E io ti ho sollevata figlia per vederlo megilo, io che non parto e sto a guardarti finche' rimango sveglio R.Vecchioni - Stranamore Appartengono alla letteratura tutti i libri che si possono leggere due volte. Nicolás Gómez Dávila Anche un orologio rotto segna l'ora giusta due volte al giorno N.N. Ho una collezione di conchiglie immensa. La tengo sparsa per le spiagge di tutto il mondo. Steven Wright Mettere in ordine la casa mentre i tuoi figli sono ancora piccoli è come spalare il viale prima che smetta di nevicare. Phyllis Diller Le mie opinioni possono essere cambiate, ma non il fatto che ho ragione Ashleigh Brillant Non voglio raggiungere l'immortalità con il mio lavoro. Voglio arrivarci non morendo Woody Allen Non temere che la fine del mondo arrivi oggi. In Australia è già domani Charles Schultz Prima vennero per i comunisti, e io non dissi nulla perché non ero comunista. Poi vennero per i socialdemocratici io non dissi nulla perché non ero socialdemocratico Poi vennero per i sindacalisti, e io non dissi nulla perché non ero sindacalista. Poi vennero per gli ebrei, e io non dissi nulla perché non ero ebreo. Poi vennero a prendere me. E non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa. Martin Niemöller I vescovi cubani a Roma, striscione in piazza San Pietro: Dio c'e' guevara Fiorello Baldini - Viva Radio 2 Senti che fuori piove, senti che bel rumore V. Rossi - Sally La Terra possiede risorse sufficienti per provvedere ai bisogni di tutti, ma non all’avidita’ di alcuni. Ghandi Sei cattivo? Mangia le cipolle Gioia "Come... Come ho fatto ad arrivare qui?" "Ci vorrebbe un altro terrestre per spiegarlo. I terrestri sono bravissimi a spiegare le cose, a dire perchè questo fatto è strutturato in questo modo, o come si possono provocare o evitare altri eventi. Io sono un talfamadoriano, e vedo tutto il tempo come lei potrebbe vedere un tratto delle Montagne Rocciose. Tutto il tempo è tutto il tempo. Non cambia. Non si presta ad avvenimenti o spiegazioni. E' e basta. Lo prenda momento per momento, e vedrà che siamo tutti, come ho detto prima, insetti nell'ambra." "Lei mi ha l'aria di non credere nel libero arbitrio" disse Billy Pilgrim Kurt Vonnegut - Mattatoio N. 5 Gli aerei americani, pieni di fori e di feriti e di cadaveri decollavano all'indietro da un campo di aviazione in Inghilterra. Quando furono sopra la Francia, alcuni caccia tedeschi li raggiunsero, sempre volando all'indietro, e succhiarono proiettili e schegge da alcuni degli aerei e degli aviatori. Fecero lo stesso con alcuni bombardieri americani distrutti, che erano a terra e poi decollarono all'indietro, per unirsi alla formazione. Lo stormo, volando all'indietro, sorvolò una città tedesca in fiamme. I bombardieri aprirono i portelli del vano bombe, esercitarono un miracoloso magnetismo che ridusse gli incendi e li raccolse in recipienti cilindrici d'acciaio, e sollevarono questi recipienti fino a farli sparire nel ventre degli aerei. I contenitori furono sistemati ordinatamente su alcune rastrelliere. Anche i tedeschi, là sotto, avevano degli strumenti portentosi, costituiti da lunghi tubi d'acciaio. Li usavano per succhiare altri frammenti dagli aviatori e dagli aerei. Ma c'erano ancora degli americani feriti, e qualche bombardiere era gravemente danneggiato. Sopra la Francia, però, i caccia tedeschi tornarono ad alzarsi e rimisero tutto a nuovo. Quando i bombardieri tornarono alla base, i cilindri d'acciaio furono tolti dalle rastrelliere e rimandati negli Stati Uniti, dove c'erano degli stabilimenti impegnati giorno e notte a smantellarli, a separarne il pericoloso contenuto e a riportarlo allo stato di minerale. Cosa commovente, erano soprattutto donne a fare questo lavoro. I minerali venivano poi spediti a specialisti in zone remote. Là dovevano rimetterli nel terreno e nasconderli per bene in modo che non potessero mai più fare male a nessuno. Kurt Vonnegut - Mattatoio N. 5 La violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci I. Asimov - Salvor Hardin, Foundation Col. Kurtz: Lei e’ un assassino? Cap. Willard: Sono un soldato. Col. Kurtz: Ne’ l' uno ne’ l' altro. Lei e’ un garzone di bottega che e’ stato mandato dal droghiere a incassare i debiti sospesi Apocalypse Now Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi diro’ che, nel vostro senso io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati ed oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri. don Milani La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza G. Orwell - 1984 Purtroppo, oggi, sul palcoscenico del mondo noi occidentali siamo insieme i soli protagonisti ed i soli spettatori, e così, attraverso le nostre televisioni ed i nostri giornali, non ascoltiamo che le nostre ragioni, non proviamo che il nostro dolore Tiziano Terzani La religione non e' verita', la verita' e' religione Ghandi Avete notato che tutti coloro che sono a favore del controllo delle nascite sono gia' nati? Benny Hill E risuona il mio barbarico yawp sui tetti del mondo W. Wytman - Leaves of grass C'è chi sale e c'è chi scende e c'è chi, come me, sta sdraiato in mezzo a una strada N.N Sono rimasto con un pugno di mosche morte in mano Steve I believe in God And I believe that God Believes in Claude Hair - Manchester England England Come ti senti ragazzo? Cattivo e figlio di puttana signore! Apocalypse now Dio interamente si fece uomo, ma uomo fino all'infamia, uomo fino alla dannazione e all'abisso. Per salvarci, avrebbe potuto scegliere uno qualunque dei destini che tramano la perplessa rete della storia; avrebbe potuto essere Alessandro o Pitagora o Rurik o Gesù; scelse un destino infimo: fu Giuda J.L. Borges - Finzioni: Tre versioni di Giuda Poi riflettei che ogni cosa, a ogniuno, accade precisamente, precisamente ora. secoli e secoli, e solo nel presente accadono i fatti; innumerevoli uomini nell'aria, sulla terra e sul mare, etutto ciò che arealmete accade, accade a me J.L. Borges - Finzioni: Il giardino dei sentieri che si biforcano Richy: Ho preso 8 nel compito di francese, per questo ho studiato tutta notte Potsy: Io invece sono andato male, ma ho dormito benissimo Happy days Egoista, certo, perchè no, perchè non dovrei esserlo, quando c'ho il mal di stomaco con chi potrei condividerlo? V. Rossi - Cosa succede in città Gli uomini di Bologna sono i più gentili, mordaci e dabbene di tutta Italia, per cui anche avendoli amici, e amici di tutita prova, bisogna permetter loro di dir male e di prendersi beffe di voi, almeno un paio di volte al mese. Senza questo sfogo creperebbero; voi ne perdereste degli amici servizievoli e devoti, ed il mondo degli spiritni allegri e frizzanti. Quanto alle donne sono le più liete e disimpacciate che si possono desiderare.... I. Nievo - Le memorie di un ottuagenario Umano è quello che fannno gli uomini Soprannaturale è quello che fanno i santi No Umano è quello che fai tu Soprannaturale è quello che dovresti fare tu Kyra Bene, voi lo spate quanto me, le ragazze non sono realmente morali. Sa il cielo che noi abbiamo abbastanza nella testa per riuscire ad essere a un tempo queste due difficili cose: pratiche e romantiche. Sono assolutamente certa che non è mai vissuta una sola ragazza in possesso di una vera coscienza. I ragazzi hanno una morale, le ragazze hanno canoni standard. Questa è pressapoco l'unica grande e profonda differenza che esiste fra ragazzi e ragazze. Forse ecco perchè tutte le grandi religioni le hanno inventate i ragazzi, mentre le ragazze, a quanto pare, non sono destinate a inventare altro di più bello delle lettere d'amore e delle liste della spesa! D.Grubb - Le voci di Glory La donna non è una fortezza da espugnare, ma un giardino in cui passeggiare Kyra Ciò che apparente non ha senso è un po' difficile da spiegare, ma forse solo perchè ha ragioni più profonde di ciò che apparentemente il senso ce l'ha M.di Franco - 54 giorni sulla cima del monte bianco Il prossimo sono quelle persone che Dio ha mandato sulla terra per ricordarci che siamo soli Frate indovino Sono cose che si possono perdonare ma non dimenticare Kyra Lontano è ciò che lo è e profondo il profondo chi lo può toccare? Ecclesiaste 7-24 NULLI SE DICIT MULIER MEA NUBERE MALLE QUAM MIHI NON SE JUPITER IPSE PETAT DICIT: SED MULIER CUPIDO QUOD DICIT AMANTI IN VENTO ET RAPIDA SCRIBERE OPORTET AQUA La mia donna dice che preferisce concedere il suo amore a me che a chiunque altro, anche se la richiedesse lo stesso Giove. Dice: ma ciò che una donna dice all'amante impazzito di amore è meglio scriverlo nel vento e nell'acqua che scorre Catullo - Poema 70 Dopo un viaggio lungo e duro sono come una corda sfibrata e logora. Mi siedo e mi intreccio con nuovi fili... restando immobile sogno e ricordo i consigli di mio padre e le parole dei canti e le grida di tutti gli uccelli. Non parlo perchè ogni parola è una fibra che si strappa. Nessuno mi può toccare perchè ogni contatto porta via un pezzo di me. Anche tu devi imparare a fare altrettanto. Impara a stare in silenzio. Tracciati attorno un cerchio e non permettere anassuno di entrarvi M. West - Il navigatore Mi dici di avere pochi amici ma buoni. La dichiarazione, sta pur certo, è per la massa e per i bambini. E' una dichiarazione che vale per tutti quelli che non possono imporsi all'ambiente che li circonda. Per te, uomo valoro, apostolo deciso, la consegna è quest'altra: molti amici e cattivi- uanti umoni "cattivi" devono tornare a Cristo per l'amicizia di un apostolo di Dio J.U. Loidi - Il valore divino dell'umano ...ma lei non capì cosa intendevo e io detesto spiegare una metafora. O mi si capisce oppure no. Non sono mica un'esegeta H. Boll - Opinioni di un clown Quello che sta fuori, a questo mondo ciascuno "sta fuori" rispetto agli altri, trova una cosa sempre peggiore o migliore di quello che ci sta dentro, sia la "cosa" felicitrà o infelicità, pena d'amore o "decadenza artistica" H. Boll - Opinioni di un clown il suo sguardo, al risveglio, è come un uccello che muore all'improvviso in pieno volo e precipita, precipita nell'iimensità delle disperazione H. Boll - Il treno era in orario "Senza di me non potresti più vivere?" "Si" risponde lui, e il suo cuore è così pesante che non ce la fa a ridere, e pensa: ora dovrei aggiungere perchè ti amo, il che sarebbe vero e non vero. Se lo dicessi dovrei baciarla, e sarebbe una menzogna, tutto sarebbe una menzogna, eppure potrei dire in piena coscienza: Ti amo, ma dovrei poi dare una lunga, lunga spiegazione, una spiegazione che non conosco ancora io stesso. Ecco ancora i suoi occhi, molto dolci e amorevoli e felici, il contrario degli occhi che ho tanto desiderato... che tanto desidero... e ancora una volta egli dice, guardando in fondo a quegli occhi: "Senza di te non potrei più vivere" e adesso sorride... H. Boll - Il treno era in orario Io le cose, forse, le vedo troppo oggettivamente in astratto e troppo soggettivamente in concreto Kyra Si può realizzare qualcosa di veramente serio con uomini che hanno paura dell'acqua fredda in una mattina d'inverno? J.U. Loidi - Il valore divino dell'umano ...ma non si è soli quando un altro ti ha lasciato, si è soli se qualcuno non è mai venuto R. Vecchioni - Ultimo spettacolo Je ne cherche pas. Je trouve N.N. VOCATUS ATQUE NON VOCATUS, DEUS ADERIT Chiamato o no (il) dio sarà presente M.West - Un mondo di vetro Je crie l'amour sur le mur N.N. Io vorrei rivederti per fare l'amore, non sognarti quando il sogno comincia a finire R.Vecchioni - Vorrei Ma anche nel peccato, l'atto dell'amore, compiuto con amore, si adombra della divinità M.West - L'avvocato del diavolo (Noi) trascendiamo dai limiti umani per svaporare nella sfera dell'infinito e dell'indefinito ORA CI CHIAMIAMO SPAZIO la luce della rivelazione dell'Uno ci ha resi non più uomini della terra, ma componenti peculiari dell'incommensurabile infinità dello spazio Kyra

