E io ti ho sollevata figlia per vederlo megilo, io che non parto e sto a guardarti finche' rimango sveglio R.Vecchioni - Stranamore Appartengono alla letteratura tutti i libri che si possono leggere due volte. Nicolás Gómez Dávila Anche un orologio rotto segna l'ora giusta due volte al giorno N.N. Ho una collezione di conchiglie immensa. La tengo sparsa per le spiagge di tutto il mondo. Steven Wright Mettere in ordine la casa mentre i tuoi figli sono ancora piccoli è come spalare il viale prima che smetta di nevicare. Phyllis Diller Le mie opinioni possono essere cambiate, ma non il fatto che ho ragione Ashleigh Brillant Non voglio raggiungere l'immortalità con il mio lavoro. Voglio arrivarci non morendo Woody Allen Non temere che la fine del mondo arrivi oggi. In Australia è già domani Charles Schultz Prima vennero per i comunisti, e io non dissi nulla perché non ero comunista. Poi vennero per i socialdemocratici io non dissi nulla perché non ero socialdemocratico Poi vennero per i sindacalisti, e io non dissi nulla perché non ero sindacalista. Poi vennero per gli ebrei, e io non dissi nulla perché non ero ebreo. Poi vennero a prendere me. E non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa. Martin Niemöller I vescovi cubani a Roma, striscione in piazza San Pietro: Dio c'e' guevara Fiorello Baldini - Viva Radio 2 Senti che fuori piove, senti che bel rumore V. Rossi - Sally La Terra possiede risorse sufficienti per provvedere ai bisogni di tutti, ma non all’avidita’ di alcuni. Ghandi Sei cattivo? Mangia le cipolle Gioia "Come... Come ho fatto ad arrivare qui?" "Ci vorrebbe un altro terrestre per spiegarlo. I terrestri sono bravissimi a spiegare le cose, a dire perchè questo fatto è strutturato in questo modo, o come si possono provocare o evitare altri eventi. Io sono un talfamadoriano, e vedo tutto il tempo come lei potrebbe vedere un tratto delle Montagne Rocciose. Tutto il tempo è tutto il tempo. Non cambia. Non si presta ad avvenimenti o spiegazioni. E' e basta. Lo prenda momento per momento, e vedrà che siamo tutti, come ho detto prima, insetti nell'ambra." "Lei mi ha l'aria di non credere nel libero arbitrio" disse Billy Pilgrim Kurt Vonnegut - Mattatoio N. 5 Gli aerei americani, pieni di fori e di feriti e di cadaveri decollavano all'indietro da un campo di aviazione in Inghilterra. Quando furono sopra la Francia, alcuni caccia tedeschi li raggiunsero, sempre volando all'indietro, e succhiarono proiettili e schegge da alcuni degli aerei e degli aviatori. Fecero lo stesso con alcuni bombardieri americani distrutti, che erano a terra e poi decollarono all'indietro, per unirsi alla formazione. Lo stormo, volando all'indietro, sorvolò una città tedesca in fiamme. I bombardieri aprirono i portelli del vano bombe, esercitarono un miracoloso magnetismo che ridusse gli incendi e li raccolse in recipienti cilindrici d'acciaio, e sollevarono questi recipienti fino a farli sparire nel ventre degli aerei. I contenitori furono sistemati ordinatamente su alcune rastrelliere. Anche i tedeschi, là sotto, avevano degli strumenti portentosi, costituiti da lunghi tubi d'acciaio. Li usavano per succhiare altri frammenti dagli aviatori e dagli aerei. Ma c'erano ancora degli americani feriti, e qualche bombardiere era gravemente danneggiato. Sopra la Francia, però, i caccia tedeschi tornarono ad alzarsi e rimisero tutto a nuovo. Quando i bombardieri tornarono alla base, i cilindri d'acciaio furono tolti dalle rastrelliere e rimandati negli Stati Uniti, dove c'erano degli stabilimenti impegnati giorno e notte a smantellarli, a separarne il pericoloso contenuto e a riportarlo allo stato di minerale. Cosa commovente, erano soprattutto donne a fare questo lavoro. I minerali venivano poi spediti a specialisti in zone remote. Là dovevano rimetterli nel terreno e nasconderli per bene in modo che non potessero mai più fare male a nessuno. Kurt Vonnegut - Mattatoio N. 5 La violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci I. Asimov - Salvor Hardin, Foundation Col. Kurtz: Lei e’ un assassino? Cap. Willard: Sono un soldato. Col. Kurtz: Ne’ l' uno ne’ l' altro. Lei e’ un garzone di bottega che e’ stato mandato dal droghiere a incassare i debiti sospesi Apocalypse Now Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi diro’ che, nel vostro senso io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati ed oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri. don Milani La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza G. Orwell - 1984 Purtroppo, oggi, sul palcoscenico del mondo noi occidentali siamo insieme i soli protagonisti ed i soli spettatori, e così, attraverso le nostre televisioni ed i nostri giornali, non ascoltiamo che le nostre ragioni, non proviamo che il nostro dolore Tiziano Terzani La religione non e' verita', la verita' e' religione Ghandi Avete notato che tutti coloro che sono a favore del controllo delle nascite sono gia' nati? Benny Hill E risuona il mio barbarico yawp sui tetti del mondo W. Wytman - Leaves of grass C'è chi sale e c'è chi scende e c'è chi, come me, sta sdraiato in mezzo a una strada N.N Sono rimasto con un pugno di mosche morte in mano Steve I believe in God And I believe that God Believes in Claude Hair - Manchester England England Come ti senti ragazzo? Cattivo e figlio di puttana signore! Apocalypse now Dio interamente si fece uomo, ma uomo fino all'infamia, uomo fino alla dannazione e all'abisso. Per salvarci, avrebbe potuto scegliere uno qualunque dei destini che tramano la perplessa rete della storia; avrebbe potuto essere Alessandro o Pitagora o Rurik o Gesù; scelse un destino infimo: fu Giuda J.L. Borges - Finzioni: Tre versioni di Giuda Poi riflettei che ogni cosa, a ogniuno, accade precisamente, precisamente ora. secoli e secoli, e solo nel presente accadono i fatti; innumerevoli uomini nell'aria, sulla terra e sul mare, etutto ciò che arealmete accade, accade