così quella lettera: “Vi insegneremo mille parole, centomila parole, perché nessuno possa più annientare le vostre voci”.
“Se abbiamo dei progetti? Certo che li abbiamo. Borse-lavoro, progetti sanitari, la promozione anche del vino e del pane rom. Ma quali soldi, non abbiamo niente. Piuttosto, sa che cosa ci sembra un po’ orribile? Di essere diventate note perché difendevamo i bambini. Ma perché, non sta scritto ovunque che bisogna difenderli? E invece per qualcuno siamo un po’ uno scandalo. Ma come, si chiedono, come è possibile che della gente si voglia tenere gli zingari?”.
Il Fatto Quotidiano, 10 luglio 2011
Aborto, contraccezione, sterminio sistematico del bambino elaborati nell'immaginario collettivo.la realtà dell'orco ultima parte
Un nuovo genere o forse sarebbe più corretto dire una nuova sfumatura, per un genere da sempre esistito. Sto parlando della distopia, dell'antiutopia, della fantapolitica sociale, sempre più presente nella cosiddetta letteratura per ragazzi, che in realtà, non sarà mai ripetuto abbastanza, è una letteratura anche per ragazzi, perché qualcosa che è buono per un dodicenne lo è anche per un sessantenne, mentre non è valido il contrario. Possiamo assurgere come esempi: “Bambini nel bosco” di Beatrice Masini (Fanucci Editore), e “La dichiarazione” (Salani Editore). Sono tutte narrazioni che sottolineano il rischio delle nuove generazioni di ragazzi, di essere sterminati, dagli anziani. C'è una strana forma di mancanza d'amore, impedire la nascita. Nel 1968 c'è stata una straordinaria scoperta: la pillola anticoncezionale. Finalmente sessualità e riproduzione potevano essere separate. È stata la quarta volta, dopo vaccinazione, sulfamidici e antibiotici, in cui la classe medica ha avuto finalmente in mano qualcosa per contrastare il dolore del mondo. Fino a quel momento la natalità era stata controllata in epoca pre illuminista direttamente da madre natura con i due sistemi estremamente funzionali quanto atroci costituiti da una devastante mortalità infantile e un'altrettanto devastante mortalità materna da parto. In epoca post illuminista, diminuita fortemente la mortalità infantile, sono rimasti, mezzi incontrastati, l'aborto clandestino, oppure l'infanticidio sistematico. In ogni contrada agricola è esistito fino a mezzo secolo fa, il luogo maledetto, il campo particolare, il fosso che tutti conoscevano e di cui nessuno parlava dove minuscoli scheletri testimoniavano la dannata difficoltà di fare l'essere umano. Chiunque sia stato in Cina, soprattutto nei decenni precedenti gli ultimi anni del boom spesso ha notato l'agghiacciante presenza nei numerosi fossi, dentro la scarsa spazzatura, di piccoli corpi, minuscoli scheletri della razza umana. Separare la sessualità dalla riproduzione ha permesso la libertà sessuale, in molti casi si è trattato di vera libertà. Persone che facevano quello che veramente desideravano. In altri invece, si è trattato di un'imposizione di una sessualità di tipo maschile al sesso femminile. La sessualità maschile e la sessualità femminile sono diverse. I maschi hanno il testosterone che è dinamite, noi abbiamo gli estroprogestinici: robetta. Parliamoci chiaro: noi pensiamo al sesso tre volte al giorno quando abbiamo vent’anni due volte al giorno quando abbiamo trent’anni e dai quaranta in poi una volta su due abbiamo mal di testa. I maschi pensano al sesso tre volte all'ora. La diversa sessualità maschile e femminile è spiegabile con le ingiuste, cattive e poco disneyane leggi dell'evoluzione. La base dell'evoluzione è che ogni essere vivente cerchi di lasciare sul pianeta il maggior numero di discendenti, se tutti cercano di fare la stessa cosa i più bravi riusciranno a farla meglio, quindi quelli che rimarranno saranno i cromosomi più funzionali e l'evoluzione procede. Se un maschio riesce a fecondare un gran numero di femmine qualcuno dei suoi figli alla fine camperà e i suoi cromosomi si diffonderanno, al contrario, le femmine hanno maggiori probabilità di sopravvivenza, hanno maggiori probabilità di mettere al mondo una prole che diventi adulta se riescono a mettere le mani su un maschio che accetti per tutta la vita di dannarsi l'anima per mantenere loro e i bimbi. Un individuo di sesso maschile può vivere un comportamento promiscuo, una sessualità intercambiabile e superficiale come una vittoria per una femmina, al contrario, la promiscuità è un comportamento autoaggressivo, inoltre, è stato dato un significato folle al termine libertà sessuale dimenticando che libertà non vuol dire fare qualsiasi cosa ci venga in mente di fare nel momento in cui ci viene in mente, libertà è la capacità di assumersi la responsabilità di quel che si sta facendo. In tutta la storia dell'umanità dato che dalla sessualità potevano nascere dei figli essa era riservata all'età adulta. Alla pubertà perciò seguiva una “adolescenza” molto breve, per adolescenza si intende il periodo che va dalla pubertà all'età adulta, il periodo che va dall'infanzia alla pubertà è segnato dalla comparsa degli organi sessuali. Il passaggio dall'adolescenza all'età adulta era segnato da una specifico rito di passaggio: l'abbattimento della preda nella società cacciatrice, l'ingresso nel mondo del lavoro in quella post primitiva. Si diventava adulti a diciannove, venti, ventun anni al massimo prima degli ultimi cinquanta anni anche nella letteratura una persona di venti o ventidue anni viene definito un uomo o una donna. Oggi non ci sono più riti di passaggio, cioè la sessualità può essere fruita già nell'adolescenza, periodo in cui una persona non è adulta, non guadagna, non si assume responsabilità. Detto in parole molto povere se posso godere della sessualità già nell'adolescenza chi me lo fa fare di diventare adulto ? Sono un ragazzo di trentanove anni è una frase paradigmatica squisitamente postmoderna. E torniamo alle fanciulle, la libertà è difficile e soprattutto presuppone la capacità di rifiutare. Molte ragazze non ce l'hanno. A molte ragazze non è stato insegnato che possono dire no. Dire no è una capacità complessa che presuppone:
a) fede in se stessi,
b) fede nel fatto che gli altri continueranno ad amarci anche se abbiamo detto no,
c) fede nel fatto che se per caso qualcuno smetterà di amarci perché abbiamo detto no quel qualcuno era un tale cialtrone che levarselo di torno è stato un affare.