lunedì 27 ottobre 2008

Kossiga

"Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand'ero ministro dell'Interno. In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perchè pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito... Lasciarli fare (gli universitari, ndr). Ritirare le forze di Polizia dalle strade e dalle Università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di Polizia e Carabinieri. Nel senso che le forze dell'ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano. Soprattutto i docenti. Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì... questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l'incendio".

Intervista a Francesco Cossiga. Presidente emerito della Repubblica Italiana e senatore a vita.

mercoledì 22 ottobre 2008

Pochi bambini down arrivano alla nascita


Uno dei problemi dell'attuale legge sull'aborto, secondo me, è quello che riguarda la malformazione del feto, perchè induce nelle persone il pensiero che sia normale ricorrere all'aborto se il feto è malformato.

Riporto dalla legge
L. 22 maggio 1978, n. 194
Norme per la tutela sociale della maternità
e sull'interruzione volontaria della gravidanza.

4. Per l'interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico

6. L'interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata:
a)(...)
b)quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.

Il problema è che non si distinguono i vari livelli di malformazione: ci sono malattie che portano alla morte del bambino in poche ore o al massimo mesi dalla nascita, ci sono malattie che rendono invalidi per sempre, ci sono malformazioni che rendono completamente incapaci di ragionare.
Ma è chiaro che le differenze sono moltissime: se non si può costringere una donna a portare in grembo un bambino che morirà sicuramente, è altrettanto orribile sopprimere un bambino che avrà cero problemi, ma potrà condurre una vita serena, come ad esempio con la sindrome di Down, che rende la vita difficile, ma non impossibile, non porta a morte precoce (ormai nemmeno in giovane età) e può dare una qualità della vita eccellente.
La salute psichica della donna (non parlo ovviamente di quella fisica) potrà correre seri pericoli in caso di malformazione mortale ma assai meno in caso di sindrome di Down, però molte madri si sottopongono all'amniocentesi anche per accertare questa sindrome e vengono spesso consigliate per l'IVG se presente.
E' facile cadere nell'eugenetica, nel rifiuto del diverso e nell'equazione salute=felicità.