a me J.L. Borges - Finzioni: Il giardino dei sentieri che si biforcano Richy: Ho preso 8 nel compito di francese, per questo ho studiato tutta notte Potsy: Io invece sono andato male, ma ho dormito benissimo Happy days Egoista, certo, perchè no, perchè non dovrei esserlo, quando c'ho il mal di stomaco con chi potrei condividerlo? V. Rossi - Cosa succede in città Gli uomini di Bologna sono i più gentili, mordaci e dabbene di tutta Italia, per cui anche avendoli amici, e amici di tutita prova, bisogna permetter loro di dir male e di prendersi beffe di voi, almeno un paio di volte al mese. Senza questo sfogo creperebbero; voi ne perdereste degli amici servizievoli e devoti, ed il mondo degli spiritni allegri e frizzanti. Quanto alle donne sono le più liete e disimpacciate che si possono desiderare.... I. Nievo - Le memorie di un ottuagenario Umano è quello che fannno gli uomini Soprannaturale è quello che fanno i santi No Umano è quello che fai tu Soprannaturale è quello che dovresti fare tu Kyra Bene, voi lo spate quanto me, le ragazze non sono realmente morali. Sa il cielo che noi abbiamo abbastanza nella testa per riuscire ad essere a un tempo queste due difficili cose: pratiche e romantiche. Sono assolutamente certa che non è mai vissuta una sola ragazza in possesso di una vera coscienza. I ragazzi hanno una morale, le ragazze hanno canoni standard. Questa è pressapoco l'unica grande e profonda differenza che esiste fra ragazzi e ragazze. Forse ecco perchè tutte le grandi religioni le hanno inventate i ragazzi, mentre le ragazze, a quanto pare, non sono destinate a inventare altro di più bello delle lettere d'amore e delle liste della spesa! D.Grubb - Le voci di Glory La donna non è una fortezza da espugnare, ma un giardino in cui passeggiare Kyra Ciò che apparente non ha senso è un po' difficile da spiegare, ma forse solo perchè ha ragioni più profonde di ciò che apparentemente il senso ce l'ha M.di Franco - 54 giorni sulla cima del monte bianco Il prossimo sono quelle persone che Dio ha mandato sulla terra per ricordarci che siamo soli Frate indovino Sono cose che si possono perdonare ma non dimenticare Kyra Lontano è ciò che lo è e profondo il profondo chi lo può toccare? Ecclesiaste 7-24 NULLI SE DICIT MULIER MEA NUBERE MALLE QUAM MIHI NON SE JUPITER IPSE PETAT DICIT: SED MULIER CUPIDO QUOD DICIT AMANTI IN VENTO ET RAPIDA SCRIBERE OPORTET AQUA La mia donna dice che preferisce concedere il suo amore a me che a chiunque altro, anche se la richiedesse lo stesso Giove. Dice: ma ciò che una donna dice all'amante impazzito di amore è meglio scriverlo nel vento e nell'acqua che scorre Catullo - Poema 70 Dopo un viaggio lungo e duro sono come una corda sfibrata e logora. Mi siedo e mi intreccio con nuovi fili... restando immobile sogno e ricordo i consigli di mio padre e le parole dei canti e le grida di tutti gli uccelli. Non parlo perchè ogni parola è una fibra che si strappa. Nessuno mi può toccare perchè ogni contatto porta via un pezzo di me. Anche tu devi imparare a fare altrettanto. Impara a stare in silenzio. Tracciati attorno un cerchio e non permettere anassuno di entrarvi M. West - Il navigatore Mi dici di avere pochi amici ma buoni. La dichiarazione, sta pur certo, è per la massa e per i bambini. E' una dichiarazione che vale per tutti quelli che non possono imporsi all'ambiente che li circonda. Per te, uomo valoro, apostolo deciso, la consegna è quest'altra: molti amici e cattivi- uanti umoni "cattivi" devono tornare a Cristo per l'amicizia di un apostolo di Dio J.U. Loidi - Il valore divino dell'umano ...ma lei non capì cosa intendevo e io detesto spiegare una metafora. O mi si capisce oppure no. Non sono mica un'esegeta H. Boll - Opinioni di un clown Quello che sta fuori, a questo mondo ciascuno "sta fuori" rispetto agli altri, trova una cosa sempre peggiore o migliore di quello che ci sta dentro, sia la "cosa" felicitrà o infelicità, pena d'amore o "decadenza artistica" H. Boll - Opinioni di un clown il suo sguardo, al risveglio, è come un uccello che muore all'improvviso in pieno volo e precipita, precipita nell'iimensità delle disperazione H. Boll - Il treno era in orario "Senza di me non potresti più vivere?" "Si" risponde lui, e il suo cuore è così pesante che non ce la fa a ridere, e pensa: ora dovrei aggiungere perchè ti amo, il che sarebbe vero e non vero. Se lo dicessi dovrei baciarla, e sarebbe una menzogna, tutto sarebbe una menzogna, eppure potrei dire in piena coscienza: Ti amo, ma dovrei poi dare una lunga, lunga spiegazione, una spiegazione che non conosco ancora io stesso. Ecco ancora i suoi occhi, molto dolci e amorevoli e felici, il contrario degli occhi che ho tanto desiderato... che tanto desidero... e ancora una volta egli dice, guardando in fondo a quegli occhi: "Senza di te non potrei più vivere" e adesso sorride... H. Boll - Il treno era in orario Io le cose, forse, le vedo troppo oggettivamente in astratto e troppo soggettivamente in concreto Kyra Si può realizzare qualcosa di veramente serio con uomini che hanno paura dell'acqua fredda in una mattina d'inverno? J.U. Loidi - Il valore divino dell'umano ...ma non si è soli quando un altro ti ha lasciato, si è soli se qualcuno non è mai venuto R. Vecchioni - Ultimo spettacolo Je ne cherche pas. Je trouve N.N. VOCATUS ATQUE NON VOCATUS, DEUS ADERIT Chiamato o no (il) dio sarà presente M.West - Un mondo di vetro Je crie l'amour sur le mur N.N. Io vorrei rivederti per fare l'amore, non sognarti quando il sogno comincia a finire R.Vecchioni - Vorrei Ma anche nel peccato, l'atto dell'amore, compiuto con amore, si adombra della divinità M.West - L'avvocato del diavolo (Noi) trascendiamo dai limiti umani per svaporare nella sfera dell'infinito e dell'indefinito ORA CI CHIAMIAMO SPAZIO la luce della rivelazione dell'Uno ci ha resi non più uomini della terra, ma componenti peculiari dell'incommensurabile infinità dello spazio Kyra