Molte ragazze non sanno di poter rifiutare si tratta di ragazze con forti tratti autoaggressivi spesso riconoscibili per l'eccessivo numero di piercing o per il colore eccessivamente bizzarro dei capelli, caratteristiche quasi sempre correlate ad un flirt più o meno manifesto con disturbi alimentari, la cosiddetta libertà sessuale, per queste ragazze, vuol dire semplicemente lasciarsi imporre una sessualità promiscua ed anaffettiva di tipo maschile. Perché la libido delle femmine è più piccola di quella dei maschi? È ovvio notare che la libido delle femmine aumenta in quelle che hanno più testosterone: il testosterone alto in una donna dà una forte muscolatura, una notevole libido, ed una accentuata peluria, molto accentuata peluria, beh sì insomma: i baffi. Da qui il mitico donna baffuta sempre piaciuta: finalmente ci si divertiva un po'. Donna baffuta sempre piaciuta ha anche il suo corrispondente letterario: Madame Bovary è descritta con un'importante peluria sul labbro superiore e lo stesso vale in Guerra e pace per la moglie del Principe Andreij. La bella Rosina, moglie morganatica di Vittorio Emanuele II ci guarda dalle foto con la sua indubbia peluria sul labbro superiore, mentre le Madonne di Raffaello hanno un atteggiamento endocrinologico tipicamente iperestrogenico: pelle liscia, muscolatura poco accentuata, grasso corporeo ben rappresentato. Istinto materno molto forte. Le donne hanno dannatamente forte l'istinto materno, chi ha gli estroprogestinici gioca con le bambole e vuole mettere al mondo dei figli. Le donne hanno una sessualità meno esplosiva di quella dei maschi proprio perché è fondamentale che restino fredde davanti ad una sessualità maschile e “concedano” il proprio corpo solo nei casi in cui la gravidanza può essere un'ipotesi accettabile, dove cioè l'uomo abbia dato manifestazioni d'amore talmente importanti o talmente ufficiali che si può prendere per certo che si darà da fare, si dannerà l'anima, distruggerà la propria salute perché il frutto del concepimento possa sopravvivere e diventare persona. La libertà sessuale apparentemente è stata un dono incredibile per le donne, la libertà sessuale è un dono incredibile quando significa appunto libertà: di scegliere, di dire di no, di dire di sì, dove questo manchi invece è diventata una trappola, sono sempre più numerose le donne che permettono che il proprio istinto materno sia azzittito o dimenticato, che permettono che la propria sessualità sia sistematicamente profanata in una sistematica promiscuità ed anaffettività, sono sempre più numerose le donne che sperperano al loro sessualità e la loro vita. È sempre più rimandato il momento della maternità. Faccio parte degli individui, ed eravamo un esercito, la cui presenza sul pianeta è stata accolta da un “ma porca miseria eppure avevamo fatto attenzione”. I nostri genitori non ci avrebbero voluto o forse sarebbe più corretto dire che non sapevano di volerci, perché poi quando ci siamo stati ci hanno appassionatamente amato, ci hanno protetto, sono stati felici della nostra presenza. Ora la maternità consapevole ci permette di far nascere un bambino solo al momento giusto. Il momento perfetto. Ma quando è il momento giusto? In tutti i casi noi, infinito esercito dei bambini accidentali e imperfetti, oggi non potremmo più nascere.
sdm
segue
venerdì 8 luglio 2011
Province
Linko due articoli opposti sul tema Abolizione delle provincie
Le Province, suicidio del Pd
I venti viceré
Sono di due persone di cui condivido spesso le idee: Leonardo e Jacopo Fo.
Questa volta sono in disaccordo fra loro.
La posizione di Jacopo mi pare più politica, rimprovera al PD di non aver votato contro il governo più che entrare nel merito delle province. Leonardo invece spiega perchè l'abolizione delle province gli paia una proposta assurda.
Io sono dubbioso.
Sarà che mia moglie ci lavora in provincia, ma abolirle mi pare un po' demagogico. Risolvere i problemi tagliando non mi pare utile. Occorre limitare gli sprechi, ma i dipendenti delle province dove li mettiamo? Verranno forse assorbiti da altre strutture pubbliche e si eviteranno sprechi, forse.
Le provincie poi, come ben spiega Leonardo, hanno delle competenze specifiche difficili da spostare su altri enti.
La macchina della burocrazia statale spreca molti soldi, lo sappiamo bene, ma la soluzione è la razionalizzazione delle spese, non il taglio. Come adesso vuol fare Brunetta, licenziare i dipendenti pubblici. Ma che soluzione è avere della gente disoccupata?
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