Copio dal sito Pro-Vita
ROMA, domenica, 28 settembre 2008 (ZENIT.org).- In seguito alla candidatura repubblicana del Governatore Sarah Palin alla vicepresidenza degli Stati Uniti è riemerso l’interesse per la sindrome di Down. Il 18 aprile, Palin ha dato alla luce Trig Paxon Van Palin, pur avendo saputo dai medici, nel dicembre scorso, che il bimbo era affetto dalla sindrome di Down, come riferito dall’Associated Press il 3 maggio. Secondo un articolo dell’opinionista Michael Gerson, pubblicato sul Washington Post del 10 settembre, quando le analisi prenatali rivelano la presenza della sindrome di down, il 90% delle volte si decide per l’aborto. Ma il numero degli aborti di bambini affetti dalla sindrome potrebbe ulteriormente aumentare se la raccomandazione emanata lo scorso anno dalla American College of Obstetricians and Gynecologists venisse applicata, ha aggiunto. Il College ha infatti invitato a sottoporre precocemente all’analisi per la sindrome di Down tutte le donne in gravidanza e non solo quelle al di sopra di una certa età, i cui bambini hanno quindi maggiori probabilità di esserne affetti. Gerson ha tuttavia sostenuto che i figli nati con sindrome di Down “generalmente non vengono considerati dai loro genitori come una maledizione ma come una complessa benedizione”. Molti medici e consiglieri, tuttavia, invitano le madri ad abortire. Questa tendenza a voler porre fine a vite “imperfette”, ha proseguito Gerson, non può essere tenuta distinta rispetto al nostro generale atteggiamento nei confronti dei disabili. “Questa tendenza alimenta un darwinismo sociale in cui il più forte è considerato migliore, la persona dipendente come avente un valore inferiore e in cui i deboli debbono talvolta essere oggetto di selezione”, ha concluso. Verità profonde Nonostante le difficoltà di chi si trova con un figlio down, molti quotidiani hanno raccontato casi in cui i genitori che si sono trovati in queste situazioni hanno vissuto esperienze positive. Crescere un figlio down può portare alla luce molte verità profonde per i genitori e i loro figli, secondo il Washington Post del 14 settembre. Nell’articolo si descrive il caso di Adrianne Pedlikin, madre di tre figli, tra cui un bambino di 10 anni affetto dalla sindrome di Down. Pur riconoscendo le difficoltà e le sfide legate al dover crescere un figlio down, l’articolo sottolinea che, allo stesso tempo, sia Adrianne che suo marito Philip non nascondono il loro amore per questo figlio e affermano che la sua nascita ha cambiato la loro visione del mondo in senso positivo. L’articolo riferisce anche dell’esperienza di altre famiglie, che spesso si confrontano con la reticenza degli istituti scolastici ad accettare bambini down. Queste famiglie si trovano anche spesso ad essere tagliate fuori dalle altre famiglie ed i loro figli down spesso non vengono invitati a giocare con i loro coetanei. Un’altra testimonianza positiva di chi è genitore di un bimbo down è stata pubblicata il 2 giugno sul quotidiano britannico Guardian. Annie Rey racconta della repulsione che provava, quando era giovane, nei confronti dei disabili. Poi, arrivata ai 40 anni, ha scoperto di essere incinta di un bambino con la sindrome di Down.“Durante la gravidanza passavo dall’ottimismo alla disperazione: ottimismo nella speranza che il bambino, che all’età di 20 settimane abbiamo appreso essere maschio, non avesse veramente la sindrome di Down, e disperazione al pensiero che invece l’avesse”, ha scritto. Suo figlio Paddi ha ora 2 anni e lei ha accettato l’idea di avere un bambino down. Ha detto di aver scoperto che suo figlio non è “una diagnosi”, ma un bambino con molte qualità. “Sono fermamente convinta che se il mio prezioso bambino non esistesse, il nostro mondo, e forse il mondo intero, sarebbe un posto più povero”, ha concluso.
Padre John Flynn, LC
zenit 28 settembre 2008


P.S. Per chi volesse documentarsi meglio linko il testo della legge 194

martedì 21 ottobre 2008

Perche’ la sinistra sostiene berlusconi?

Ancora da Jacopo Fo un'intervento sul rifiuto di Berlusconi di adeguarsi agli accordi dell’Unione Europea per la riduzione delle emissioni di Anidride Carbonica. Come sempre preciso, chiaro e pratico

Perche’ la sinistra sostiene berlusconi?

mercoledì 15 ottobre 2008

CGIL: perchè lascio

Dopo lungo pensare ho deciso di dare disdetta dall'adesione alla CGIL.
Vari sono i motivi che mi hanno spinto a questa scelta.
Mi ero iscritto in un momento di crisi della ditta in cui lavoro: cassa integrazione, non rinnovo dei contratti formazione, blocco degli stipendi. Certo per motivi utilitaristici quindi, ma anche per appoggiare una struttura che ritenevo necessaria per i lavoratori.
Passati vari anni prevale però la delusione.
A livello di ditta non si e' riusciti a fare niente: non e' tutta colpa dei sindacalisti, i colleghi non sono stati molti attivi e la dirigenza si e' mossa molto bene, ma assai poco, per non dire nulla, e' stato fatto per portare avanti le rivendicazioni dei dipendenti. Sono stati eletti i rappresentanti sindacali interni che erano ovviamente inesperti e pochissimo sono stati aiutati a confrontarsi con la dirigenza. Ora il loro ruolo e' di divulgare ai colleghi le scelte imposte dall'alto. Le assemblee sindacali, all'inizio gremite, si sono via via svuotate, sia per la ripresa della ditta, sia per l'incapacità dei sindacalisti di portare idee valide e presentarle con decisione.
A livello nazionale, poi, non ho visto una grande attività, l'impressione che danno i sindacati confederati e' di essere 'un'altra casta' (come titola un libro a loro dedicato) che fa più i propri interessi che quelli dei lavoratori e quando anche li fa si ferma sempre ai dipendenti e non riesce ad arrivare a quella ormai purtroppo grande massa di contratti atipici.
Infine il costo: circa 120 euro all'anno che in questo momenti di crisi mi paiono troppi per un'istituzione finora inutile.
Lascio con rammarico perché ancora credo che il sindacato sia una necessita', un'istituzione che deve esserci, ma non questo sindacato, forse le RdB potranno portare avanti le giuste rivendicazioni dei lavoratori, ma in questo mondo del lavoro così cambiato così globalizzato bisogna inventare forme di rappresentanza nuove.

E' l'ora di cambiare le regole: si dia spazio alla finanza etica





A proposito di crollo dei mercati

Da Repubblica

Passate a Banca Etica!!!!!!!!!!!!!!!!

lunedì 13 ottobre 2008

Dopo Cofferati

Riporto le considerazioni di un amico impegnato in politica, Andrea De Pasquale, sull'uscita di scena di Cofferati

Cari amici,

poiché diversi di voi mi hanno chiesto un parere sulla rinuncia di Sergio Cofferati a ricandidarsi a sindaco nel 2009, affido a questa nota il mio punto di vista.

La scelta di Cofferati ha un difetto e due meriti. Il difetto è che risulta tardiva (dopo la disponibilità data a giugno e ribadita a settembre, il suo cambio di programma ha decisamente spiazzato innanzitutto i suoi fedeli, oggi oggettivamente meno credibili, ma anche lo stesso vertice del PD). I meriti sono la nettezza con cui ha posto fine al conflitto tra due impegni (padre a Genova e sindaco a Bologna) difficilmente compatibili se presi sul serio (e lo ha fatto assumendo su di sè il peso della scelta tra carriera e famiglia, anziché caricarla, come solitamente avviene, sulle spalle della madre), e l'avvedutezza con cui ha fiutato che l'aria in città non era a lui così favorevole come alcuni suoi sostenitori (sinceri o interessati) la dipingevano.