mercoledì 31 dicembre 2008

Auguri


Ho usato il post numero 200 per parlare di Gaza :-(

Allora userò il 201 per fare a tutti gli auguri per il 2009

martedì 30 dicembre 2008

350 a 5


Questo il conto delle vittime palestinesi e israeliane.
La differenza mi pare evidente
, non voglio certo approvare il lancio di razzi su città indifese, ma rispondere a degli attacchi con poche conseguenze (nessun morto fino all'inizio delle ostilità) con l'operazione 'piombo fuso' ma pare davvero eccessivo.
Quello che mi da fastidio ancora una volta è la prepotenza dei violenti, l'impunita' dei potenti.
Nessuno che dica che quello che fa Israele e' un crimine di guerra, un genocidio e un crimine contro l'umanità, a parte qualche 'comunista' 'anti-semita'. I giornali, i politici, i potenti del mondo si affrettano a dire che Israele ha il diritto di difendersi, che "se lanciassero razzi sulla mia casa mi difenderei in tutti i modi" (Obama sigh!), che Hamas se l'e' cercata, certo la reazione e' stata un po' eccessiva, si chiede il cessate il fuoco, ma solo se Hamas smette di lanciare razzi.
E' chiaro che e' tutta propaganda e difesa di uno stato indifendibile. Perche' Israele e' intoccabile mentre l'Iraq era attaccabile? Perche' i palestinesi non hanno diritto ad una terra, dopo che la loro e' stata regalata gli ebrei dagli inglesi?
La situazione è molto complessa, 60 anni di guerra hanno reso le cose difficile da risolvere, ma appoggiare sempre indiscriminatamente Israele perche' e' l'avamposto dell'occidente in medio oriente e' criminale. Non si ottiene niente con la violenza, con l'oppressione, con la menzogna.
La Palestina ne e' la prova: 60 anni di guerra e siamo al punto di partenza, quanti attentati hanno fatto i terroristi e quante operazioni militari ha fatto l'esercito israeliano, quante intifade, quanti posti di blocco? e siamo sempre li'.
Sempre sangue, sempre morti, sempre oppressione e ingiustizia, sempre incertezza del furutro da entrambe le parti.
E allora basta!! basta armare i contendenti, basta appoggiare uno o l'altro sempre, basta rafforzare i violenti e affossare i pacifici! Due popoli, due stati. E soldi per far riprendere l'economia palestinese e sostenere Israele, ma con la condizione che non comprino armi, ma facciano scuole, strade, pozzi.
Non muri ma ponti!

lunedì 29 dicembre 2008

Afghanistan


Pagina 14 del quotidiano, e sul sito queste 2 righe

Afghanistan, quattordici bambini
uccisi in attentato davanti a scuola

KABUL - Sedici persone di cui quattordici bambini sono stati uccisi e 58 feriti in un attentato suicida nell'est dell'Afghanistan. Il bilancio è stato fatto dall'Isaf, la missione militare della Nato
(28 dicembre 2008)

Davvero ci sono persone di serie B, pensate se fosse successo in un paese occidentale, in Italia, negli USA, in Francia.

Scrive Giobbe Covatta nel suo libro L'incotinente bianco:

Buongiorno amici ascoltatori, apriamo questo radiogiornale con una notizia drammatica e raccapricciante, una di quelle notizie che nessun giornalista vorrebbe mai dover leggere nella sua vita.
Oggi in Italia sono morti 33.000 bambini tra zero e i dodici anni!
Messaggi di incredulità e cordoglio sono arrivati da tutto il mondop, mentre si moltiplicano le manifestazioni di lutto e solidarietà verso il nostro Paese, così duramente colpito.
E' stato deciso che per i prossimi trent'anni i telegernali non parleranno d'altro, e tutta la stampa dedicherà a questa tragedia la prima pagina per almeno quarant'anni.
La Con. Poet., la Confederazione dei Poeti, ha dichiarato che si poeterà su questo argomento per tutto il secolo............
Si è altresì stabilito che... Ma scusate un momento! Scusate, ma.. MA NO!!! Non è successo in Italia... è successo qui in Africa! E allora chissenefotte! Succede tutti i giorni, che cazzo di notizia è?
Scusateci per questo falso allarme, gentili ascoltatori, e passiamo subito alla prossima notizia...


aNobii colpisce ancora

4 libri ricevuti per Natale:
EVVIVA

mercoledì 24 dicembre 2008

Un vecchio cattolico integralista


Giovedì scorso alla scuola dell'infanzia Arcobaleno hanno fatto la recita di Natale. Bravissime le maestre che hanno organizzato il tutto: spettacolino con i bimbi vestiti da Babbo Natale, pupazzi di neve, alberi, renne, giocattoli ed elfi; canzoni cantate tutti in coro e, per i piu' grandi, recita della poesia. Dolcissimi i bimbi entusisati e calati nelle loro parti. Il tutto molto bello per i genitori e i nonni che riprendevano e scattavano fotografie.
E qui arriva il vecchio cattolico integralista: non sarebbe stato meglio fare una rappresentazione del Natale con pastori, re magi, Madonna, Giuseppe e bambin Gesù, asino e bue? Perchè, mi chiedo ancora, dobbiamo inventarci tradizioni che non esistono? Da dove viene Babbo Natale con renne e slitta volanti? e poi non erano gli gnomi ad aiutarlo? qui sono diventati gli elfi, e i pupazzi di neve gli regalano la sciarpa luminosa per vedere nella nebbia. Ma chi l'ha inventata questa cosa? Ma chi si sentirebbe offeso da una rappresentazione religiosa? chi non crede? e perchè? il Natale nasca da qui, dalla festa religiosa, è il ricordo della nascita di Cristo, ci si può credere o no ma questo è. Ci si trova a dover inventare delle tradizioni non nostre, ma neppure di nessun altro. Babbo Natale nasce come S.Nicola con i paramenti sacri da vescovo, diventa poi, grazie alla Coca Cola, il vecchio con barba bianca renne e slitta e colori bianco e rosso, perchè deve diventare il punto di riferimento delle nuove generazioni? ok non essere confessionali, ma tradizionali si. Ripeto che annullare le tradizioni religiose in nome della laicità è, secondo me, sbagliato, occorre integrarle, spiegarle, non imporle, ma nemmeno cancellarle. Occorre trovare valori condivisi, ma non serve inventarsi cose nuove.

Per un'analisi più seria e proveniente e proveniente da persona più competente rimando all'articolo di Franco Cardini apparso domenica scorsa su Avvenire
Dai presepi del meridione al nordico abete, teniamoci strette le nostre tradizioni più vive
A giudicare da certi partiti politici e da certa stampa, in Italia si sente un gran bisogno di radicamento, d’identità e di ritorno alle tradizioni più autentiche della nostra storia e della nostra gente. Splendida cosa, scelta opportuna, buona battaglia: purché non si esageri. Voglio dire due cose.
Primo: la tradizione non ha nulla a che vedere né con la pura e semplice conservazione, né con il pathos della nostalgia, né con archeologismi o folklorismi di sorta. La tradizione è un valore vivo, che muta e si arricchisce nel tempo. Essa è – come l’ha definita un grande musicista dell’Ottocento, Joseph Anton Bruckner – «memoria del fuoco, non culto delle ceneri». Il solo modo di esserle fedeli è reinventarla di continuo. Secondo: in un Paese come l’Italia, mosaico policentrico di culture reciprocamente collegate tra loro, ma tutte diverse, il vero centro della tradizione sta nel rapporto con la Chiesa cattolica e con le dimensioni comunitarie del sentimento e della pratica religiosa. Tutto il resto, a cominciare dalla lingua, è regionalistico o municipalistico; la stessa storia nazionale 'unitaria' è in gran parte un malinteso, per giunta troppo recente. Quando si parla dunque di tradizioni natalizie italiane, bisogna intendersi. Il presepio, ad esempio, è entrato profondamente nei nostri usi più cari: ma a partire dal Duecento, in seguito alla rivoluzione promossa da Francesco d’Assisi nel modo d’intendere, d’imitare e di amare Gesù nella sua nudità e debolezza. E soltanto a partire dal Sei-Settecento, a contatto con l’arte barocca e varie forme di artigianato locale, esso si è sviluppato raggiungendo risultati molto tipici e di grande qualità, ma molto diversi tra loro, soprattutto a Napoli, a Roma, nel Tirolo meridionale, in Garfagnana (Toscana del nord-ovest). L’albero di Natale, antica tradizione germanica (l’albero 'solare' del solstizio d’inverno) 'acculturata' nel cristianesimo luterano grazie a una leggenda che ne attribuisce l’origine a una visione di martin Lutero, sperduto in un bosco nella notte di Natale e salvato dal chiarore di luci apparse su un abete, è stato molto a lungo patrimonio del mondo evangelico nordeuropeo: solo lentamente è stato accettato prima dai cattolici tedeschi della Renania e dell’Austria-Baviera, quindi – non senza resistenze – dai cattolici non-tedeschi. Espungeremo pertanto l’abete carico di ornamenti colorati dall’italically correct, nel nome di una supposta «fedeltà alle tradizioni autentiche»?
Giammai: esso è ormai entrato nel nostro linguaggio tradizionale, si è certo universalizzato (si fanno alberi di natale anche a Shanghai) ma al tempo stesso ha fatto il suo ingresso anche in molte chiese. Lo si ricollega al Cristo Albero della Vita, al Cristo Asse del Mondo, e il suo carattere originariamente solare si collega agevolmente all’immagine del Cristo Sol Iustitiae. Esso è una prova evidente del fatto che le tradizioni sono qualcosa di vivo, in grado di sempre rinnovarsi. Del resto, in quanto festa invernale connessa con la fine dell’anno e quindi con quelle che nel mondo latino erano le libertates decembris – tempo di allegria, di scambio di doni e perfino di 'rovesciamento rituale dei ruoli' (l’episcopus puerorum, un fanciullo che per un giorno era simbolicamente a capo della diocesi; i padroni che per un giorno servivano a tavola gli schiavi e così via) –, il Natale conservava nella penisola italica, tramandati dalle origini pagane dei suoi popoli, alcuni residui di antichi culti vegetali. Uno di essi aveva a che fare appunto con un albero. In Toscana, durante le fatali 'dodici notti' tra il Natale e l’Epifania, doveva consumarsi lentamente sul focolare un 'ceppo', un grande tronco d’albero, al quale quando lo si accendeva si appoggiavano piccoli regali simbolici per tutta la famiglia. Il bruciare lento e costante del ceppo era di buon augurio per tutto l’anno, e dal suo scoppiettare si traevano vari auspici.
Così, ogni notte dell’intenso periodo liturgico era legata a un mese dell’anno.
E specialmente arcane erano le notti di Natale (o, in altre versioni, dell’Epifania), quando gli animali domestici parlavano e v’erano vari riti – connessi di solito col fuoco del camino o con le ceneri del focolare – per 'indovinare' il futuro.
Tutto un ampio settore del folklore natalizio, in quanto folklore di festa, riguardava il cibo. Consumare cibi carnei o dolci, ricchi di grasso o di zucchero, era di buon augurio. Nel giorno di Natale, in omaggio al Bambino che nasce, si privilegiavano i dolci, che sono alimento preferito appunto dai bambini: ma il cibo principale restava comunque l’alimento quotidiano ed eucaristico, il pane, che si arricchiva però di uvetta, noci, pinoli, frutta candita, uova e burro a seconda delle tradizioni (panettone lombardo, mandorlato piemontese, treccia veneta, pandolce ligure, buccellato lucchese, panpepato emiliano, parrozzo abruzzese e così via). Cibo natalizio tradizionale in Italia, ancora, il grande volatile arrosto o più spesso bollito, magari con l’aggiunta di salse (come le mostarde di frutta lombarde): forse un ricordo germanico, legato al consumo di cigni o di oche considerati animali 'solari' e quindi propri delle feste solstiziali. Ma tra Natale ed Epifania si compiva di solito anche l’annuo sacrificio dell’animale italico da carne per eccellenza, il maiale: e i bolliti di maiale accompagnati con piccoli legumi, le lenticchie (simbolo di prosperità in quanto la loro forma ricorda le monete), erano – e restano – obbligatori per Capodanno. Infine, fortissimo in tutta la penisola il culto dei 're' magi: specie in Lombardia e nell’arco alpino, dove la festa e le reliquie dei tre 'santi re' sono oggetto di venerazione particolare da quando, nel 1164, il cancelliere imperiale Rainaldo, arcivescovo di Colonia, trasferì i loro resti da Milano alla sua cattedrale sul Reno. Natale, Capodanno ed Epifania sono feste punteggiate di riti paraliturgici a carattere popolare, tra cui emergono le processioni come quelle 'della Stella', evidentemente dedicata ai magi, nell’arco alpino (celebre quella di Palù in provincia di Belluno), oppure le 'Pasquelle' e 'Befanate' dal Veneto alla Lucchesia alle Marche. Comunissime anche le 'Feste del Fuoco', grandi falò in evidente rapporto – ancora una volta – con il solstizio, ma che continuano nel nostro folklore fino ai roghi invernali purificatori di carnevale (il celebre 'Brucialavecchia'). Molti noti e suggestivi i 'Fuochi d’Inverno' sulle Alpi – a volte fiaccolate di sciatori –, i 'borielli' mantovani, i 'pignauri' udinesi e così via. Quel che il 'fuoco sacro' caccia è l’anno vecchio, con i suoi influssi malsani (le febbri invernali). Lo si vede bene a Poggio Catino presso Rieti, dove la notte di San Silvestro si celebra un grande veglione ch’è in realtà un rito esorcistico dell’anno vecchio.
Anche a Roma, il tempio del Sol Invictus è divenuto la chiesa di San Silvestro: e il rito solstiziale si è mutato nella celebrazione cristiane dell’Anno Nuovo. E il buon vecchio Babbo Natale, con i suoi abiti bianche e rossi e la barba candida?
È un travestimento di san Nicola, vescovo di Myra e di Bari, generoso portatore di doni che nel Nordeuropa ha mantenuto il suo ruolo (mentre in Italia settentrionale i doni li portano il Bambino Gesù o i Magi; e, nel Meridione, talora 'i morti', cioè gli antenati). Ma ai primi del Novecento la ditta della Coca Cola ha avuto l’idea di laicizzare e 'paganizzare' il vescovo Nicola, che da 'Santa Klaus' è divenuto Babbo Natale, mutando i paramenti episcopali in un ricco abito da guidatore di slitte nordico. Si dovrebbe espungere Father Christmas dalle nostre tradizioni: ma ormai – grazie a Walt Disney e a John R.R. Tolkien – c’è entrato alla grande. Teniamocelo. Ma che non accada più (e alludo all’orribile Halloween, da combattere con tutte le forze nel nome della nostra bella festa di Ognissanti).