La rinuncia di Cofferati a ricandidarsi costituisce a mio giudizio una opportunità positiva per il PD bolognese, che può oggi tornare ad essere un partito normale, ed aprire una fase di un confronto sereno, superando il blocco dovuto al timore reverenziale e all'eccesso di zelo con cui si è voluto (improvvidamente) sottrarre il sindaco e le sue scelte amministrative ad ogni discussione interna. Una iper-protezione che alla lunga ha finito per indebolirlo e renderlo estraneo alla città.

Confido che ora il partito sappia ripartire da un ascolto vero e disincantato dei cittadini, per costruire una proposta amministrativa aggiornata alle esigenze di Bologna, in continuità con le buone pratiche dell'esperienza Cofferati e in discontinuità con quelle meno buone.

Le primarie si confermano la strada maestra per questa operazione di confronto e infine di selezione democratica delle persone più adatte a portare avanti una proposta amministrativa credibile, orientata al bene comune della città.

Allo scetticismo verso le primarie di chi, come Zamboni, afferma "il Pci non ha mai avuto bisogno di sistemi strani per trovare un candidato autorevole", ricordo che la stranezza a cui si fa riferimento ha un nome: democrazia. Se rispetto la nostalgia di alcuni compagni di strada per il "vecchio" PCI, suggerisco però di non assumerlo a modello per il "nuovo" Partito Democratico. Al contrario, credo che oggi la selezione della classe dirigente debba sempre più fare i conti con meccanismi fisiologici di competizione interna, ai partiti o alle coalizioni, per favorire un minimo di ricambio, contenere la tendenza delle gerarchie di partito ad autoconservarsi, e riavvicinarle alla sensibilità dei cittadini.

Quindi, concludendo: un grazie a Cofferati per avere tratto la conclusione più opportuna, e ai miei dirigenti di partito un invito ad andare avanti con coraggio sulla strada della libera discussione e della selezione democratica dei candidati.
Andrea De Pasquale
consigliere provinciale
presidente IV Commissione "Pianificazione, Trasporti, Viabilità"
Provincia di Bologna

venerdì 10 ottobre 2008

Proviamoci come cristiani

Da Carta l'intervento di Raniero la Valle all'assemblea di Sinistra Cristiana

Buongiorno. Shalom. Scusate se leggo questo discorso. Ci sono discorsi che non si possono improvvisare, alcuni per farli ci vuole una vita.
Sarebbe tempo che i politici si mettessero a scrivere i loro discorsi. Ciò per far sì che il pensiero preceda la parola, ciò che molto spesso non accade, non accade più.
In verità parlare senza leggere è considerata una virtù del buon politico; è un ingrediente del successo in tempi di grandi comunicatori. Nella campagna elettorale americana si vedono i candidati che parlano a lungo fissando negli occhi le telecamere; in realtà leggono il gobbo, che è un modo di leggere senza farsene accorgere.
C’è anche qualche infortunio. Una volta io leggevo in Senato il mio discorso. Si discuteva la legge 194 sull’aborto. Era un discorso delicato, perché come cristiani della Sinistra indipendente noi non volevamo solo agitare una bandiera – quello si poteva fare anche parlando a braccio – ma volevamo fare una legge equilibrata, che non tradisse nessun principio, ma che ci facesse uscire dalla logica punitiva della legge penale. Cercavamo di fare una legge diversa da quella già approvata alla Camera, dato che c’era il bipolarismo; lavoravamo a una legge che da un lato offrisse una chance alla vita, dall’altro scongiurasse la tragedia di tante donne già nel dolore. Come laici, ma anche come cristiani, cercavamo una soluzione persuasiva, che potesse durare nel tempo, e che un giorno perfino la Chiesa potesse accettare, e addirittura chiederne l’attuazione, almeno come «minor male», come poi infatti è accaduto. Si poteva fare, perché in realtà sulle questioni politiche, anche su quelle eticamente sensibili, c’è sempre una soluzione politica storicamente possibile.
Perciò leggevo il mio discorso. E a un certo punto il Presidente del Senato, Fanfani, mi interruppe e mi disse: Senatore La Valle, lei fa tante citazioni, ma dovrebbe conoscere anche il regolamento del Senato, che vieta di leggere i discorsi in aula. Infatti nel regolamento c’era una norma bizzarra di questo genere, non so se ci sia ancora; forse era il residuo di un tempo in cui in Parlamento si andava solo per parlare, perché a decidere ci pensavano gli altri; un po’ come si vorrebbe fare oggi offrendo qualche seggio agli esclusi come «diritto di tribuna», una tribuna fatta per i tromboni.
Quella norma del regolamento era giustamente in disuso, ed era la prima volta, che io sappia, che un Presidente redarguiva un senatore perché aveva preparato il suo discorso. Ma è chiaro che era un modo per prendere le distanze da quello che dicevo, non un cavillo regolamentare; anche quando si presiede il Senato si fa politica, non ci si limita a un ruolo di garanzia.
Dunque io leggo ora questo discorso. E la prima cosa che c’è scritta, perché io non la dimentichi, è di fare gli auguri a tutti quelli in quest’aula che si chiamano Francesco e si chiamano Francesca, perché oggi è San Francesco, patrono d’Italia e dunque è la loro festa e anche la nostra. Ed è bello vedere che oggi molti bambini di nuovo vengono chiamati Francesco, dopo l’orgia dei nomi esotici e improbabili ricavati dai modelli televisivi.

Non solo spettatori
La seconda cosa che c’è scritta è che oggi, 4 ottobre, c’è l’incontro al Quirinale tra il Presidente della Repubblica e il Papa, e noi vogliamo fare gli auguri anche per questo. E anzi abbiamo pensato di non fare solo gli spettatori, che poi cambiano canale, ma di partecipare anche noi come cittadini a questo evento: e per questo, anticipando quelli che pensavamo fossero i sentimenti di questa Assemblea, abbiamo scritto una lettera al Papa e una al Presidente della Repubblica per confidare loro quello che ci piacerebbe che si dicessero. Queste lettere sono nella cartellina, se siete d’accordo qui ci vuole un applauso [e si possono leggere sul sito www.sinistracristiana.net]

Gandhi e Dossetti
Per continuare sul filo delle coincidenze, diciamo che l’altro ieri, 2 ottobre, anniversario della nascita di Gandhi, era, indetta dalla Nazioni Unite, la giornata della Satyagraha, che è la ricerca gandhiana della verità e dell’amore, altrimenti detta nonviolenza. Io ricordo la commozione di Dossetti, quando fece sosta presso la tomba di Gandhi a Nuova Delhi, durante un viaggio in India. Dossetti è uno dei maestri che sta nella nostra tradizione; e quella visita alla tomba di Gandhi non era solo un omaggio a un altro grande maestro, era stabilire una comunione, forse una preghiera in comune.
Gandhi non è solo il liberatore dell’India; prima ancora è stato difensore e redentore degli immigrati, quando egli stesso era immigrato in Sudafrica, e come avvocato indiano era considerato meno che niente. Gandhi lottò non solo per sé, ma per dare dignità e parità di diritti agli immigrati: ed è proprio lì, nel ricco e bianco Sudafrica nero che egli ha cominciato ad essere quello che poi sarebbe diventato .
Perciò, amici, accogliete gli immigrati: perché in ogni immigrato che sbarca a Lampedusa o che viene dall’Est ci potrebbe essere un Gandhi, ci potrebbe essere un liberatore del suo popolo o di molti popoli. Anzi è proprio questa la nuova obiezione di coscienza da fare, contro le leggi antixenite; e le chiamo antixenite, e non xenofobe, perché non sono affatto leggi dettate dalla paura, ma sono leggi dettate dal razzismo, dall’odio e dal rifiuto, esattamente come lo erano le norme antisemite.