martedì 16 dicembre 2008

L'uomo e la vita


Interessante l'Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede "Dignitas personae. Su alcune questioni di bioetica" anche se un po' teorica in alcuni punti, molto belle le conclusioni che riporto qui sotto.
L'insegnamento della Chiesa parte da considerazioni giuste ed importanti sulla dignità dell'uomo, sulla sacralità della vita, sull'essere dalla parte dei più deboli. In alcuni punti, ad esempio sulla famiglia, mi pare però si leghi troppo ad alcune considerazioni teoriche e scenda poco nello specifico, nella realtà di tutti i giorni. Certo l'istruzione vuole dare linee guida non affrontare tutti i singoli casi, ma alcune affermazioni risultano un po' secche e inammovibili quando invece tutto dovrebbe essere sempre riportato alle difficoltà della realtà.

Molto interessante anche l'intervento di Vittorio Possenti Vita, disporne liberamente che, con uno stile forse un po' complesso, analizza il concetto di vita indisponibile, di rapporto tra persona e tecnica e di accanimento terapeutico


CONCLUSIONE
L’insegnamento morale della Chiesa è stato talvolta accusato di contenere troppi divieti. In realtà esso è
fondato sul riconoscimento e sulla promozione di tutti i doni che il Creatore ha concesso all’uomo, come la
vita, la conoscenza, la libertà e l’amore. Un particolare apprezzamento meritano perciò non soltanto le attività conoscitive dell’uomo, ma anche quelle pratiche, come il lavoro e l’attività tecnologica. Con queste ultime,
infatti, l’uomo, partecipe del potere creatore di Dio, è chiamato a trasformare il creato, ordinandone le
molteplici risorse in favore della dignità e del benessere di tutti gli uomini e di tutto l’uomo, e ad esserne
anche il custode del valore e dell’intrinseca bellezza.
Ma la storia dell’umanità è testimone di come l’uomo abbia abusato, e abusi ancora, del potere e delle
capacità che gli sono state affidate da Dio, dando luogo a diverse forme di ingiusta discriminazione e di
oppressione nei confronti dei più deboli e dei più indifesi. I quotidiani attentati contro la vita umana;
l’esistenza di grandi aree di povertà nelle quali gli uomini muoiono di fame e di malattia, esclusi dalle risorse
conoscitive e pratiche di cui invece dispongono in sovrabbondanza molti Paesi; uno sviluppo tecnologico ed
industriale che sta creando il concreto rischio di un crollo dell’ecosistema; l’uso delle ricerche scientifiche
nell’ambito della fisica, della chimica e della biologia per scopi bellici; le numerose guerre che ancor oggi
dividono popoli e culture, sono, purtroppo, soltanto alcuni segni eloquenti di come l’uomo possa fare un
cattivo uso delle sue capacità e diventare il peggior nemico di se stesso, perdendo la consapevolezza della sua alta e specifica vocazione di essere collaboratore dell’opera creatrice di Dio.
Parallelamente la storia dell’umanità manifesta un reale progresso nella comprensione e nel riconoscimento
del valore e della dignità di ogni persona, fondamento dei diritti e degli imperativi etici con cui si è cercato e
si cerca di costruire la società umana. Proprio in nome della promozione della dignità umana si è, perciò,
vietato ogni comportamento ed ogni stile di vita che risultava lesivo di tale dignità. Così, per esempio, i
divieti, giuridico-politici e non solo etici, nei confronti delle varie forme di razzismo e di schiavitù, delle
ingiuste discriminazioni ed emarginazioni delle donne, dei bambini, delle persone malate o con gravi
disabilità, sono testimonianza evidente del riconoscimento del valore inalienabile e dell’intrinseca dignità di
ogni essere umano e segno di un progresso autentico che percorre la storia dell’umanità. In altri termini, la
legittimità di ogni divieto si fonda sulla necessità di tutelare un autentico bene morale.
Se il progresso umano e sociale si è inizialmente caratterizzato soprattutto attraverso lo sviluppo
dell’industria e della produzione dei beni di consumo, oggi si qualifica per lo sviluppo dell’informatica, delle
ricerche nel campo della genetica, della medicina e delle biotecnologie applicate anche all’uomo, settori di
grande importanza per il futuro dell’umanità nei quali, però, si verificano anche evidenti e inaccettabili abusi.
«Come un secolo fa ad essere oppressa nei suoi fondamentali diritti era la classe operaia, e la Chiesa con
grande coraggio ne prese le difese, proclamando i sacrosanti diritti della persona del lavoratore, così ora,
quando un’altra categoria di persone è oppressa nel diritto fondamentale alla vita, la Chiesa sente di dover
dare voce con immutato coraggio a chi non ha voce. Il suo è sempre il grido evangelico in difesa dei poveri
del mondo, di quanti sono minacciati, disprezzati e oppressi nei loro diritti umani» [59].
In virtù della missione dottrinale e pastorale della Chiesa, la Congregazione per la Dottrina della Fede si è
sentita in dovere di riaffermare la dignità e i diritti fondamentali e inalienabili di ogni singolo essere umano,
anche negli stadi iniziali della sua esistenza, e di esplicitare le esigenze di tutela e di rispetto che il
riconoscimento di tale dignità a tutti richiede.
L’adempimento di questo dovere implica il coraggio di opporsi a tutte quelle pratiche che determinano una
grave e ingiusta discriminazione nei confronti degli esseri umani non ancora nati, che hanno la dignità di
persona, creati anch’essi ad immagine di Dio. Dietro ogni “no” rifulge, nella fatica del discernimento tra il
bene e il male, un grande “sì” al riconoscimento della dignità e del valore inalienabili di ogni singolo ed
irripetibile essere umano chiamato all’esistenza.
I fedeli si impegneranno con forza a promuovere una nuova cultura della vita, accogliendo i contenuti di
questa Istruzione con l'assenso religioso del loro spirito, sapendo che Dio offre sempre la grazia necessaria per osservare i suoi comandamenti e che in ogni essere umano, soprattutto nei più piccoli, si incontra Cristo stesso (cf. Mt 25, 40). Anche tutti gli uomini di buona volontà, in particolare i medici e i ricercatori aperti al confronto e desiderosi di raggiungere la verità, sapranno comprendere e condividere questi principi e
valutazioni, volti alla tutela della fragile condizione dell’essere umano nei suoi stadi iniziali di vita e alla
promozione di una civiltà più umana.

giovedì 4 dicembre 2008

Perchè l'uomo viva

Copio dalla newsletter Pro-Vita questa interessante intervista che affronta in modo scientifico il problema dell'aborto. Al di là delle convinzioni etiche, religiose o politiche di ciascuno questo testo chiarisce alcuni punti importanti, primo fra tutti la non differenza (scientifica) fra feto e bambino. Mi pare fondamentale partire da considerazioni scientifiche per affrontare il tema dell'aborto, sarà poi certamente necessario approfondire anche i temi etici e i convincimenti personali per giungere a una corretta regolamentazione di questo problema. Credo però che si debbano prima di tutto superare certi steccati ideologici che hanno fatto dell'aborto una bandiera, un segno di appartenenza, un terreno di scontro e non un dramma della persona da affrontare e risolvere.

Perchè l'uomo viva
Moratoria contro l’aborto. Nuovi limiti per la legge 194.
Temi caldi, che hanno acceso una battaglia mediatica di giudizi e opinioni. Solo una questione etica?
No, secondo un importante neonatologo italiano.
Che spiega qual è il modo più ragionevole per affrontare il problema: lasciare parlare i fatti

Un tema scottante, quello della “vita”. Prima l’appello di Giuliano Ferrara per una moratoria contro l’aborto, e ora la legge regionale della Lombardia che pone il limite delle 22 settimane all’aborto terapeutico. Il dibattito che ne è nato ha scatenato un putiferio di opinioni e giudizi che nell’ultimo mese hanno riempito i giornali. Al richiamo del Papa, per il quale «le nuove frontiere della bioetica non impongono una scelta fra la scienza e la morale, ma esigono piuttosto un uso morale della scienza» e al suo auspicio che sia stimolato il dialogo «sul carattere sacro della vita»,
molti intellettuali, politici e scienziati hanno risposto additando a una Chiesa ingerente in campo laico, bigotta e contro la modernità. Ne abbiamo parlato con Carlo Valerio Bellieni, neonatologo del Policlinico Universitario “Le Scotte” di Siena.

Mentre in Italia imperversa la bagarre, nel suo reparto si fa ricerca per tenere in vita i bambini nati prematuramente... La questione dei nati prematuri è un problema affascinante. Fa vedere da un lato come il progresso della Medicina vada avanti e come, dall’altro, questo progresso non faccia comodo. Negli anni 60 il 90% dei bambini nati prematuri sotto il chilo morivano. Oggi ne muore solo il 10%. La percentuale del 90% di quel periodo corrisponde, oggi, a quella dei prematuri nati alla 22esima settimana che non ce la fanno. Adesso si dice: siccome ne muoiono 9 su 10, è un accanimento terapeutico. Se avessero detto così negli anni 60 dei bambini sotto il chilo, la Medicina non avrebbe fatto i passi da gigante che ha fatto.

Cosa è cambiato da allora? Ci sono stati tre passi avanti importanti. Primo: la possibilità di dare alle mamme prima del parto un tipo di cortisone, per far sviluppare gli alveoli polmonari del bambino. Secondo: quella di somministrare una sostanza, che si chiama surfattante, nei polmoni dei bambini, per farglieli aprire. Terzo: l’invenzione di microsistemi per entrare nelle piccole vene dei neonati per iniettare liquidi e altre sostanze, come antibiotici, per tenerli in vita. Questo negli anni 60 era impensabile, ma se avessero deciso che sotto il chilo di peso non li avrebbero rianimati perché tanto sarebbero morti… Tutte queste novità non ci sarebbero. E in Italia migliaia di genitori non sarebbero diventati genitori.

La ricerca è necessaria, quindi. Chi la frena? È questo un primo problema: se si pensa di mettere degli steccati alla ricerca scientifica sulla base di alcuni criteri che non sono scientifici, si blocca la ricerca stessa. La Chiesa è di tutt’altro parere: la ricerca scientifica deve andare avanti, sempre. L’unico ostacolo che ci deve essere è la dignità della persona. Se io voglio fare un esperimento su un paziente malato e lui non è d’accordo, non lo devo fare. Punto. Ma non è un impedimento. È rispetto. Mentre mettere degli ostacoli alle cure dei bambini piccolissimi sì che è bloccare la ricerca. Prendiamo la spina bifida, una malattia per la quale il Protocollo di Gronigen sull’eutanasia è ben noto: se i soldi dati per propagandare l’eutanasia li dessero per propagandare l’unico sistema che funziona per prevenire la malattia, cioè somministrare acido folico alle mamme in gravidanza, non ci sarebbero tante spine bifide. Ora, è più logico per la ricerca scientifica eliminare i bambini o curarli? Se li eliminiamo non impariamo a curarli. Lo stesso vale per la sindrome di Down. Si fa una ricerca a tappeto del bambino Down prima della nascita spesso per eliminarlo e non c’è, forse, un soldo speso per la ricerca della terapia di questa malattia. Non è detto che ce la si possa fare, ma è sciocco non provarci.