L’obiezione da fare
Questa è la nuova obiezione. In Italia non si può fare più l’obiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio, perché quando l’obiezione passò da concessione del potere a diritto del cittadino, per buttare l’obiezione buttarono via l’esercito di leva.
Non si può fare e non si deve fare l’obiezione fiscale, perché quella l’ha fatta il governo, l’ha fatta la destra diffamando le tasse, definendo come un furto o come un borseggio ogni prelievo fiscale; lo ha fatto trasformando le elezioni in un referendum anticostituzionale sull’Ici; la destra non toglie le tasse, ma le delegittima, allo scopo di togliere allo Stato tutte le sue risorse, tutti i soldi per la spesa pubblica e così poter dire, per ragioni di cassa e non per ragioni ideologiche, che non si possono fare politiche sociali, che bisogna licenziare 87.000 insegnanti, che bisogna svuotare l’Istituto superiore per la sanità, che non ci sono i soldi per i comuni, non ci sono soldi per salvare l’Alitalia, non ci sono soldi per la cultura, per il teatro, per l’editoria e così finalmente riuscire a chiudere anche Liberazione e il Manifesto. L’attacco della destra al denaro pubblico è un attacco al cuore dello Stato. Senza denaro, e sperperando il poco denaro che si ha, non vivono le città. Senza più soldi, dopo l’amministrazione del dottore che cura Berlusconi, Catania era ridotta al buio e sepolta dalla spazzatura, anche se nessuno lo diceva e lo faceva vedere, perché non c’era da far perdere a Prodi le elezioni.
Allora l’obiezione da fare, e che noi proponiamo, è quella contro le leggi ingiuste che vietano di dare ospitalità allo straniero. Nella nostra laicità, se c’è una cosa che diciamo «sacra», cioè che non si può toccare, è l’ospitalità: ma così è in tutte le culture, o almeno lo era. Noi dobbiamo fare obiezione ospitando e dando asilo agli stranieri come facemmo ospitando gli ebrei nelle nostre case e nelle nostre chiese quando, altrettanto come ora, l’ospitalità era un delitto.
Naturalmente non vi chiediamo di fare un’obiezione spericolata, rischiando di farvi confiscare le vostre case come minacciano le leggi razziali del governo. L’art. 5 del decreto legge sulla sicurezza che introduce nella legislazione sullo straniero la norma anti-ospitalità, dice che si commina la reclusione da 6 mesi a 3 anni e la confisca dell’immobile a chi dà alloggio a uno straniero irregolare «a titolo oneroso al fine di trarne ingiusto profitto». Dunque per fare obiezione senza esporsi alla vendetta penale, basta ospitare lo straniero gratuitamente e senza «ingiusto» profitto, magari premunendosi col farne apposita dichiarazione presso un notaio. Così la norma finirà per colpire solo quelli che speculano sulla pelle dello straniero.

La patria è al di là del confine
Ma perché è così importante il rapporto con lo straniero, e non solo in Italia?
Perché il problema globale e imprescindibile di oggi è la riconciliazione di tutti i popoli che sono l’uno all’altro stranieri; il problema è che ciascuno ritrovi la sua patria, ma la trovi oltre i suoi confini, al di là del fiume, là dove sono altri uomini e donne, altri figli e figlie come lui; se questo non si farà, non ci sarà pace sulla terra, e forse un giorno non ci sarà nemmeno la terra. È stato dato già 2000 anni fa l’annunzio della caduta del muro tra giudei e greci, cittadini e barbari, romani e Sciti; è venuto il momento di dare attuazione a questo annuncio. Se non fa questo, la politica è perduta. È perduta in America, è perduta in Europa, è perduta in Israele.
Un barlume di luce è venuto in questi giorni da Israele quando il primo ministro uscente, Olmert, per la prima volta ha detto che non esiste l’ipotesi del grande Israele, dal mare al Giordano; che se Israele vuole rimanere uno Stato ebraico, e non divenire uno Stato in cui gli ebrei siano una minoranza, deve contrarsi per far posto accanto a sé a uno Stato palestinese; e per questo è stato presentato alla Knesset un disegno di legge che offre forti incentivi economici ai coloni ebrei insediati nei territori occupati, perché rientrino dentro i vecchi confini di Israele del 1967. Ciò significa dire: fin qui abbiamo sbagliato. È la rottura di un tabù, riguardo alla terra – Eretz Israel – finora vissuto in Israele come un assoluto religioso. Ma se non si rompe questo tabù, non c’è alcuna soluzione per la questione palestinese [vedete fin dove arriva la laicità!]; e se le religioni per prime non tolgono la copertura religiosa alle sacre are, ai sacri fiumi e ai sacri confini della Patria, ancora di più i popoli si contrapporranno gli uni agli altri, gli Stati gli uni agli altri e le culture le une alle altre, e non potrà esserci pace, e nemmeno diritto, e quindi nemmeno politica, su scala mondiale.
Perciò è importante l’obiezione di coscienza che nega obbedienza a tutto ciò che è contro la straniero, che si tratti di armi o di basi offensive, di leggi, di sanzioni o di dazi, di apartheid e di sfruttamento.

Per Vicenza, andare direttamente alla Casa Bianca
Per restare alle date, domani si terrà a Vicenza la consultazione popolare sulla base di dissuasione e di ritorsione nucleare che sta per essere installata nel centro della città. Berlusconi prima, il Consiglio di Stato poi lo hanno vietato: ma, come abbiamo sentito, con straordinario coraggio la città voterà lo stesso. In ogni modo così è diventato chiaro che la questione di Vicenza è una grande questione politica nazionale. Se il governo di centrosinistra di Prodi non è più lì, è anche perché non aveva capito questo. È una grande questione politica nazionale, perché è la scelta di due modi, per l’Italia, di stare al mondo, e di pensare il futuro del mondo, nella guerra nucleare o nella pace. In questa alternativa non c’è una città che possa farcela da sé, e non ci sono soluzioni giudiziarie: la magistratura che giudica su tutto, non giudica il potere, sulla guerra e le opere di guerra. E poiché non si dà altra motivazione nell’ordinanza del Consiglio di Stato se non quella che il terreno è stato già consegnato al sovrano americano, allora noi proponiamo di aprire la questione con questo preteso sovrano. Mettere una base nucleare nel cuore di una città europea è un errore anche per gli Stati Uniti. Non solo perdono l’immagine, ma quella identità per la quale hanno ancora un ascolto presso gli altri popoli. Obama questo lo può capire. Con Bush finisce nella sconfitta il sogno della destra americana di tenere buono il mondo dominandolo. L’Iraq insegna che il mondo non diventa un posto sicuro solo perché lo si invade. La sicurezza non sta nel delirio della solitudine presidiata dalla forza, ma nella forza di crearsi amicizie e di mantenerle. Se vince Obama, la sua stessa vittoria avrà un grandissimo impatto simbolico. Forse il cambiamento può cominciare da lì; e se cambia l’America cambia il mondo. Perciò io penso che si potrebbe fin da ora preparare una delegazione dei comuni e della città di Vicenza, di quei cittadini che non si vuole che esprimano il loro parere in Italia, perché lo vadano ad esprimere a Washington. C’è una diplomazia dal basso che il movimento della pace, ed anche i comuni e le regioni, hanno già sperimentato. E se alla Casa Bianca sono ricevuti i governi, possono essere ricevuti anche i popoli.