Perché non ci si prova? Perché è più semplice non farli nascere. Per la sindrome di Down c’è un esempio molto chiaro. Negli Usa negli anni 80 un bambino con la sindrome nacque e fu lasciato morire perché aveva una malformazione all’esofago. I genitori dissero: «Non vogliamo che mangi». Gli risposero che ci voleva poco a curarlo. Non vollero comunque. E lo fecero morire. In seguito a questo episodio la Corte Suprema americana emise una sentenza che obbligava a trattare il bambino disabile esattamente come il bambino non disabile. Questo ora lo stanno rimettendo in discussione.

In che modo? Secondo due criteri. Il primo è quello di dire che la qualità della vita deve essere misurata, e se la qualità della vita è al di sotto di un certo standard la vita non vale pena di essere vissuta. La seconda cosa è dire che questo deve essere deciso dai genitori: i genitori non soltanto sarebbero i tutori dei figli, ma anche i padroni e, quindi, se non se la sentono di crescere un bambino con disabilità, hanno diritto di chiedere che muoia. Sembra una cosa terribile. Eppure in vari protocolli internazionali c’è scritto che le cure possono essere sospese quando la morte
si sta avvicinando, o quando il bambino soffre in maniera terribile, oppure quando i genitori non ce la facciano più.

Quali sono i nuovi limiti su cui lavorare? Negli ultimi anni siamo arrivati a capire che il bambino, invece che a 26-27 settimane, come avveniva negli anni 80, ora può sopravvivere molto più piccolo. Il limite di oggi, teoricamente, è quello delle 22 settimane di gestazione. Questo non vuol dire che tutti sopravvivono: magari! Rimane sempre una certa percentuale, alta, che muore. E di quelli che vivono, circa la metà avrà una qualche disabilità. Ma questo non è un motivo per non provarci. Soprattutto non è un motivo per non dare una chance a tutti i bambini. Se io ho la certezza che il mio tentativo terapeutico non serve a niente, non lo devo fare: sarebbe mettere le mani addosso a qualcuno non nel suo interesse ma nel mio. Ma se ho qualche possibilità, anche una su cento, che il mio intervento possa servire, allora lo devo fare. Questo vale sempre per gli adulti. Perché non vale per i neonati?

Appunto, perché? Si sta cercando di decidere che c’è un’età della vita, un tipo di vita che vale la pena di essere vissuta. Che è quella che normalmente si chiama “giovinezza”. Non è la giovinezza anagrafica, o una giovinezza caratterizzata dalla voglia di costruire rapporti, di inventare, di stupirsi, ma quella che ha come caratteristica l’assenza di responsabilità e la possibilità di muoversi senza rispondere a nessuno. È questo l’ideale della vita. Un tempo si parlava di giovinezza per un’età della vita tra i 15 e i 25 anni, ma oggi questa giovinezza è estesa culturalmente, sia prima che dopo. Prima, perché i bambini più piccoli scimmiottano i più grandi per essere calcolati; dopo, perché anche i più vecchietti si vogliono sentire più giovani, cioè gente che non ha nessun rapporto stabile con nessuno, in cui uno da solo pensa di essere legge a se stesso. Quello che non è “giovinezza” non vale niente: è meglio che sparisca. Bambini, vecchi e disabili. Queste tre categorie nella società di oggi sono i paria, i nuovi perseguitati. Letteralmente, non valgono niente. Ci sono filosofi che spiegano, per esempio, che non soltanto il feto non è una persona, cosa già da sola assolutamente discutibile, ma non lo è neppure il bambino fino all’anno di vita: dicono che fino all’anno di vita non c’è autocoscienza e, quindi, i bambini non sono persone. Ma non basta: se una donna si permette di far nascere un bambino dopo aver visto che ha una disabilità, c’è chi propone di denunciarla per maltrattamenti. Un domani l’anziano non autosufficiente potrà sentirsi “obbligato” a chiedere di morire. Esiste sì un problema scientifico, ma anche un problema culturale.

Da dove nasce questa concezione? Da una mancanza di educazione: nessuno più dice, a parte la Chiesa, il valore della persona. Non tanto in termini religiosi, ma a livello esperienziale. Non c’è nessuno nelle scuole, per esempio, che educhi alla disabilità: tutte le classi hanno inserito un ragazzo disabile, e questo è un vanto della scuola italiana. Ma nessuno educa a come trattare questa persona e a capire che è una risorsa, non una disgrazia. È un problema educativo. Poi il resto sono conseguenze.

C’è una grande ignoranza su questi temi, soprattutto riguardo ad alcune pratiche... Certamente. Ma il vero problema è quando abbiamo a che fare con cose che non fanno “orrore”, che non sono i casi limite che fanno inorridire. E che sono, per così dire, passate come anche giustificabili! Povero bambino, si sente dire spesso: come facciamo a mettere a rischio la sua felicità sapendo che avrà il 50% di possibilità di avere una qualche disabilità? Lasciamolo morire. Questo non fa orrore: questo è un “bel discorso”. Che è ancora peggiore di quello che poi fa orrore. Allora il terzo punto è: perché non li riconosciamo “dei nostri”? Certo, manca un’educazione. Ma esiste un
problema psicologico portante, documentato in letteratura. È quello della fobia che si ha verso se stessi. Il problema di non riconoscere le possibilità agli altri, dipende dal fatto che uno su di sé non sente nessuna chance. Hanno fatto uno studio in Nuova Zelanda, di recente, in cui facevano vedere come i neonatologi che sospendono più facilmente le cure ai neonati sono quelli che hanno più paura di ammalarsi. Questo fa intuire che uno ha uno sguardo “buono” sugli altri - non nel senso che gli fa l’occhietto, ma nel senso che gli dà credito, che ci parla, che ci interagisce -, se lo
sente su di sé.