Come ristabilire il legame sociale, la «colla»
E così veniamo alla nostra iniziativa, perché è sorta e perché ha osato presentarsi con questo nome: per giustificarne l’esistenza basterebbe questo compito, che è di lottare per l’unità internazionale, politica, pacifica, della intera famiglia umana.
Mai l’umanità è stata così divisa come in questi tempi di globalizzazione. E questo ci getta nel cuore della crisi di oggi, una crisi che non è solo nostra, ma di tutti, non è della nostra o di altre nazioni, ma è una crisi globale. Il Dio Mammona ci sta per tradire. Non solo c’è la crisi della speculazione finanziaria che dai santuari dell’America e dell’Inghilterra si sta diffondendo in tutto il sistema, e anche da noi. Come dice Jeremy Rifkin ci sono tre crisi: la crisi del credito, perché si tratta di ripianare venti anni di spese pazze fatte con denaro virtuale, la crisi energetica perché il petrolio è agli sgoccioli, e la crisi del riscaldamento climatico, contro cui nessuno sa cosa fare. Sono tre elefanti, dice, che si muovono tutti e tre in una piccola stanza, con effetti devastanti. Occorre una riforma radicale del sistema (v. Repubblica del 30 settembre 2008, pag. 9). Come riconoscono ormai anche i più accaniti fautori del mercato, è la crisi della stessa globalizzazione e dell’attuale modo di produzione e di sviluppo.
Ma al di là dell’ordine economico, la crisi investe l’intero sistema delle relazioni umane. Come interpretare questo tempo della crisi? Io ricordo che proprio Dossetti, osservando lo stato del nostro Paese e del mondo, disse una volta: non c’è più la colla.
Cioè non c’è più il legame sociale che fa stare insieme sistemi complessi.
E infatti se noi guardiamo alle radici più profonde della crisi, noi vediamo che esse stanno in questo venir meno della capacità, della voglia e della gioia di vivere insieme, che è ciò in cui consiste la comunità politica, la polis.
E infatti non ci sono più o sono stati licenziati i grandi strumenti di aggregazione. Qualificandole come obsolete, sono state licenziate le ideologie. Come troppo invadenti sono stati licenziati i partiti. La scuola è rovesciata in azienda, per liquidare, come si dice esplicitamente, don Milani; il movimento della pace non può più nemmeno esporre in pubblico le proprie bandiere; la Chiesa si mobilita per battaglie certamente legittime, ma che non aggregano e anzi dividono; la Costituzione, fatta a pezzi, non è più la casa comune di tutti gli italiani; e sul piano internazionale il diritto è abbandonato, le Convenzioni di Ginevra sono ricusate, l’Onu vilipesa, le regole non ci sono più. «Deregulation» è stata l’ultima e definitiva ideologia del Novecento.
È come se avesse vinto l’«anomos», come lo chiama San Paolo, l’uomo senza legge, senza diritto, quello che annuncia la catastrofe; e l’unica idea, disperata, che sono stati capaci di avanzare finora i grandi poteri sovrani, è di risolvere tutto con la guerra.
Che fare invece per ridare una chance alla politica? Che fare per ristabilire il legame sociale, per ritrovare la colla, per prendere le vie della giustizia, prima di rotture irreparabili, prima che l’amore finisca?
Molti tentativi di riaggregazione sono finora falliti. E perciò abbiamo detto: proviamoci come cristiani.

Proviamoci come cristiani, con tutti gli altri che sono per la giustizia
Sappiamo che è una cosa temeraria. Perché giustamente non si usa più mettere la religione in mezzo alle cose politiche, perché ciò appare in contrasto con la laicità, e di fatto lo è, se a farlo sono le Chiese. Ma soprattutto è una cosa temeraria perché non impunemente ci si può dire cristiani; è un nome che non ci decora, ma che ci giudica, e richiederebbe da chiunque accetti di unirsi a questo titolo una capacità superiore di indignazione e di mitezza, di coraggio e di pazienza, di intransigenza e di indulgenza, di cui non so se tutti saremo capaci.
Sicché si è molto discusso durante l’estate e fino ad ora se dovessimo mantenere la dizione «sinistra cristiana» che stava in testa al nostro manifesto. Molti dicevano di no, perché cristiane si possono dire solo le persone, non è un’etichetta da mettere alle cose; ed avevano ragione. Molti dicevano di sì, perché rispetto a ciò che volevamo evocare con questa parola non c’era un altro nome superiore a questo nome, ed avevano ragione. Molti erano incerti, ma ricordavano le ferite profonde e le cicatrici lasciate nella storia dall’associazione della parola cristiana con democrazia, o dal dire cristiana una società, una politica, una dottrina sociale, ed avevano ragione.
Allora mi è tornato alla mente un apologo che Leonardo Sciascia ci raccontò nella Commissione parlamentare sul caso Moro, quando non si riusciva a venire a capo di quanto era accaduto e a stabilire la verità politica di quel delitto. C’erano tre discepoli, disse, che andarono da un maestro per sottoporgli una loro disputa, e chiedergli chi di loro avesse ragione. Il primo espose la sua tesi, e il maestro gli disse: figliolo, hai ragione. Il secondo gli espose la tesi opposta, e il maestro gli disse: figliolo, hai ragione. Allora il terzo obiettò dicendo: non è possibile che tutti e due abbiano ragione. E il maestro disse: figliolo, anche tu hai ragione. Questo vuol dire che la verità c’è, contro ogni relativismo, ma non subito si trova.
Così abbiamo mantenuto la dizione sinistra cristiana, aggiungendo però, perché nessuno si sentisse escluso (nessun ebreo, nessun musulmano, nessun ateo): Laici per la giustizia. Non abbiamo inteso dare una soluzione teorica alla disputa, né pretendiamo indicare un modello normativo sul giusto rapporto tra fede e politica e sui nomi che deve avere. Però non abbiamo voluto che l’abbondanza delle analisi fosse di paralisi per l’azione, e abbiamo tenuto questo nome perché giustamente non abbiamo trovato sinonimi o parafrasi: è vero che cristianesimo ha molti significati; però è anche vero che c’è qualcosa che può essere definita solo con questo nome; e abbiamo visto che proprio questo nome dava la speranza di qualcosa di nuovo; e abbiamo capito che se cadeva il nome cadeva anche la cosa.
La motivazione più umile e persuasiva, per prendere questo nome, è che si tratta di fronteggiare una situazione di emergenza. In tempi normali non lo avremmo adottato, ma qui si tratta di fare appello a tutte le risorse interiori, a straordinarie risorse di amore e di sacrificio, come diceva Claudio Napoleoni, e fare appello a tutte le energie, anche a quelle nascoste, a quelle non ancora esperite né chiamate in causa esistenti nella società e che magari, fuori della politica, sono all’opera nei girotondi e nei movimenti, nel terzo settore, nel volontariato, nella cosiddetta società civile; e forse con questo nome lo si può fare.
Può darsi che ci sbagliamo. Ma questa non è la proposta di una ideologia, tanto meno è la rivendicazione di una identità; è il ricorso a un rimedio: un pharmacon, come ha detto qualcuno. Un antidoto alla frantumazione sociale, in funzione di unità, e un antidoto anche all’appropriazione strumentale della fede, di cui la destra al potere fa largo uso, lei con i suoi atei devoti. Il pharmacon per gli antichi era insieme medicina e veleno. L’antidoto reca in sé una particella della tossina che vuole combattere. Non ci vogliono certezze, ci vuole umiltà per correre questo rischio.
Si tratta di una convocazione alla giustizia, dei cristiani che come tali sono laici, e dei laici anche se non sono cristiani. Non tanto per un incontro tra loro [questo già avviene in molti altri luoghi, ad esempio nel Partito democratico] quanto per dare aiuto all’incontro degli altri, per mettersi al servizio della società tutta intera, per rimettere in funzione quella colla che si è perduta, e che il denaro non è riuscito a rimpiazzare. Se deve essere, come abbiamo detto, un «Servizio politico», questo è nella direzione di una mediazione alta, che non è né il dialogo che un giorno si fa e l’altro si nega, né l’accordo tattico che snatura i contraenti, né il compromesso deteriore; ma è lo sforzo di promuovere i modelli sociali più alti, le soluzioni più attente agli interessi e ai valori di tutti. Una mediazione alta, proiettata sulle cose da fare, nella quale ogni singola parte possa trovare una ragione e crescere essa stessa.

Una riforma proporzionalistica del sistema elettorale e politico
Ciò nell’ambito della sinistra, di cui rivendichiamo la dignità, pur nelle sue divisioni, ma anche oltre la sinistra. La contraddizione tra destra e sinistra certamente non può essere oscurata. In politica non esistono cose che non sono «né di destra né di sinistra», e se ci fossero sarebbero anch’esse di destra perché pretenderebbero sottrarsi alla verifica della critica e al vaglio della giustizia. Noi assumiamo questa contraddizione, e perciò la nostra scelta di campo è a sinistra, ma la assumiamo con dolore, perché in Italia il conflitto è stato portato al parossismo da un sistema istituzionale ed elettorale che si è impiccato al bipolarismo, e che ha trasformato la dialettica tra destra e sinistra in una spaccatura verticale tra due Italie che si detestano e si odiano e rendono impossibile perfino il pensiero di un bene comune. La dialettica politica va mantenuta, ma questa lacerazione va sanata. Per questo ci vuole una mediazione alta. Ma essa non va affidata al buonismo, bensì a una riforma del sistema elettorale e politico che dia una più ricca articolazione e proporzionalità alla rappresentanza, che non cancelli le minoranze, che ristabilisca uno snodo tra governo e parlamento perché, se i governi passano, i parlamenti restino.

Il logo: l’ulivo della pace, l’emiciclo della Costituzione, la colomba della laicità
Ed eccoci al logo che vi proponiamo. Esso deriva da un vecchio logo di Pace e diritti, e consta di tre simboli: un emiciclo, una colomba, e un ramoscello d’olivo. Essi corrispondono alle tre nostre opzioni programmatiche: la Costituzione, la laicità, la pace.
La pace è il ramoscello d’olivo verde.
La Costituzione è l’emiciclo parlamentare, perché senza rappresentanza non c’è costituzione e non c’è democrazia. Costituzione vuol dire costituzionalismo, cioè diritti certi, garanzie efficaci, principi fondamentali e conquiste irreversibili, che nemmeno le maggioranze possono revocare. L’emiciclo, come è nella nostra tradizione, significa che c’è un vasto arco di forze, che si parlano tra loro, ma che poi convergono verso il polo della decisione comune, legislazione e governo; non è, come nella tradizione anglosassone, un’aula squadrata come un rettangolo di gioco dove due sole squadre combattono una partita ad oltranza, fino ai rigori. Il colore sui segmenti dell’emiciclo non c’è, perché i colori ce li devono mettere gli elettori; e quegli spazi bianchi da riempire col colore suggeriscono che a riempirlo non debba essere il nero.
La laicità, infine, è la colomba. La laicità, in positivo, non è solo un corretto rapporto tra istituzioni civili ed ecclesiastiche; più ancora è il rapporto, senza confusione e senza divisione, tra il divino e l’umano, senza che il divino assorba l’umano nel sacro e senza che l’umano profani il divino nel secolo. È lo spazio della libertà umana, che scocca come una scintilla tra il dito dell’uomo e il dito di Dio. Di conseguenza la laicità è stare nella condizione secolare e comune di tutti gli uomini e di tutte le donne, prima di ogni loro differenziazione di rango e di rito, e prendersi cura del mondo, perché non ci sia più alcun diluvio. La colomba è un simbolo adeguato di questa condizione comune, perché essa volò sulle acque per l’umanità tutta intera, per dirle di uscire di nuovo nel mondo a prenderne cura, prima di ogni religione e di ogni separazione, prima della divisione di Babele, prima del discrimine tra eletti e non eletti, tra tribù di laici e di leviti; essa è il simbolo dell’unità di tutte le creature, uomini e animali, salvati insieme dalle acque, ed è un simbolo interculturale e interreligioso, da Picasso alle piazze di tutto il mondo dove si manifesta per la pace.
La colomba è un simbolo adeguato della laicità, perché essa vola da una terra all’altra, da un pensiero all’altro, da Oriente a Occidente. C’è una bellissima definizione della laicità che viene dalla tradizione ebraica; l’ha proposta Emmanuel Lévinas in un libro del 1960, «La laicité et la pensée d’Israel». Dice: «Se il particolarismo di una religione si mette al servizio della pace, al punto che i suoi fedeli sentano l’assenza di questa pace come l’assenza del loro Dio, allora la religione raggiunge l’ideale della laicità». E il riferimento a Gandhi, che prima abbiamo fatto, ci porta a un’altra illuminazione. In un suo discorso del 1947, che nell’agosto scorso, per grazioso dono, la Telecom ha fatto pubblicare su tutti i giornali, il Mahatma denunciava la crisi e offriva per sanarla la saggezza che viene dall’Oriente, dall’Asia. L’Occidente, diceva, aveva imbottigliato la sua spinta universalistica nella conquista e nel dominio coloniale; dall’Asia doveva venire una nuova conquista, che sarebbe stata amata dallo stesso Occidente: la conquista della verità e dell’amore. Ciò sarebbe stato il frutto della saggezza, ma sorprendentemente Gandhi metteva in questa salvezza che viene dall’Oriente non solo Zoroastro o Budda, ma anche Mosè e Gesù, e dunque il cristianesimo nella sua forma nascente, apostolica ed evangelica, prima della «trasfigurazione» che, secondo Gandhi, aveva subito in Occidente. Dunque la laicità di una «sinistra cristiana», vuol dire rompere i limiti, anche culturali, dell’Italia e dell’Occidente, assumere un’istanza internazionalistica, rispettare e onorare il pluralismo delle religioni, e in prospettiva cercare di stringere «giovani legami», come diceva Italo Mancini, con altri cristiani e altri uomini e donne che in tutto il mondo lottano per una ridefinizione dei codici, degli usi e delle culture del rapporto umano e sociale a livello politico mondiale.