Può spiegare quest’ultima affermazione? Nel reparto dove lavoro, abbiamo iniziato in questi ultimi anni a fare ricerca scientifica nel campo del dolore del feto e del neonato proprio sulla base di questo. Il neonato viene tenuto in considerazione solo da pochi anni come persona, non solo filosoficamente, ma proprio nei reparti. Abbiamo fatto uno studio due anni fa e abbiamo visto che in Italia non si cura abbastanza il dolore del bambino; e talora il piccolo viene isolato dai genitori, cosa che non si farebbe mai con un adulto. Anni fa, in seguito ad alcune vicende personali, ho
cominciato un’esperienza per verificare cosa avviene se proviamo ad accarezzare questi bimbi, a parlarci. Sembrava di fare una cosa un po’ pazzoide, parlare con dei neonati. Ma un po’ alla volta abbiamo visto che parlandoci, accarezzandoli, dando qualche goccia di zucchero e iniziando a strutturare questa pratica, i bambini non sentivano più dolore e crescevano meglio. Allora su questa scoperta abbiamo creato dei sistemi contro il dolore, delle scale per la sua valutazione, interpretando il loro linguaggio. Siamo stati tra i primi al mondo a studiare il linguaggio del pianto
dei bambini con strumenti oggettivi, con la sua spettrometria, creando e brevettando strumenti appositi per questo, le cui linee guida sono diventate punti di riferimento a livello internazionale. È qualcosa di incredibile. Ma è accaduto solo perché c’era un’ipotesi positiva, non perché eravamo bravi noi. E questa viene solo dal fatto che qualcuno ti fa vedere che vali indipendentemente da quello che sei.

Oggi come procede il vostro lavoro? Qui a Siena, ormai, siamo un centro di riferimento mondiale per gli studi sul dolore del bambino, e quindi anche del feto. Il feto sente dolore, e quindi ha diritto di non sentirlo e ha diritto di essere curato. Abbiamo fatto studi anche sul benessere, studiato i campi magnetici e i rumori cui sono sottoposti i piccoli. Questo non l’ha fatto quasi mai nessuno. Il fatto che nelle incubatrici ci siano campi magnetici più intensi di quelli che sono permessi per stare davanti a un monitor di computer, non interessa a nessuno? Abbiamo cominciato a studiare i riflessi dei bambini dentro la pancia della mamma: come strizzano gli occhi, come si spaventano. O, ancora, come si ricordano i figli delle ballerine della danza che hanno fatto le mamme in gravidanza, o i ricordi di quelli con mamme costrette a letto durante la gestazione. Siamo entrati in un campo di ricerca fecondissimo, partendo dall’ipotesi positiva di pensare che sono persone come noi: che non parlano come noi, che non ragionano come noi,
che non pesano come noi, ma che sono esattamente come noi. E quindi hanno diritto a essere trattati bene. Perché se vado dal dentista e mi strappa un dente senza anestesia, prima mi arrabbio e poi lo denuncio, e invece al bambino posso fare un prelievo senza analgesia e non dice niente nessuno?

Quindi, ci sono i fondamenti scientifici per cambiare una legge di 30 anni fa? C’è tutto. La legge 194 dice chiaramente che l’aborto non deve essere praticato, se non nel caso di rischio per la vita di una donna, da quando il feto ha la possibilità di una vita autonoma. Il bambino oggi ha la possibilità di vivere al di fuori della pancia della mamma, realisticamente, dalle 22 settimane. Sopravvivono in pochi: in Giappone circa il 30%, da noi meno. Ma comunque alcuni vivono. E siccome la legge non parla di “sicurezza di sopravvivenza” ma di “possibilità”, la possibilità c’è. Il primo bambino sopravvissuto nato alla 22esima settimana oggi ha 18 anni. È successo a Toronto,
Canada. La legge 194 dovrebbe rispettare questa realtà dei fatti. E se tra dieci anni il nuovo limite basso per la nascita sarà 18 settimane, la legge dovrà rispettare le 18 settimane. A me la legge non piace. È una legge che tratta in maniera diversa due persone, mamma e bambino, che dovrebbero essere trattati in maniera uguale. Ma dato che c’è, che sia rispettata e applicata fino in fondo.

Sembra che il problema principale sia di stabilire una differenza tra feto e bambino. Cosa ne pensa? Il termine feto è “inventato”. Si usa da qualche decina d’anni. I Romani che parlavano di fetus intendevano esclusivamente il bambino: era il frutto, la progenie, non era il bambino prima della nascita. Ci sono due cose strane nella parola “feto”. Una è che è un termine neutro, non ha maschile e femminile. Proprio per sottolineare l’idea di “cosa” . E quante assonanze con parole come fetente, difetto, fetido... Poi, in inglese e francese si scrive con il dittongo, foetus: ma è una bugia, una sovra-latinizzazione (perché in latino si scrive fetus) per far diventare la cosa più aulica e più scientifica. Quindi il problema ce lo siamo posti adesso, di dire che qualcuno prima della nascita vale meno di dopo la nascita. Prima uno “era” dal momento in cui era concepito. Tanto è vero che il 25 marzo, il giorno dell’Annunciazione, segnava anche l’inizio del calendario a Firenze e Siena, almeno fino all’arrivo dei Medici. Il problema del feto e del bambino è fasullo. Si vuole far credere alla magia, cioè che l’aria entri nei polmoni e con un tocco magico faccia diventare qualcuno di serie B un individuo di serie A. Non è così.

Uno è una persona solo se qualcun altro lo definisce così, insomma... È sempre stato così, si è fatto coi neri, con gli ebrei. Decido che non sei una persona perché non mi piaci. Il problema non è stare a discutere se sono 21, 22 settimane o 23. Il problema è capire che uno c’è. E quando uno c’è, ha diritto di essere curato. Noi abbiamo paura, abbiamo paura della vita, di tutto. Che accada una cosa nuova, un figlio, non è più visto come un’opportunità inaspettata. L’unica cosa che si accetta dalla vita è solo ciò che si è programmato. Tutto il resto non si vuol neppure sapere che esiste, deve sparire. Tutto quello che non ci piace deve sparire. Non per cattiveria, ma per paura. Quando invece non si ha paura di questo, per qualche combinazione, per qualche amicizia - ricordo il giorno e l’ora di quando ho cambiato il mio modo di approcciarmi ai bambini - scatta l’intuizione che nella vita possa esserci un progetto buono. Allora cominci a capire che di questo progetto buono fanno parte tutte le cose, non soltanto quello che piace a te.
Paolo Perego
Tracce N. 2
febbraio 2008