L’arancione, il colore delle vittime
Ma c’è l’arancione. Come simbolo della condizione laica e comune, il colore della colomba è arancione, perché è il colore delle vittime, e non c’è condizione umana più comune e diffusa di questa. Arancione è il colore della veste dei bonzi buddisti che vedemmo bruciare nelle vie di Saigon per resistere all’occupazione americana; è il colore dei monaci birmani e tibetani che lottano contro la repressione interna ed esterna; è il colore dei prigionieri musulmani illegittimamente detenuti a Guantanamo; la loro tuta arancione, che viene oscenamente mostrata in tv, è il nuovo «habeas corpus», il rovesciamento del vecchio istituto giuridico inglese che esigeva la visibilità dei prigionieri, perché ne fosse assicurata l’inviolabilità e la salvaguardia da ogni detenzione illegale.
Il mondo è pieno di vittime. Poveri, affamati, oppressi, profughi, musulmani, indù, cattolici, sans papiers, vittime del lavoro, vittime dei brevetti, 6 milioni di bambini ammalati: quella di vittima è una condizione trasversale ai mari e ai continenti, alle religioni e alle culture. La maggior parte di loro non sono vittime necessarie; esse sono sacrificate per noi, in base alla vecchia ideologia, riflesso di un sacro violento, secondo cui per il bene degli uni è necessario il sacrificio degli altri. È l’etica della ragion di Stato. Nella logica del potere, una detenzione illegale a Guantanamo o una strage di talebani in Afghanistan vuol dire che il Paese è sicuro.
L’arancione significa allora combattere per togliere ogni legittimazione politica, economica o religiosa al sacrificio, a cominciare da quel sacrificio di massa che è la guerra; significa assumere come problema politico la condizione delle vittime e, nel conflitto, stare dalla parte loro.
Una colomba arancione è una contraddizione, un ossimoro. Ma è la raffigurazione di una pace che è trattenuta dalla violenza, ed è la protesta contro il fatto che la condizione umana più comune sia rappresentata proprio dalle vittime. La nostra intenzione è di lottare perché la colomba possa tornare ad essere bianca. Allora l’arancione potrebbe essere solo il colore delle arance d’Israele della Palestina e della Sicilia, con cui disegnare un arco di pace tra le due rive del Mediterraneo, che è il luogo da cui la pace deve cominciare.

Sinistra Cristiana


Manifesto per la Sinistra Cristiana

servizio politico per la Costituzione, la laicità, la pace


Siamo tutti vittime di una disfatta della politica che, dopo la rimozione del muro di Berlino, vissuta come la vittoria ultima di una parte sull’altra, ha rinunciato a fare un mondo nuovo preferendo rilanciare il vecchio, a cominciare dal suo ancestrale sovrano “diritto alla guerra”.
Ciò facendo i poteri dell’Occidente hanno abdicato alla responsabilità di guidare il corso storico, mettendo tutto nelle “mani invisibili” del Mercato, del quale si sono fatti sudditi, guardiani e sacerdoti. E questo lo dice pure Tremonti, dal fondo del pensiero reazionario. Ma poiché il meccanismo così innescato ha creato isole di ricchezza in un oceano di naufraghi, incrementando povertà, insicurezza e disordine, la politica si è fatta polizia per domare terroristi e riottosi, alzando il livello di violenza preventiva e repressiva e mettendo sotto i piedi verità, diritto, Costituzioni e Convenzioni internazionali, ivi comprese quelle umanitarie. E questo non lo fa solo Tremonti, lo hanno fatto dirigenti di destra e di sinistra, anche in regimi inutilmente bipolari.

Oggi non solo c’è bisogno di tornare alla politica da cui molti con giusto disappunto si sono allontanati, come hanno fatto due milioni e mezzo di nuovi astenuti nelle ultime elezioni, ma c’è bisogno di una politica “altra”; né del resto alla vecchia politica questo ritorno sarebbe possibile, né ad essa possibile l’approdo dei giovani; c’è bisogno di una ricostruzione della politica come un “essere per gli altri”, a cui tutti sono chiamati.
Perciò rivolgiamo questo appello alle donne e agli uomini che vogliono operare per la giustizia per un ritorno alla politica. Proponiamo pertanto di promuovere con il nome di Sinistra Cristiana una rete di Gruppi, di aggregazioni e di servizi “per la Costituzione, la laicità e la pace”: cioè per l’unità degli uomini nella giustizia e nel diritto, per la responsabilità co mune di “credenti” e “non credenti”, per la crescita del mondo. Dire Sinistra Cristiana non significa qui riferirsi alla pur positiva esperienza che ebbe questo nome dal 1938 al 1945, né crearne oggi una nuova, ma fare appello a quella Sinistra Cristiana che è già nel Paese ed è nascosta nel fondo di molti di noi. Ciò comporta una sc elta di campo di sinistra, cosa che in un’Italia drasticament e divisa in due sole parti politiche non significa più sposare una determinata ideologia, ma assumere il peso della contraddizione, mentre della sinistra rivendica la dignità, contro tutte le delegittimazioni e diffamazioni. Si tratterebbe di dar vita ovunque sia possibile, nel territorio, nelle istituzioni e nelle assemblee elettive, a un “Servizio politico” che da un lato abbia lo scopo di favorire la partecipazione politica dei cittadini, offrendo loro, indipendentemente dalle rispettive opinioni, dei servizi e degli aiuti per agevolarli nell’adempimento dell’art. 49 della Costituzione; dall’altro che abbia lo scopo, come parte tra le parti, di promuovere in modo associato iniziative, corsi e scuole di formazione politica, riattivare canali di comunicazione coi giovani, elaborare culture, soluzioni e proposte legislative, intervenire nel dibattito pubblico e, se necessario, partecipare anche direttamente all’azione politica per concorrere a determinare con metodo democratico la politica nazionale e instaurare la giustizia e la pace tra le nazioni, sempre promuovendo alternative costruttive e nonviolente nei conflitti; e ciò entrando nelle contraddizioni in atto, tra cittadini e stranieri come tra uomini e donne, tra regolari e clandestini, tra necessari ed esuberi, e cercando di ristabilire i legami tra il quotidiano, la cultura, la politica e una speranza nuovamente credibile; sapendo che se non subito si può cambiare il mondo, si può intanto cambiare il modo di stare al mondo.

La definizione di questa rete di Gruppi e di iniziative come “Servizio politico”, intende non solo identificare il criterio della politica nel servizio e non nel potere, ma anche riprendere la radicale illuminazione secondo la quale il vero modo per evitare che nella vita collettiva gli uni siano nemici degli altri, è che tutti si riconoscano servi gli uni degli altri.

Il nome di Sinistra Cristiana, poi, non comporta un’identificazione confessionale, che in nessun modo può confondersi con una divisa politica, ma intende alludere a un mondo di valori, tutti negoziabili, ossia non imposti, purché prevalgano l’amore e la libertà, vuole indicare come discriminante il principio di eguaglianza e, nel conflitto, significa fare la scelta dei poveri, delle vittime e degli esclusi.

Si tratta dunque di un nome nuovo che si riferisce tuttavia a una ricca e variegata tradizione di impegno politico che va da Murri a Sturzo a Dossetti, dai cristiani della Resistenza ai “professorini” della Costituente, da Rodano a Ossicini a Gozzini, dalla cruenta testimonianza di Moro a quella della salvadoregna Marianella Garcia Villas, che hanno attraversato il Novecento italiano.

Quanti intendono associarsi a questo appello sono invitati a farsi promotori delle relative iniziative nelle realtà a cui ciascuno appartiene, salvo poi ogni possibile coordinamento. E se per ottenere risultati è necessario coinvolgere molti, anche due o tre che si riuniscano per queste cose già compendiano tutto il significato dell’azione.

Per un incontro di carattere nazionale, da convocarsi a ottobre, si può prevedere fin da ora di mettere all’ordine del giorno, come primissime urgenze, il ritorno alla rappresentanza proporzionale senza snaturamenti maggioritari, e l’affermazione del principio che i diritti sono uguali per tutti: dove la proporzionale è la condizione per non dare troppo potere a qualunque “sovrano del popolo” e perché anche una minoranza possa continuare a rivendicare diritti uguali per tutti contro maggioranze che li neghino.

ADERISCI A SINISTRA CRISTIANA - SOTTOSCRIVI IL MANIFESTO


giovedì 9 ottobre 2008

Cofferati si ritira!!!!


EVVAI!!!!!! Finalmente una buona notizia. Se si ripresentava io votavo il candidato della destra!

Dicono che si candidi Flavia Prodi, non male, avrei preferito Prodi stesso, ma non si puo' avere tutto.

Ciao Angela